A Milano nessun ristorante di quartiere è al sicuro

Sempre più influencer scovano e consigliano posti piccoli e a conduzione familiare per via della loro atmosfera intima, che poi vengono assaltati e smettono di averla

di Valeria Sforzini

(AP Photo/Luca Bruno)
(AP Photo/Luca Bruno)

Il ristorante thailandese Thai Chokdee Restaurant, che si trova a Milano, nel quartiere popolare di Giambellino, è un classico ristorante a conduzione familiare che fino a un anno e mezzo fa era frequentato soprattutto da residenti della zona e clienti abituali. Oggi è al 220esimo posto sugli oltre seimila ristoranti della città recensiti su Tripadvisor e ha oltre 2mila recensioni su TheFork, l’app per prenotare pranzi e cene. Tutta questa fama è arrivata inaspettata per un locale aperto da poco, che non si fa pubblicità, punta poco sull’estetica e si trova lontano dal centro e dalle zone turistiche.

Per il Thai Chokdee Restaurant tutto è iniziato nell’agosto del 2022, quando venne recensito su Instagram da Caterina Zanzi, fondatrice del blog e del profilo Instagram Conoscounposto, che ha oltre 220mila follower ed è tra i profili più seguiti tra quelli che parlano di ristorazione a Milano. Nel video, Zanzi lo aveva definito: «il posto definitivo per mangiare thailandese a Milano», descrivendolo come «semplice ma carino» e con «un menu molto variegato». L’effetto è stato immediato: «in un weekend abbiamo ricevuto 100 richieste di prenotazione online», spiega Giuseppe Papavero, proprietario del Thai Chokdee Restaurant assieme alla moglie.

Per chi vive o frequenta Milano è normale prenotare con largo anticipo per cenare in ristoranti di grandi catene, nuove aperture molto pubblicizzate o con chef stellati, ma è diventato sempre più necessario anche per mangiare in alcuni piccoli locali di quartiere. Negli ultimi anni infatti un nutrito gruppo di influencer milanesi ha cominciato a dedicare parte del proprio lavoro di creazione di contenuti a scovare e raccontare realtà piccole e considerate delle specie di “segreti” di quartiere per andare incontro all’interesse di chi vuole allontanarsi dai soliti posti noti e ritrovare l’“autenticità” di quelli ancora poco frequentati.

Non è un fenomeno recente: online è pieno di blog che fanno questo lavoro per molte città del mondo e che le persone consultano quando viaggiano, e da prima ancora fanno lo stesso anche le guide turistiche o i periodici come il New Yorker, che ha una sezione dedicata per la sua città. Da pochi anni però è cambiata la quantità di persone che questi contenuti riescono a raggiungere in poco tempo: un consiglio pubblicato in un video su Instagram o TikTok può arrivare ad avere una diffusione enorme e quindi di fatto a cambiare la fisionomia di quegli stessi posti. Questo è vero per molte città, ma Milano è forse il posto in Italia in cui è più evidente.

C’entra in parte il fatto che qui la concentrazione di persone che di lavoro creano contenuti online è più alta che nelle altre città, ma anche che le persone che ci vivono sono più abituate a seguire e adattarsi alle tendenze, e a farlo subito, prima che non siano più di moda. Da qui le file e le ossessioni collettive per locali, esperienze e negozi, dalle friulane al pollo allo spiedo. Più in generale negli ultimi anni Milano è stata in un certo senso oggetto di grande riscoperta per molte persone, come si è visto anche dal grosso numero di guide della città che sono uscite in libreria nel giro di appena un anno.

– Leggi anche: Perché escono così tante guide su Milano?

L’effetto dei consigli degli influencer è spesso positivo per i ristoratori, che godono di un momento di notorietà e ricevono moltissime richieste di prenotazione. A volte infatti sono gli stessi locali – soprattutto grandi ristoranti o catene – a farsi pubblicità attraverso collaborazioni o eventi con dei creator, per farsi conoscere se hanno appena aperto o per rilanciarsi dopo cambiamenti importanti nel menu o nell’arredamento del locale. Queste recensioni sono meno apprezzate dai frequentatori abituali, magari residenti della zona, che fino a poco tempo prima potevano presentarsi per pranzare o cenare senza dover prenotare e che consideravano il locale un loro “posto di fiducia”. Una delle possibili conseguenze è che i gestori non siano in grado di mantenere alto il livello della cucina e del servizio una volta aumentato il numero dei clienti, o che approfittino della situazione alzando i prezzi. E naturalmente che perda quell’atmosfera intima che lo caratterizzava e per cui era stato consigliato in un primo momento, istituendo per esempio i doppi turni per mangiare (una pratica diffusa nei locali molto frequentati, che prevede che chi prenota alle 19:30 debba alzarsi dal tavolo entro le 21 circa, per lasciare posto alla seconda prenotazione).

