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  • Martedì 30 gennaio 2024

La Polonia vuole introdurre una maggiore libertà di aborto

Il precedente governo, di estrema destra, aveva imposto limitazioni enormi e contestate: ora il primo ministro Donald Tusk ha proposto una nuova legge, tra molti ostacoli

Un lampo rosso, simbolo delle proteste femministe per il diritto all'interruzione di gravidanza, Cracovia, 25 ottobre 2020 (Omar Marques/Getty Images)
Un lampo rosso, simbolo delle proteste femministe per il diritto all'interruzione di gravidanza, Cracovia, 25 ottobre 2020 (Omar Marques/Getty Images)
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In Polonia Coalizione Civica (KO), il gruppo politico del nuovo primo ministro Donald Tusk, ha presentato al parlamento un disegno di legge per dare alle donne il diritto di abortire fino alla 12esima settimana di gravidanza e superare così il divieto quasi totale introdotto dal governo uscito sconfitto alle ultime elezioni, quello guidato dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS).

Dentro al governo di Tusk, composto da una coalizione piuttosto varia di partiti, le posizioni sull’aborto sono però diverse e non sarà semplice ottenere il sostegno degli alleati più conservatori. Ulteriori ostacoli a qualsiasi tentativo di liberalizzare l’interruzione di gravidanza a livello legislativo sono poi rappresentati dal presidente della Polonia, Andrzej Duda, e dalla Corte costituzionale controllata dal PiS. Duda, conservatore e esponente del PiS, potrebbe decidere di porre il veto alla riforma una volta approvata dal parlamento, e i rapporti tra Tusk e Duda sono già molto tesi. La Corte potrebbe a sua volta dichiarare incostituzionale una legge meno restrittiva di quella attuale.

Il divieto quasi totale di aborto era stata una delle decisioni più discusse e criticate del PiS, condannata nel dicembre 2023 anche dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu). Il divieto era stato introdotto da una sentenza della Corte costituzionale (assai influenzata dal PiS) che rendeva ancora più rigida una legge che era già considerata tra le più restrittive in Europa. La sentenza era arrivata per la pressione esercitata sulla Corte dal governo guidato dall’ex primo ministro Mateusz Morawiecki che dopo aver perso le elezioni aveva sostenuto come quella pressione fosse stata un errore che aveva contribuito alla perdita dei consensi da parte del suo partito, il PiS.

Se la proposta di Tusk dovesse diventare legge non solo eliminerebbe l’attuale divieto quasi totale di aborto, ma garantirebbe un diritto all’interruzione volontaria di gravidanza ancora più ampio rispetto alla legge in vigore prima della sentenza della Corte costituzionale. Quella legge, nota in Polonia come “Compromesso sull’aborto” e approvata nel 1993, consentiva l’aborto solo in tre casi: pericolo di vita per la donna incinta, gravissima malformazione del feto, stupro o incesto.

«Una persona incinta ha diritto all’assistenza sanitaria rappresentata anche dall’interruzione della gravidanza fino alla fine della 12esima settimana», si legge nel disegno di legge presentato il 24 gennaio. La proposta prevede che l’aborto venga consentito anche oltre il limite temporale delle 12 settimane se la gravidanza mette a rischio la vita o la salute della donna, compresa quella mentale, se esiste il «fondato sospetto» che la gravidanza sia la conseguenza di un reato, o se al feto vengono diagnosticate delle malformazioni. Il termine ultimo consentito, in questi tre casi, varierebbe a seconda delle circostanze.

La proposta di legge prevede inoltre che l’aborto possa essere praticato gratuitamente sia per via chirurgica che farmacologica, cioè attraverso l’assunzione delle cosiddette pillole abortive. Stabilisce inoltre che le strutture sanitarie finanziate pubblicamente siano obbligate a praticare aborti. Se un singolo medico sceglie di invocare la cosiddetta “clausola di coscienza”, ed è dunque obiettore, la proposta prevede che ci sia l’obbligo per quella struttura di indicare un altro medico che invece non lo è, in modo da garantire in ogni caso l’accesso alla pratica.

Durante la campagna elettorale precedente alle elezioni di ottobre, poi vinte dall’opposizione, i diritti sessuali e riproduttivi erano stati al centro dei discorsi dei partiti e delle coalizioni che compongono ora il nuovo governo, e che vanno dalla sinistra al centrodestra. Tutti si erano impegnati a revocare la decisione della Corte costituzionale e a superare il divieto quasi totale di aborto. Finora però queste forze politiche non hanno trovato alcun accordo, né sui contenuti della futura legge (su come cioè regolamentare la pratica), né sulla strada da seguire. Ed è per questo motivo che il disegno di legge sull’aborto a richiesta non è stato presentato come un disegno di legge governativo.

