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  • Lunedì 25 settembre 2023

La serie che ha fatto educazione sessuale a moltissimi adolescenti

Le quattro stagioni di “Sex Education” hanno ottenuto un gran successo e insegnato cose che a scuola spesso non arrivano

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La scorsa settimana è uscita su Netflix la quarta e ultima stagione di Sex Education, una serie tv che negli ultimi anni ha avuto un grande successo tra adolescenti e giovani adulti, e che si è distinta per avere raccontato in modo originale, progressista e accurato molte questioni che riguardano sesso e sessualità. Che ha insegnato, insomma, educazione sessuale a tantissimi ragazzi e ragazze, facendo addirittura un lavoro migliore di quello che si fa in molte scuole, secondo diversi esperti, specialmente nei paesi dove non viene fatta o viene fatta seguendo approcci superati. E ha raggiunto moltissime persone, essendo stata una delle produzioni di maggiore successo nella storia di Netflix: secondo i dati diffusi dall’azienda, che non sono certificati da entità terze, 55 milioni di utenti avevano visto almeno un po’ della terza stagione, uscita nel 2021.

Il protagonista di Sex Education si chiama Otis e frequenta un liceo inglese, la Moordale High: l’ambientazione della serie in realtà è poco verosimile, ricorda per certi versi gli Stati Uniti, ed è insomma pensata per non avere troppe connotazioni precise. Nella prima stagione, uscita nel 2019, Otis e la sua compagna di classe Maeve mettono su un servizio di terapia ed educazione sessuale a pagamento per gli studenti della loro scuola, sessualmente attivi ma pieni di dubbi e domande a cui nessuno sembra voler dare risposte utili. Otis non sa niente di sesso, ma sfrutta quello che ha imparato da sua madre Jean, una terapista e sessuologa interpretata da Gillian Anderson, che ha avuto da questo ruolo una rinnovata fama dopo essere stata protagonista negli anni Novanta di X-Files.

Nel corso delle stagioni, la serie segue le vite di Otis e sua madre, di Maeve e di altri studenti della Moordale High, in modo da fornire una rappresentazione eterogenea di etnie, orientamenti sessuali e identità di genere. La sceneggiatura si concentra sulla scoperta dell’amore e della sessualità nell’età adolescenziale senza considerare alcun argomento tabù, e anzi trattando con una certa dolcezza anche le cose normalmente considerate imbarazzanti. Si parla di orgasmo femminile, masturbazione, asessualità, ansia da prestazione, fetish e malattie sessualmente trasmissibili, ma anche di aborto, dell’importanza dell’intimità emotiva e del consenso.

Nella quarta stagione i protagonisti vengono trasferiti dalla Moordale High, che è stata chiusa a seguito degli scandali della stagione precedente, al Cavendish College, una scuola molto progressista e «super queer» gestita dagli studenti dove tutti sono estremamente aperti e gentili e le attività extrascolastiche includono lezioni di yoga e discoteche silenziose.

Come spiegano le esperte in sessuologia Debra Dudek e Giselle Natassia Woodley, Sex Education è un importante strumento di rappresentazione positiva della sessualità adolescenziale, qualcosa che le persone giovani vogliono ma spesso non trovano. A scuola non è raro che ancora venga detto agli studenti di praticare l’astinenza, invece che insegnare loro l’importanza del consenso e dei contraccettivi. In alcuni paesi, fra cui l’Italia, non è neanche obbligatorio insegnarla, mentre in altri, come in Florida, è permessa ma è limitata alle relazioni eterosessuali. Sex Education invece non solo spiega come avere rapporti di qualsiasi tipo in sicurezza, ma insegna e parla di piacere, argomento raramente menzionato nelle ore di educazione sessuale dove invece ci si concentra sulla procreazione (e come evitarla) e, se si è fortunati, sulla trasmissione di malattie.

– Leggi anche: In Italia portare un preservativo in classe è molto difficile

Come ricordano Dudek e Woodley, la prima scena della terza stagione consiste in un montaggio che mostra «almeno 13 diversi momenti di piacere sessuale: sesso eterosessuale, sesso gay tra due ragazzi, giochi di ruolo fra due ragazze, masturbazione guardando un porno, sesso online, sesso nella realtà virtuale — e anche il piacere di leggere un libro mangiando bignè al formaggio». Restituisce anche una certa complessità: per esempio nonostante si parli di come la pornografia possa dare agli adolescenti un’immagine del sesso non realistica e a tratti dannosa, viene presentata anche come uno strumento da cui si può imparare e trarre divertimento e piacere.

