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  • Domenica 31 dicembre 2023

L’intelligence statunitense ha un problema con la Cina

L'uso di tecnologie avanzate sta mettendo in difficoltà la CIA, che non riesce a costruirsi una rete affidabile di informatori

William Burns durante un evento al Georgia Institute of Technology ad Atlanta, il 14 aprile del 2022 (AP Photo/ Brynn Anderson)
William Burns durante un evento al Georgia Institute of Technology ad Atlanta, il 14 aprile del 2022 (AP Photo/ Brynn Anderson)

Da anni la Cina sta investendo molto sulle operazioni di spionaggio, reclutando e addestrando nuove spie e soprattutto sviluppando tecnologie avanzate con l’obiettivo di rendere più efficace la raccolta di informazioni su alcuni paesi stranieri. La questione sta diventando particolarmente preoccupante per gli Stati Uniti, che considerano la Cina come una minaccia al proprio potere ma non riescono a costruirsi una rete efficace di informatori all’interno del paese. Anche per questo la Central Intelligence Agency (CIA), la principale agenzia statunitense di intelligence che si occupa di esteri, sta aumentando in modo significativo il budget per le operazioni relative alla Cina e riducendo invece le risorse dedicate ad altri paesi, soprattutto del Medio Oriente.

La Cina è ormai considerata uno degli stati più importanti e influenti al mondo, e con gli Stati Uniti ha un rapporto di rivalità e competizione. È governata da un regime autoritario e molto poco trasparente, e raccogliere informazioni sulle intenzioni del governo si sta rivelando molto complicato. Di recente il New York Times e il Wall Street Journal hanno parlato con vari funzionari dell’intelligence statunitense per capire a che punto sono gli sforzi della CIA nel contrastare il crescente potere della sua controparte cinese.

Fino all’inizio degli anni Duemila gli Stati Uniti potevano contare su un’estesa rete di spie in Cina, reclutate approfittando della corruzione che dilagava ai livelli più alti del Partito Comunista, che governa il paese in maniera dittatoriale. La rete di spie statunitensi in Cina fu però smantellata quasi completamente tra il 2010 e il 2012, l’anno in cui l’attuale presidente cinese Xi Jinping divenne segretario del Partito.

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Non è del tutto chiaro come le spie statunitensi vennero scoperte, ma nel giro di pochi anni molte di loro furono uccise o arrestate, in quello che è considerato uno dei peggiori fallimenti dell’intelligence americana degli ultimi decenni. La perdita degli agenti debilitò molto le capacità degli Stati Uniti di infiltrarsi nel paese e conoscere i piani del governo, e ancora oggi per la CIA e le altre agenzie di intelligence è difficile reclutare agenti in Cina.

Xi Jinping divenne presidente nel 2013 e consolidò presto il suo potere. La svolta autoritaria del paese era stata prevista dalla CIA, ma per anni l’amministrazione di Barack Obama, in carica tra il 2009 e il 2016, ignorò gli avvisi preferendo concentrarsi su altre situazioni problematiche, soprattutto in Medio Oriente. Era infatti il periodo della cosiddetta “guerra al terrore” iniziata dopo gli attacchi dell’11 settembre del 2001, durante la quale gli Stati Uniti si concentrarono principalmente sulla prevenzione e il contrasto al terrorismo e trascurarono in parte lo spionaggio più tradizionale, quello verso altri paesi.

(AP Photo/Carolyn Kaster, File)

Nel frattempo la Cina ampliò enormemente le proprie attività di intelligence, puntando soprattutto sulla tecnologia.

Da tempo il paese sta investendo sullo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale e di algoritmi per la sorveglianza basata sui dati, ma anche sull’utilizzo di biotecnologie e sulla produzione di microchip, componenti fondamentali in tutti i sistemi elettronici. Il New York Times, per esempio, ha scritto che durante la pandemia di Covid-19 alcuni membri dell’intelligence cinese chiesero di migliorare il sistema di riconoscimento facciale installato nelle telecamere del quartiere delle ambasciate di Pechino: volevano tracciare i diplomatici e i funzionari stranieri per conoscere i loro movimenti e le loro abitudini e individuare eventuali minacce.

A occuparsi di sviluppare nuove tecnologie di spionaggio e di reclutare nuove spie è il ministero cinese per la Sicurezza di Stato, che si occupa anche delle attività di intelligence cinesi all’estero. Fu fondato nel 1983 ma è diventato molto influente solo negli ultimi anni. Dal 2022 è guidato da Chen Yixin, molto vicino al presidente Xi Jinping: a settembre Yixin disse che intendeva portare la Cina all’«autosufficienza tecnologica», cioè a sviluppare autonomamente e a possedere tecnologie che a suo dire sono ancora «sotto il controllo di altri stati».

Per questo l’intelligence cinese è particolarmente interessata alle conoscenze e alle scoperte fatte negli Stati Uniti in ambito tecnologico e scientifico. Da tempo il tema è anche al centro di una guerra commerciale con cui i due paesi continuano a limitare l’esportazione di materiali e tecnologie ritenuti strategici, per non fornire conoscenze o strumenti di cui l’altra parte potrebbe approfittare.

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Negli ultimi tre anni lo sviluppo dell’intelligence cinese è diventata una minaccia non più trascurabile per gli Stati Uniti, che quindi hanno iniziato a occuparsi della questione in modo molto più sistematico. Nel 2020 il presidente Democratico Joe Biden nominò a capo della CIA Willliam Burns e fin da subito fu chiaro che una parte importante del suo mandato sarebbe girata intorno alla Cina. Nel 2021 Burns inaugurò il China Mission Center, un’unità della CIA dedicata alla Cina e ai progressi tecnologici della sua intelligence.

La Cina è «in cima alla lista di cose da fare della CIA», ha detto Burns al Wall Street Journal. Negli ultimi anni l’Agenzia ha raddoppiato il budget dedicato al paese, togliendo fondi ad altri obiettivi, e sta investendo molto anche sull’assunzione di persone che parlano il cinese.

Per migliorare le proprie operazioni in Cina, la CIA ha dovuto modificare in parte il proprio modo di lavorare. Tradizionalmente l’Agenzia si occupa di raccogliere informazioni su obiettivi molto specifici e circostanziati, per esempio sui mezzi o sui piani militari dei paesi esteri, e non è abituata a studiare tematiche meno concrete e in continua trasformazione come l’intelligenza artificiale o l’informatica, su cui invece la Cina sta puntando. «Abbiamo contato i carri armati e studiato le capacità missilistiche [degli altri paesi] più a lungo di quanto ci siamo concentrati sui semiconduttori, sugli algoritmi o sulle biotecnologie», ha detto David Cohen, vicedirettore della CIA.

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Proprio l’utilizzo di tecnologie avanzate ha quindi reso la competizione tra l’intelligence statunitense e quella cinese diversa, e più complessa, di quella esistente tra Stati Uniti e Russia. Di recente gli Stati Uniti hanno dimostrato di avere fonti e informazioni affidabili sui piani della Russia: conoscevano in anticipo alcune mosse del presidente Vladimir Putin relative all’invasione dell’Ucraina, nel febbraio del 2022, ed erano almeno parzialmente informati sulla rivolta in Russia guidata da Yevgeny Prigozhin, il leader del gruppo Wagner, a fine giugno.

In Cina, invece, l’intelligence statunitense non è ancora riuscita a ricostruire una rete efficace di informatori. A febbraio il direttore Burns ha ammesso che le informazioni che la CIA possiede sui piani e sulle intenzioni della Cina sono meno approfondite rispetto a quelle sulla Russia: «Ci stiamo lavorando», ha detto.