La sinistra al governo, Lewica, più vicina ai movimenti femministi, è favorevole all’aborto su richiesta fino alla 12esima settimana di gravidanza. I leader di Terza Via, che sono più conservatori degli altri due gruppi che compongono la coalizione di governo (cioè la sinistra e il KO di Tusk), hanno invece detto di essere favorevoli solo a un ritorno alla legge del 1993. Marek Sawicki, di Terza Via, ha già dichiarato che c’è «un folto gruppo di parlamentari che sicuramente non sosterrà il disegno di legge» di Tusk, lui compreso. Ma ha anche ammesso che alcuni membri di uno dei partiti che fanno parte di Terza Via invece lo potrebbero votare. L’altra proposta di Terza Via è di organizzare un referendum, idea che però è già stata rigettata dalla sinistra e che era stata criticata qualche settimana fa dallo stesso Tusk.

In un’intervista di metà gennaio, il primo ministro aveva detto di essere contrario all’idea di indire un referendum sull’aborto, ma aveva aggiunto che «se dovesse risultare che l’unico modo per liberalizzare l’aborto è attraverso un referendum, torneremo a chiederci se farlo o meno».

Senza il sostegno di Terza Via Tusk non ha la maggioranza. La coalizione di governo conta 240 deputati nel Sejm, la camera bassa del parlamento polacco che è composto da 460 seggi. Se anche solo 10 dei parlamentari di maggioranza si ribellassero, il governo andrebbe in minoranza.

Il governo nel suo insieme ha invece presentato un secondo disegno di legge sui diritti sessuali e riproduttivi per rendere più accessibile la contraccezione d’emergenza, che dal 2017 in Polonia, sempre per decisione del PiS, è disponibile solo su prescrizione medica. L’EPS, una rete di parlamentari di tutta Europa impegnata per la tutela del diritto alla salute sessuale e riproduttiva, ha detto che questa norma rende la Polonia uno dei paesi con le peggiori politiche contraccettive d’Europa. La nuova proposta prevede che la contraccezione d’emergenza diventi disponibile nelle farmacie senza alcuna prescrizione per chi ha più di quindici anni.

La Chiesa cattolica polacca, molto vicina al PiS, ha criticato entrambi i nuovi disegni di legge definendoli «devastanti». La Conferenza episcopale (KEP) ha dichiarato che queste politiche «porteranno solo morte», ha erroneamente sostenuto che contraccezione d’emergenza e pillola abortiva sono la stessa cosa e ha aggiunto che «non bisogna mai rispettare leggi che consentono l’omicidio diretto di esseri umani innocenti». Citando l’enciclica Evangelium vitae di Papa Giovanni Paolo II, Stanisław Gądecki, presidente della KEP, ha scritto che «le leggi che autorizzano l’omicidio diretto di esseri umani innocenti attraverso l’aborto sono radicalmente contrarie al bene comune e sono quindi completamente prive di un reale valore legale». Pertanto, ha concluso, «non bisogna mai conformarsi» a tali leggi, anche se introdotte attraverso un processo democratico.

I sondaggi mostrano che la grande maggioranza dell’opinione pubblica polacca vuole porre fine all’attuale divieto quasi totale di aborto. Tuttavia, proprio come all’interno della coalizione di governo, ci sono divisioni sulla questione se questo debba comportare il ritorno alla precedente legge sull’aborto, quella del 1993, o se debba andare oltre e introdurre l’aborto su richiesta.

Nel frattempo, il movimento femminista Czarny Protest e altri movimenti di donne all’origine delle enormi e diffuse manifestazioni al tempo dell’introduzione del divieto hanno preso posizione sia contro un eventuale referendum sia contro un ritorno alla legge del 1993 che hanno comunque definito come un divieto di aborto. Nel 2022 in Polonia sono stati eseguiti legalmente solo 161 aborti, contro i circa 2mila all’anno del periodo precedente all’introduzione del divieto quasi totale. Secondo i movimenti femministi, ogni anno circa 100mila donne interrompono la gravidanza usando le pillole abortive, comunque vietate, o andando all’estero. Nel marzo del 2023 Justyna Wydrzyńska, attivista di un movimento polacco che si occupa di dare informazioni e assistenza alle donne che vogliono abortire, era stata condannata da un tribunale di Varsavia a dieci mesi di lavori socialmente utili per aver aiutato una donna a interrompere una gravidanza indesiderata.

– Leggi anche: In Polonia si manifesta ancora per il diritto all’aborto

La prima discussione sui nuovi progetti di legge su aborto e contraccezione d’emergenza è prevista per l’inizio di febbraio: in quell’occasione i parlamentari decideranno se respingerli in prima lettura o se inviarli per ulteriori lavori in commissione, che è quello che sperano i movimenti femministi.