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  • Venerdì 13 ottobre 2023

I Repubblicani non riescono a eleggere un nuovo speaker della Camera statunitense

Il candidato Steve Scalise ha mollato perché non aveva i numeri per essere eletto: lo stallo dura da più di una settimana

Steve Scalise annuncia il proprio ritiro al Campidoglio a Washington, giovedì 12 ottobre
Steve Scalise annuncia il proprio ritiro al Campidoglio a Washington, giovedì 12 ottobre (AP Photo/Jose Luis Magana)
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Il deputato Repubblicano Steve Scalise ha rinunciato alla candidatura per il ruolo di speaker della Camera degli Stati Uniti in sostituzione di Kevin McCarthy, che era stato rimosso la settimana scorsa con una mozione di sfiducia. Scalise, che è il leader della maggioranza alla Camera, era stato scelto come candidato solo mercoledì: ha deciso di rinunciare dopo un nuovo incontro tra i deputati del partito, al termine del quale ha lasciato intendere che non avrebbe avuto il sostegno sufficiente perché la sua nomina venisse approvata dalla Camera. È un ulteriore segnale delle profonde divisioni interne ai Repubblicani, che ora dovranno cercare di trovare un nuovo accordo.

Scalise ha 58 anni, è al Congresso dal 2008 e dal 2014 è il leader della maggioranza alla Camera, un ruolo meno importante rispetto a quello di speaker, che invece è una specie di presidente ma molto operativo. Nel 2017 fu ferito alla gamba da un uomo che aveva sparato contro alcuni deputati Repubblicani per protestare contro l’elezione di Trump e al momento sta seguendo la chemioterapia a causa di un mieloma multiplo, un particolare tumore del sangue. Mercoledì era stato scelto come sostituto di McCarthy in una votazione a porte chiuse dei deputati Repubblicani in cui aveva ottenuto 113 voti favorevoli contro i 99 di Jim Jordan, deputato dell’Ohio.

Attualmente alla Camera i Repubblicani hanno la maggioranza, 221 seggi contro i 212 dei Democratici. Per essere eletto Scalise avrebbe dovuto ottenere almeno 217 voti: secondo il New York Times tuttavia molti dei deputati che appoggiavano Jordan, sostenuto anche dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, si sarebbero rifiutati di dargli il loro appoggio. Secondo alcuni deputati Repubblicani, Scalise sarebbe riuscito a essere eletto alla Camera solo con il voto di parte dei Democratici.

Parlando con i giornalisti dopo il nuovo incontro, Scalise ha detto che nel partito «ci sono ancora divisioni da risolvere», e che per lui non ci sarebbe stato modo di ottenere abbastanza voti per essere eletto. Ha anche detto che intende restare leader della maggioranza alla Camera. I deputati Repubblicani hanno convocato una nuova riunione per venerdì mattina per decidere come procedere. Circolano alcune ipotesi, come Tom Emmer del Minnesota o ancora lo stesso Jordan, ma per ora non è chiaro chi verrà scelto al suo posto.

– Leggi anche: La crisi d’identità dei Repubblicani americani

La rimozione di Kevin McCarthy come speaker della Camera degli Stati Uniti era stata per molti versi straordinaria. McCarthy era stato eletto tra grandi difficoltà a gennaio dopo 15 votazioni, il numero più alto della storia della Camera, poi a inizio ottobre era diventato il primo speaker della storia degli Stati Uniti a essere rimosso. Era accaduto in seguito a una mozione presentata da Matt Gaetz, che appartiene all’ala più radicale del suo partito che lo accusava di avere collaborato con i Democratici per evitare il cosiddetto shutdown, la parziale chiusura delle attività del governo federale statunitense.

La rimozione di McCarthy, votata dai Democratici e anche da otto Repubblicani, è un sintomo delle profonde divisioni e del caos all’interno Partito Repubblicano, così come lo è anche il caso di Scalise.

Le divisioni tra i membri del Partito Repubblicano si sono amplificate negli ultimi anni, da quando Trump è diventato la figura più importante nella destra statunitense, ma in realtà esistevano già prima. Da tempo infatti pezzi rilevanti del partito si stanno spostando su posizioni sempre più estremiste, a volte in aperta opposizione a quelli che erano i princìpi del movimento conservatore anche solo una quindicina di anni fa, con il risultato che il partito nel suo insieme fatica a trovare un accordo anche su questioni molto importanti, come appunto trovare un accordo per nominare il nuovo speaker.

Come ha osservato il Washington Post, la situazione sta lasciando la Camera in una situazione di stallo: al momento non può prendere in esame nessun provvedimento, né per evitare un possibile altro shutdown a metà novembre, né per dare sostegno a Israele durante il conflitto con Hamas.