Un approccio diverso alle armi nei film e nelle serie

Associazioni e personalità di Hollywood chiedono che siano rappresentate in modo diverso, e che sui set si smetta di usare quelle vere

La locandina del film “John Wick 2”.
La locandina del film “John Wick 2”.
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Ciclicamente cinema e tv statunitensi si propongono di rivedere il modo in cui rappresentano l’uso delle armi da fuoco e come le gestiscono sui set. In passato però gli appelli e le proposte per attenuare l’immagine delle pistole, in modo che non fossero più rappresentate come strumenti che permettono di risolvere situazioni pericolose o che possono essere usati con disinvoltura, hanno sortito scarsi effetti. Così come le richieste di smettere di usare armi vere caricate a salve sul set, sostituendole con armi di plastica o gomma.

Sembra però che per la coincidenza di diversi fattori, non ultimo il declino di alcuni generi come il western (da diversi decenni sempre meno popolare) o il poliziesco d’azione (in calo di spettatori dalla fine degli anni ’90), ora qualcosa possa cambiare sul serio e le armi al cinema possano avere un destino simile a quello delle sigarette negli ultimi 20 anni. Oggi infatti i personaggi di film e serie che fumano sono molti meno di un tempo,  e solo quelli che devono farlo per esigenze di copione. Sul set poi si fumano sempre sigarette finte, senza tabacco.

Molto ha iniziato a cambiare quando il Brady Center, la più importante e nota associazione non profit tra quelle attive per ridurre la violenza da arma da fuoco, qualche anno fa ha iniziato a cambiare approccio con Hollywood. Preso atto della difficoltà di portare avanti una battaglia per l’eliminazione delle armi da fuoco da film e serie, o anche solo per una loro drastica riduzione, ora l’associazione si batte per una corretta e responsabile rappresentazione di come andrebbero usate.

Secondo l’associazione un episodio televisivo su tre di quelli complessivamente prodotti mostra personaggi che sparano con un’arma da fuoco, ma meno del 10% mostra dove poi queste armi vengano tenute quando non sono usate. E proprio la scarsa abitudine a conservare le armi in luoghi sicuri provoca spari accidentali che feriscono o uccidono otto bambini al giorno negli Stati Uniti, secondo le statistiche del Brady Center.

Una ragione per la quale rispetto al passato oggi questo tipo di politiche possono portare dei risultati è che da parte di attori e filmmaker non c’è più una forte resistenza ideologica, come succedeva nei decenni scorsi. In seguito alla strage nella scuola elementare di Uvalde del 24 maggio 2022 il Brady Center scrisse una lettera aperta chiedendo di ripensare la rappresentazione dell’uso di armi da fuoco nei film e nelle serie e 200 tra attori, registi e sceneggiatori la firmarono. Inoltre lo scorso aprile rappresentanti del Brady Center, insieme a registi, showrunner e sceneggiatori, hanno incontrato rappresentanti del governo alla Casa Bianca per discutere il ruolo di Hollywood nella riduzione della circolazione di armi da fuoco. Tra i registi e gli attori presenti c’erano anche Stephen Kay e Piper Perabo, marito e moglie, rispettivamente uno dei registi e una delle attrici di Yellowstone: serie con Kevin Costner che è al momento la più popolare negli Stati Uniti, e piena di armi e fucili che i due vogliono gestire e rappresentare diversamente.

Alcuni esempi di questo cambio di mentalità, raccolti dalla newsletter The Ankler, sono già realtà. Lo showrunner Matt Nix, molto attivo e impegnato in questo cambiamento, ha inserito nella serie che cura, True Lies (di genere spionistico e quindi piena di armi), molte scene in cui i personaggi che maneggiano pistole le prendono e le posano in una cassaforte dentro a un deposito apposito. È un esempio di quello che si vorrebbe fare per promuovere un uso delle armi più sicuro e responsabile, che segua le regole del mondo reale e non quelle del cinema e della tv, che tendono ad astrarre la realtà per fini drammaturgici o a ripetere convenzioni sedimentate nel tempo (come quella che vuole che i personaggi prendano le pistole dai cassetti, in cui vengono tenute fuori da una custodia).