La varietà di possibilità e desideri nella sfera sessuale è anche riflessa nei personaggi: molti di loro fanno parte della comunità LGBT+ o non sono bianchi, ci sono personaggi con disabilità e con corpi diversi, e si parla di sesso e amore a tutte le età. Diversi critici hanno notato poi che rispetto a come avviene spesso i personaggi che appartengono a minoranze non sono presenti solo per “spuntare una casella”, ma le loro storie sono approfondite e non stereotipate, funzionali alla trama complessiva.

Gli orientamenti sessuali e le identità di genere presenti in Sex Education sono sembrati ad alcuni fin troppi, e la serie è stata a volte criticata per mostrare un mondo troppo bello per essere realistico. La stessa critica è stata mossa recentemente a un’altra popolare serie originale Netflix, Heartstopper, in cui tutti protagonisti adolescenti fanno parte della comunità LGBT+ e, a differenza di Sex Education, non fanno mai sesso. Queste due serie vengono spesso messe a confronto con Euphoria, una serie prodotta da HBO che parla di liceali ma dove il sesso è trattato quasi sempre come qualcosa di traumatico, forzato e denigrante. Molto diversa da quella che la professoressa di studi sul cinema e sui media Deborah Shaw ha chiamato “TV gentile”, riferendosi alle serie, come Sex Education, in cui alla fine tutti si vogliono bene, e le storie sono a lieto fine e rassicuranti. Un filone sempre più popolare dopo la pandemia, che dà un senso di comfort e sicurezza a chi lo guarda.

Anche la creatrice di Sex Education Laurie Nunn ha detto di aver scritto la serie sperando che «in qualche modo ci si senta un po’ come abbracciati dalla TV» e ha aggiunto che il suo desiderio era quello di «creare una serie che mi sarebbe piaciuto guardare quando ero un’adolescente. Che dica che va bene essere un po’ diversi e non rientrare sempre negli schemi; che si può ancora amare sé stessi e avere una vita fantastica e grandi amicizie. Avrebbe significato molto per me».

Oltre a descrivere una specie di mondo ideale, la serie racconta anche questioni dolorose: nella seconda stagione una delle protagoniste subisce una violenza sessuale, portandosi dietro gli strascichi nelle stagioni successive. Come ha detto la scrittrice Lucy Ford a BBC, la serie dà una rappresentazione realistica della «lenta presa di coscienza di un trauma», scegliendo di non dimenticarsene all’inizio di una nuova stagione, visto che non sarebbe realistico, ma di continuare a mostrare come l’episodio abbia un impatto sulla vita sia pubblica che privata (e sessuale) della ragazza.

Questa attenzione all’arco narrativo dei suoi personaggi e alla rappresentazione di una sessualità libera e consapevole non è data solo dal modo in cui è stato scritto il copione, ma anche da come è stata girata la serie. Data anche la presenza di un cast molto giovane, la produzione assunse già nel 2018 Ita O’Brien nel ruolo di intimacy coordinator, ossia una persona che si assicuri che gli attori siano a loro agio prima, durante e dopo le (numerose, in questo caso) scene di sesso.

Queste scene intime vengono “coreografate” in precedenza, ma la funzione dell’intimacy coordinator è quella di accertarsi che gli attori siano totalmente d’accordo con quello che viene richiesto loro. La figura dell’intimacy coordinator è diventata sempre più richiesta sui set a seguito del #MeToo, nell’ambito del quale numerose attrici, fra cui in particolare Salma Hayek, avevano detto di essere state costrette a girare scene di nudo che non volevano fare. Nel 2018, Sex Education è stata la prima serie originale di Netflix a utilizzare un intimacy coordinator. Nello stesso anno, HBO l’aveva reso obbligatorio in tutte le produzioni, specialmente dopo che alcune attrici come Emilia Clarke, diventata celebre per aver interpretato Daenerys Targaryen nel Trono di Spade, avevano detto di essersi sentite obbligate a girare delle scene di nudo in cui si sentivano a disagio.