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  • Mercoledì 22 novembre 2023

Israele e Hamas hanno raggiunto un accordo per una tregua di quattro giorni

Prevede uno scambio reciproco di ostaggi e prigionieri e l'ingresso di centinaia di camion di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza

Una manifestazione in Israele per chiedere il rilascio degli ostaggi (AP Photo/Vadim Ghirda)
Una manifestazione in Israele per chiedere il rilascio degli ostaggi (AP Photo/Vadim Ghirda)
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Mercoledì il governo di Israele e il gruppo armato radicale palestinese Hamas hanno raggiunto un accordo per una tregua di quattro giorni dai combattimenti, durante la quale ci sarà uno scambio reciproco di ostaggi e prigionieri: Hamas libererà 50 ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza, mentre Israele 150 palestinesi che si trovano nelle carceri israeliane. Durante la tregua saranno fatti entrare anche aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, che Israele assedia e bombarda da settimane come conseguenza degli attacchi di Hamas in territorio israeliano dello scorso 7 ottobre.

L’accordo era dato da giorni come imminente e si è definitivamente sbloccato dopo una riunione del governo israeliano cominciata martedì sera e finita nella notte dopo ore di discussioni. Le negoziazioni tra Israele e Hamas sono state mediate dal Qatar, paese che ha buoni rapporti con entrambe le parti e che nelle scorse settimane aveva già facilitato la liberazione dei primi ostaggi da parte di Hamas e l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia. Al dialogo per l’accordo hanno partecipato anche gli Stati Uniti.

Mercoledì mattina il ministero della Giustizia di Israele ha pubblicato una lista di 300 detenuti palestinesi tra cui verranno scelti quelli che saranno liberati: la stragrande maggioranza, 287, sono uomini di età pari o inferiore a 18 anni, la maggior parte dei quali detenuti per atti di violenza compiuti in Cisgiordania o a Gerusalemme Est, e altri 13 sono donne adulte.

Moussa Abu Marzouk, un importante dirigente politico di Hamas in esilio in Egitto, ha fatto sapere che la tregua comincerà alle 10 di mattina di giovedì (le 9 in Italia), come confermato anche da un funzionario del governo israeliano. Inizialmente il ministro degli Esteri di Israele, Eli Cohen, aveva detto alla radio dell’esercito di aspettarsi che Hamas avrebbe liberato i primi ostaggi proprio giovedì, ma non aveva specificato se la tregua sarebbe cominciata da quel momento esatto. Stando a quanto ha fatto sapere mercoledì sera il consigliere per la sicurezza di Israele Tzachi Hanegbi, però, gli ostaggi non verranno liberati «prima di venerdì».

Riguardo alla natura dell’accordo mercoledì Richard Hecht, portavoce dell’esercito israeliano, ha inoltre voluto specificare nel corso di una conferenza stampa un dettaglio terminologico di importante valore: «non è un “cessate il fuoco”, noi abbiamo usato il termine “pausa operativa”». Questa distinzione implica che i bombardamenti israeliani non sono stati interrotti del tutto e potrebbero ricominciare una volta che lo scambio di ostaggi sarà completato. Hecht ha anche confermato che probabilmente la tregua inizierà giovedì, o al massimo venerdì, ma non ha dato maggiori dettagli.

Ad ogni modo, dal momento della pubblicazione della lista dei detenuti palestinesi da parte di Israele, la popolazione israeliana ha 24 ore di tempo per fare ricorso alla Corte Suprema per provare a bloccarne la liberazione. Secondo i media israeliani è probabile che la Corte Suprema respinga i ricorsi, come successo nel 2011 quando Israele acconsentì a liberare 1027 palestinesi dalle proprie prigioni in cambio del rilascio del soldato israeliano Gilad Shalit, che era stato catturato a un posto di blocco nel 2006 da Hamas.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto sapere in un comunicato che i 50 ostaggi liberati da Hamas saranno tutti donne e bambini, e che la tregua dai combattimenti sarà prolungata di un giorno ogni 10 ulteriori ostaggi che Hamas deciderà di liberare. Non ha menzionato la liberazione di altri prigionieri palestinesi nel caso di un prolungamento della tregua. Il governo israeliano ha anche detto che più di metà degli ostaggi che saranno liberati da Hamas sono cittadini stranieri o israeliani con doppio passaporto.

Hamas ha detto in un comunicato che anche i 150 prigionieri palestinesi che libererà Israele saranno donne e bambini. Sempre secondo Hamas la tregua dovrebbe permettere l’ingresso nella Striscia di centinaia di camion di aiuti umanitari, molti di più delle poche decine entrate giornalmente nelle ultime settimane. Oltre a cibo, acqua e medicine tra gli aiuti dovrebbe esserci anche il carburante, fondamentale per la produzione di energia elettrica e quindi per moltissimi servizi di base all’interno della Striscia: finora Israele aveva sempre impedito l’inserimento del carburante fra gli aiuti perché temeva che fosse intercettato e usato da Hamas per scopi militari.

Secondo alcuni giornali americani, l’attività diplomatica per liberare almeno parte degli ostaggi è cominciata fin dai giorni successivi all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Funzionari del Qatar avrebbero contattato l’amministrazione americana di Joe Biden proponendo di creare un gruppo di lavoro (una “cellula”, come è stata definita) composto da poche persone che da quel momento ha coordinato i negoziati.

I negoziati con Hamas vanno avanti da settimane: dopo la liberazione dei primi due ostaggi, avvenuta il 23 ottobre, Hamas si era offerta di liberarne altri, in cambio di un’interruzione dei combattimenti. Israele però aveva giudicato l’offerta troppo incerta, perché Hamas non forniva sufficienti prove dello stato di salute degli ostaggi, e l’esercito israeliano era andato avanti con i propri piani. Alla fine di ottobre, Israele ha invaso via terra la Striscia di Gaza, rendendo i negoziati più complicati, tra le altre cose anche a causa dell’instabilità delle connessioni internet, che hanno reso più difficili le comunicazioni.

L’accordo per la liberazione di 50 ostaggi in cambio di una tregua è stato trovato negli scorsi giorni, a partire dalla metà di novembre. Le due parti, Israele e Hamas, hanno lavorato a un accordo congiunto per cui il Qatar ha fatto da tramite, presentando le nuove versioni del documento alla dirigenza di Hamas che si trova a Doha, la capitale del Qatar, e trovando il modo di comunicare anche con i dirigenti di Hamas a Gaza. L’accordo è stato chiuso definitivamente martedì 21 novembre.