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Un altro esempio è la riduzione delle svolte di trama che prevedono l’uso di un’arma come soluzione a un problema, e l’introduzione di altre in cui invece sparare non serve a niente o è deleterio. Uno dei produttori della serie poliziesca S.W.A.T. lavora a stretto contatto con il Brady Center e ha adottato questo approccio con un personaggio che, in seguito a un forte spavento per la propria incolumità, vorrebbe procurarsi una pistola, salvo poi rendersi conto che non sarebbe davvero utile. In molti casi per trasmettere messaggi diversi basta anche solo cambiare il posto in cui un’arma è tenuta, senza cambiare sceneggiatura: come in un episodio di Mayor Of Kingstown in cui una donna, dopo essersi svegliata nel cuore della notte senza trovare il marito che soffre di crisi da stress post traumatico, va a controllare se la sua pistola sia nella cassaforte per scoprire se sia in casa o se sia uscito portandosela dietro.

Separato, ma in un certo senso collegato, è il discorso che riguarda l’utilizzo sul set di pistole o fucili veri. Anche in questo caso di recente ci sono stati appelli e iniziative per introdurre dei cambiamenti, anche se hanno avuto ancora meno risvolti concreti. Quando c’è una scena in cui occorre sparare, le armi sono quasi sempre reali e caricate a salve, una carica che non ha un proiettile ma emette fumo e qualche detrito per simulare bene lo sparo. Se caricata male, se maneggiata con imperizia o se difettosa, quindi, l’arma può causare incidenti, come accaduto nell’ottobre del 2021 sul set del film Rust con Alec Baldwin.

In quel caso la pistola che doveva essere caricata a salve conteneva in realtà un proiettile reale, che ha ucciso la direttrice della fotografia Halyna Hutchins. Non è ancora stato chiarito come mai l’arma contenesse un proiettile, e la tesi che sembra al momento più realistica è basata sulla testimonianza di un membro della troupe, che sostiene che quelle pistole fossero state usate da altri membri della troupe in precedenza per sparare ad alcune lattine di birra come passatempo. Per evitare questo tipo di problemi le pistole sono sempre fornite e maneggiate da un maestro d’armi, ma la storia del cinema americano è comunque piena di aneddoti di incidenti, in certi casi anche mortali, come quello che uccise Brandon Lee sul set di Il corvo nel 1993. Eppure l’uso di armi reali caricate a salve non è indispensabile e potrebbero essere sostituite da armi giocattolo che sembrino vere.

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Com’è noto, al cinema moltissime cose sono false: il vino nei bicchieri è acqua colorata, il cibo non è commestibile se non deve essere ingerito e le pareti spesso sono di cartapesta. Anche le fiamme in certi casi sono realizzate in computer grafica. Le pistole dei set americani invece sono vere. Dopo la strage di Uvalde attori anche molto importanti avevano annunciato provvedimenti. Dwayne “The Rock” Johnson, che è anche produttore, aveva dichiarato che la sua casa di produzione avrebbe usato solo armi di gomma. Rian Johnson, regista di Knives Out, aveva scritto su X in supporto all’uso degli effetti digitali per simulare gli spari, e lo stesso aveva fatto Eric Kripke, showrunner di The Boys. Passato un po’ di tempo però anche loro avevano smesso di parlare della questione.

Scrivendone sull’Atlantic, la giornalista Shirley Li ha provato a contattare Dwayne Johnson, Rian Johnson e Eric Kripke per una conferma delle loro intenzioni, ma non hanno voluto rilasciare dichiarazioni o commentare quelle passate. Similmente, subito dopo l’incidente sul set di Rust il senatore della California Dave Cortese aveva risposto a una petizione su Change.org che aveva raggiunto le 100.000 firme, sostenendo che avrebbe proposto una legge per vietare armi e munizioni reali sui set. Qualche mese dopo lo stesso senatore Cortese aveva ritrattato parte di quella affermazione.

Una possibile spiegazione per questo attaccamento dell’industria audiovisiva nei confronti delle armi reali sui set riguarda quanto il cinema statunitense sia nato e almeno fino agli anni ’70 si sia sviluppato intorno a generi come il western e il poliziesco. Come scrive Li, «l’uso di armi non è visto come un pericolo immediato; è visto più come una parte fondante dell’intrattenimento. Mettere in discussione l’uso di pistole nelle produzioni equivale a mettere in discussione interi generi e forse anche a mettere in discussione la stessa arte del cinema».