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  • Venerdì 8 dicembre 2023

Trump sta cercando di ritardare il processo per l’assalto al Congresso

Punta a farlo slittare a dopo le elezioni presidenziali di novembre, o almeno fino alla fine delle primarie

Donald Trump
(Geoff Stellfox/ The Gazette via AP)
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Gli avvocati dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno chiesto alla giudice federale Tanya Chutkan una pausa nell’iter del caso sull’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021, nel quale Trump è incriminato per il tentativo di sovvertire il risultato delle elezioni presidenziali del 2020. In particolare, hanno fatto appello contro la decisione della giudice di non concedere l’immunità a Trump: la loro tesi era che ne avesse diritto perché tecnicamente i fatti erano avvenuti quando lui era ancora presidente.

La richiesta fa parte di una strategia orientata a dimostrare che Trump non possa essere incriminato, o comunque a impedire che il processo si tenga nei tempi previsti, con l’obiettivo di complicarlo o, auspicabilmente, di farlo scalare fino a dopo una possibile vittoria di Trump alle elezioni presidenziali del 2024.

Trump è incriminato a livello federale con l’accusa di aver tentato di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020, con l’obiettivo di rimanere in carica nonostante la vittoria del candidato Democratico Joe Biden, l’attuale presidente. Finora si è dichiarato non colpevole per tutti e quattro i capi d’accusa per cui è stato incriminato, fra cui aver cospirato contro gli Stati Uniti e contro i diritti dei cittadini. La settimana scorsa la giudice aveva negato l’immunità richiesta dai suoi avvocati, che sostenevano non potesse essere processato per presunti reati commessi mentre era ancora in carica come presidente.

Gli avvocati di Trump inoltre hanno sostenuto che non potesse essere incriminato anche per via del cosiddetto principio del “doppio giudizio”, secondo cui una persona non può essere accusata due volte dello stesso reato: la loro tesi è che l’ex presidente non possa essere processato a livello federale perché era già stato assolto dal processo di impeachment per i fatti del 6 gennaio.

La giudice aveva detto che né la legge, né la Costituzione o la storia degli Stati Uniti indicano che il presidente non debba essere soggetto al codice penale federale. Todd Blanche, uno degli avvocati, ha detto che dopo la richiesta di appello da parte di Trump un periodo di pausa dovrebbe essere “obbligatorio e automatico”. Il processo dovrebbe iniziare a marzo.

– Leggi anche: L’incriminazione di Trump per l’assalto al Congresso

Alcuni giuristi sentiti dal Washington Post hanno spiegato che visto che Trump ha fatto appello contro la decisione di Chutkan, il caso non potrà procedere fino a quando la Corte d’appello deciderà se prendere in esame la richiesta dei suoi avvocati. Se la Corte dovesse rifiutarsi di esaminarla, potrebbero volerci settimane prima che il processo cominci. Se invece la accettasse, ma Trump dovesse perdere, ci si aspetta che impugnerebbe di nuovo la sentenza portando il caso alla Corte Suprema, il più alto organo giudiziario del paese, che è composto da tre giudici di orientamento progressista e sei di orientamento conservatore, tre dei quali nominati proprio da Trump.

Se il tentativo di posticipare il processo avrà successo, insomma, dipenderà dalla velocità con cui la Corte d’appello deciderà di prendere in considerazione il caso o, eventualmente, dalla possibilità che finisca alla Corte Suprema. Secondo il New York Times gli avvocati di Trump punterebbero a far cominciare il processo quantomeno fino a luglio, dopo la fine delle primarie, quando si terrà la Convention del Partito Repubblicano a Milwaukee, durante la quale verrà annunciato ufficialmente il candidato alla presidenza del partito: salvo grossi stravolgimenti sarà proprio Trump.

Se invece Trump riuscisse a rimandare il processo fino a dopo le elezioni di novembre e dovesse vincerle, potrebbe semplicemente chiedere al procuratore generale di far cadere le accuse. Ma anche se riuscisse a farlo ritardare fino all’estate, complicherebbe comunque la posizione della giudice federale, nel pieno della campagna elettorale.

Lo scorso marzo Donald Trump era diventato il primo ex presidente degli Stati Uniti a essere sottoposto a un processo penale nella storia del paese, e attualmente è incriminato per quattro casi. Il primo è il procedimento avviato dalla procura di Manhattan per un pagamento in favore dell’attrice di film porno Stormy Daniels, mentre il secondo riguarda l’accusa di aver conservato alcuni documenti governativi riservati nella propria villa di Mar-a-Lago, in Florida. La terza incriminazione, la più grave e quella che prevede le pene massime più pesanti, è appunto quella federale che riguarda l’attacco al Congresso del gennaio 2021 e il tentativo di sovvertire l’esito delle elezioni presidenziali del 2020, vinte dal Democratico Joe Biden.

Trump inoltre è incriminato anche in Georgia con l’accusa di aver tentato di sovvertire i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali del 2020 nello stato, al fine di ribaltare il risultato generale delle elezioni.

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