Nella recensione al Thai Chokdee Restaurant, Zanzi spiegava di aver mangiato, tra le altre cose «un pad thai veramente spaziale, il migliore che abbia mai assaggiato» e «un eccellente curry thai di gamberi e verdure caldo, buonissimo, fumante, stupendo», per un voto finale di «5 stelle». Il video dalla sua pubblicazione è stato visto da 206mila persone. «Per almeno sei mesi ho vissuto di rendita, e l’ho ringraziata. Ora con il passare del tempo i clienti mi fanno sempre meno il suo nome, – aggiunge Papavero – dopo la recensione sono venute persone da tutte le zone di Milano e anche da fuori, da Como o da Bergamo e molti turisti stranieri».

 

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Per un locale piccolo trovarsi a gestire da un giorno all’altro un grande numero di prenotazioni può essere difficile: «Le recensioni sui social possono essere un’arma a doppio taglio – continua Papavero – Noi abbiamo dovuto assumere due persone in più». Qualche frequentatore abituale non ha apprezzato: c’è chi ha scritto direttamente al profilo Instagram di Conoscounposto e al ristorante: «Qualcuno si è scocciato perché non abbiamo mai posto – spiega il proprietario – ma noi non vogliamo prendere troppe prenotazioni, a una certa ora devo mandare a casa il personale». E i prezzi sono un po’ aumentati. Ma, dice, «è dipeso dall’aumento generale dei prezzi delle materie prime. Un pasto da noi costa mediamente 35-40 euro».

I video con suggerimenti di ristoranti che diventano virali vengono condivisi da migliaia di persone e ripresi come ispirazione da altri influencer che ci creano ulteriori contenuti per i loro follower. Qualche tempo fa Noemi Pelagalli, che ha creato e gestisce il blog e il profilo Cookingwiththehamster, dove si occupa di cucina e cultura asiatica, aveva raccontato sui social la colazione cinese dando i nomi dei ristoranti milanesi dove trovarla. La colazione cinese prevede cibi molto caldi, a base di riso, brodo e carne, prevalentemente salati e con tanto olio, per questo è più difficile che venga apprezzata da chi è abituato a caffè e cornetto. Uno dei ristoranti che la propongono è in via Paolo Sarpi, considerata la Chinatown di Milano, che dopo essere stato raccontato da Pelagalli ha alzato i prezzi e conta sempre più clienti italiani. «È un posto molto rustico, un po’ sgangherato – spiega Pelagalli – dopo di me altri influencer ne hanno parlato, ma credo che lo abbiano fatto solo perché è abbastanza particolare e strano da far diventare un video virale, più che per spiegare una cultura diversa».

Un caso di fama dovuta – anche – ai social è Signor Lievito, un caffè-panificio in via Maestri Campionesi, in zona Porta Romana, a sud est della città. Aperto nel 2022, oltre a pane e focacce di diversi tipi vende una serie di dolci per la colazione come il cinnamon roll, un lievitato alla cannella tipico dei paesi del nord Europa, e il bulka, un dolce con semi di papavero o cioccolato che si mangia in Estonia, il paese d’origine della sua proprietaria.

Il forno ha un’estetica molto curata che – assieme ai suoi panificati molto in voga in questo momento – è piaciuta molto a vari creator che su TikTok ne hanno parlato in decine di video. Se fino a qualche mese fa era un posto che chi viveva in zona poteva considerare un bar di quartiere dove fare colazione, adesso il sabato mattina «è inavvicinabile», come spiega una residente, perché fuori dal locale c’è una lunghissima fila di persone che aspettano di mangiare (e fotografare) cappuccino e brioche.

@evasfoodaddiction Sai che esiste un posto a Milano dove puoi mangiare i cinnamon rolls? Il locale si chiama Signor Lievito📍 in zona Porta romana che presenta una basta offerta di lievitati dolci e salati. Noi abbiamo provato il cinnamon rolls e il babka al cioccolato 🍫 e ci sono piaciuti entrambi. I loro prodotti sono sofficissimi, dal gusto delicato e presentano un retrogusto leggermente acido dato dalla presenza del lievito madre I prezzi delle brioches si aggirano tra i €2,50 e i €3,50 #babka #cinnamonrolls #milano #colazione #colazionemilano #panificio #pane #ristorantimilano #portaromana #ideecolazione ♬ suono originale – Eva Andrini

