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  • Giovedì 1 febbraio 2024

L’Ungheria sbloccherà i fondi europei all’Ucraina?

Lo deve decidere oggi durante un Consiglio Europeo straordinario, dopo mesi di ostruzionismo da parte di Viktor Orbán

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (ANSA/EPA/STEPHANIE LECOCQ)
Il primo ministro ungherese Viktor Orbán (ANSA/EPA/STEPHANIE LECOCQ)
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Oggi a Bruxelles, in Belgio, si terrà un Consiglio Europeo straordinario, il cui obiettivo principale sarà approvare una revisione del bilancio pluriennale dell’Unione per il periodo compreso fra 2021 e 2027. L’obiettivo principale è approvare l’invio di nuovi aiuti all’Ucraina per un valore di 50 miliardi di euro, cercando di superare le obiezioni dell’Ungheria del primo ministro Viktor Orbán, che finora si è opposta.

Il Consiglio Europeo è l’organo che raccoglie i capi di stato e di governo dell’Unione Europea, e la riunione di oggi è particolarmente attesa per via di quanto successo nell’ultima che si era tenuta a dicembre: in quel caso l’Ungheria aveva posto il proprio veto all’approvazione del bilancio, di fatto bloccando l’invio di fondi all’Ucraina (nel Consiglio Europeo per prassi gran parte delle decisioni viene presa all’unanimità).

Da allora non sono stati fatti molti passi avanti, anche se diversi giornali informati delle discussioni tra i rappresentanti dei 27 paesi membri dell’Unione scrivono che ci sarebbe un accordo preliminare per permettere l’approvazione del bilancio anche da parte dell’Ungheria. L’Ucraina ritiene i 50 miliardi cruciali per evitare la bancarotta e continuare a difendersi dall’invasione russa: tutti i paesi europei sono a favore della nuova tranche di aiuti, tranne l’Ungheria del primo ministro di estrema destra Viktor Orbán, il paese dell’Unione di gran lunga più vicino alla Russia.

L’Ungheria avrebbe posto come condizione per l’approvazione del bilancio che questo venga revisionato ogni anno. Secondo una bozza di accordo a cui hanno avuto accesso alcuni giornali, però, i governi degli altri 26 paesi dell’Unione avrebbero accettato al massimo che ogni anno venga ridiscusso, ma che non ci sia una revisione vera e propria.

Insomma, al momento non c’è unanimità su cosa fare dei fondi all’Ucraina e l’ipotesi che l’Ungheria ponga di nuovo il proprio veto all’approvazione del bilancio è tutt’altro che esclusa. A contribuire alla tensione tra la maggioranza dei paesi membri favorevoli allo sblocco dei fondi e l’Ungheria c’è il fatto che da tempo il governo ungherese è accusato dagli altri paesi europei di avere creato un sistema politico, economico e giudiziario estremamente corrotto e illiberale.

Per questo, secondo quanto scritto alcuni giorni fa dal Financial Times, ci sarebbe un piano degli altri 26 paesi membri dell’Unione per «colpire» l’Ungheria nel caso in cui ponga di nuovo il proprio veto. Il 28 gennaio il giornale economico britannico ha pubblicato un articolo in cui ha parlato di un documento redatto da un funzionario del Consiglio Europeo che prevede che, in caso di mancato accordo nella riunione del 1° febbraio, sarebbe pronto un piano per «colpire esplicitamente le debolezze economiche dell’Ungheria, mettere a rischio la sua valuta e portare al collasso la fiducia degli investitori»: in sostanza l’Unione Europea smetterebbe di versare fondi europei all’Ungheria. Non è chiaro però se il documento visto dal Financial Times abbia un qualche valore ufficiale, se sia un’ipotesi fatta circolare internamente o una proposta isolata.

Secondo questo piano, senza i fondi europei «i mercati finanziari e le aziende europee e internazionali potrebbero essere meno interessati a investire in Ungheria», si legge nel documento. Dopo la pubblicazione dell’articolo del Financial Times l’Ungheria ha risposto accusando gli altri paesi dell’Unione di volerla ricattare.

– Leggi anche: Cosa succede se l’Ucraina rimane senza soldi

C’è poi la possibilità, per il momento più remota, che il Consiglio Europeo decida di approvare i finanziamenti all’Ucraina senza il voto dell’Ungheria, grazie a un cavillo già usato per approvare ufficialmente la candidatura dell’Ucraina a entrare nell’Unione Europea, qualche mese fa. In quel caso Orbán si astenne uscendo dalla stanza al momento del voto e il Consiglio Europeo potè approvare quella risoluzione all’unanimità. Allo stesso modo questo Consiglio potrebbe spingere Orbán a uscire dalla stanza per approvare all’unanimità una misura che permetterebbe al Consiglio dell’Unione Europea, l’organo in cui sono rappresentati i ministri dei 27 paesi membri, di modificare il bilancio pluriennale a maggioranza qualificata. Quindi senza bisogno del voto favorevole dell’Ungheria.

Una opzione ancora più remota sarebbe l’attivazione dell’articolo 7 del Trattato di Lisbona, l’ultimo grande trattato firmato dagli stati membri dell’Unione Europea, entrato in vigore nel 2009. È chiamato anche «opzione nucleare» perché è considerato l’ultima risorsa a disposizione dell’Unione per sanzionare gli Stati che non rispettano gli standard comunitari. In sintesi, l’articolo 7 permette alla maggioranza degli stati membri di punire uno stato che violi i valori dell’articolo 2 del Trattato, cioè «il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani», sospendendo alcuni dei diritti di cui godono i paesi membri dell’Unione.

Per attivare l’articolo 7 però ci vuole l’unanimità di tutti gli altri paesi membri, e l’Ungheria ha diversi alleati soprattutto fra i paesi dell’Est Europa.