Alcuni influencer tra i più seguiti si pongono il problema: «Sono cambiate tante cose da quando ho iniziato a fare questo lavoro, dieci anni fa. Ora una mia incursione in un locale e una mia recensione hanno un peso molto diverso ed è impossibile non farsi domande», spiega Zanzi. «Allo stesso tempo tenere segreti i ristoranti facendo questo lavoro è un controsenso. Mi è capitato di recente di andare in un ristorante fuori Milano che mi è piaciuto tanto, ma che era molto piccolo e credevo valesse la pena preservarlo. Di solito non dico mai di essere una blogger perché non voglio che mi venga riservato un trattamento diverso dagli altri clienti, ma in quel caso ho voluto chiedere al proprietario, alla fine della cena, se gli facesse piacere che parlassimo del suo locale. Perché lo so che il giorno che esce un nostro pezzo o un post su un ristorante, star dietro alle prenotazioni è difficile».

Un sistema che i creator hanno cominciato a usare per smorzare l’impatto sui locali è la scelta del mezzo con cui li raccontano. «I reel su Instagram o i video su Tiktok sono meno controllabili» dice Francesca Noè, che dieci anni fa ha creato il blog sui ristoranti di Milano A Milano puoi, che è anche un profilo Instagram seguito da 100mila utenti. Questo avviene perché le piattaforme social oggi danno più visibilità a contenuti video ed è facile quindi che abbiano più successo e che diventino virali, arrivando a molte più persone di quelle che seguono l’influencer che li ha creati.

«Cerco di non raccontare nei reel i ristoranti molto piccoli, a meno che non ci sia il desiderio da parte dei gestori di farsi conoscere. Un problema è che purtroppo oggi i creator copiano i contenuti degli altri, cercando proprio di creare un contenuto virale e in questo modo si sommano le visualizzazioni». Per non esporre eccessivamente i posti ma continuare a parlarne gli influencer usano i caroselli con post e foto su Instagram o gli articoli sui blog: «I post sono per chi ha voglia di cercare un buon ristorante facendo anche uno sforzo – continua Zanzi – mi piace dare spunti alle persone e che si fidino di me, ma è giusto anche che facciano un po’ di strada da soli. Oggi c’è un abuso di velocità, si vuole andare nei posti appena si legge la recensione, prima degli altri, ma alcuni ristoranti hanno bisogno di cura e di un’attenzione in più».

Un esempio è Brasita’s, un piccolo ristorante brasiliano fuori mano, in via Gallarate, a nord ovest della città. Il locale si trova in una stazione di servizio ed è frequentato e conosciuto soprattutto da chi vive nelle vicinanze o da chi sa dove trovare cucina brasiliana a Milano. «Lo conosco bene, ci vado da diversi anni perché il mio compagno ha origini brasiliane – spiega Noè – avevo deciso di non farne un post perché pensavo che le persone potessero non capirlo e prenderlo d’assalto. Poi qualche mese fa, parlando con i gestori, ho scoperto che avevano intenzione di ampliarlo e aprire nuove sedi, e ho deciso di raccontarlo sui social. Era il momento giusto perché anche loro volevano essere scoperti».

 

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Spesso gli stessi influencer fanno fatica a trovare un posto nei ristoranti dopo averli recensiti, soprattutto se si tratta di locali piccoli, con pochi coperti, come nel caso di Stadera, una gastronomia-ristorante in zona Crocetta, piaciuta molto ai follower di A Milano puoi. «Dopo aver parlato di Stadera sul profilo non sono riuscita a prenotare per due mesi, – continua Noè – è un locale indipendente, senza finanziatori. Prima di recensirlo su Instagram ho sondato il terreno con il proprietario. È diventato virale e i gestori hanno dovuto assumere una persona in più». Per i proprietari comunque non è facile capire se la fama che hanno ottenuto grazie ai social è solo momentanea o destinata a restare.

Quello che sta succedendo a bar e ristoranti vale anche per negozi piccoli e botteghe storiche. «Mi piace l’idea di condividere, ma sono molto geloso dei posti che racconto, come le botteghe storiche o i mercatini vintage e prima di parlarne chiedo ai gestori se per loro vada bene», spiega Lorenzo Bises, che sul suo profilo Instagram seguito da oltre 64mila persone parla di architettura milanese, moda e botteghe storiche. Delle tante realtà che racconta sui social, qualcuna la tiene per sé, in particolare un negozio di abbigliamento vintage troppo piccolo per essere reso noto su Instagram e ancora meno su TikTok: «Spero sempre che nessuno lo scopra – racconta – conosco bene le proprietarie, ci vado anche a bere il tè, ma se dovesse diventare virale su TikTok, dove i video sul vintage sono apprezzatissimi, sarebbe la fine».