L’anomalo e persistente caldo sulle Alpi

Negli ultimi tre giorni sono stati registrati zero gradi sopra ai 5.000 metri, temperature che mettono a rischio l’esistenza stessa dei ghiacciai

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Il ghiacciaio della Marmolada, in Trentino (AP Photo/Luca Bruno)
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Nella notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto il pallone sonda lanciato dalla stazione meteorologica svizzera di Payerne, nel cantone di Vaud, ha misurato lo zero termico a 5.298 metri, la quota più alta registrata dal 1954, anno in cui iniziarono le misurazioni. Lo zero termico è uno degli indicatori più importanti per capire le condizioni meteorologiche in montagna e in generale ad alta quota: in sostanza indica la distanza dal suolo del punto in cui l’aria è a una temperatura di zero gradi, e per questo si misura in metri e non in gradi Celsius. Lo zero termico viene misurato con palloni sonda che vengono lanciati a cadenza regolare nel cielo: hanno un diametro di circa due metri, vengono gonfiati solitamente ad elio e trasportano una piccola sonda che misura diversi parametri, tra cui appunto la temperatura dell’aria, e che trasmette i risultati ottenuti alla stazione meteorologica.

Negli ultimi tre giorni anche in molte altre zone delle Alpi, sia in Svizzera che in Italia, lo zero termico è salito fino a 5.000 metri, segnale di un’ondata di calore che secondo le previsioni dei meteorologi durerà per tutta la settimana e quindi sarà eccezionale anche per la sua persistenza. L’ondata di caldo è stata causata da un sistema di alta pressione, noto come anticiclone, accompagnato da aria subtropicale: sono condizioni che favoriscono assenza di precipitazioni e temperature elevate, e in generale che aggravano il già delicato stato di salute dei ghiacciai italiani, la cui esistenza è minacciata dagli effetti del riscaldamento globale.

In molte città italiane sono stati superati i 35 gradi, ma le anomalie sono state segnalate soprattutto sulle Alpi. Claudio Tei, meteorologo e ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), ha detto che quasi su tutto l’arco alpino c’è stato un innalzamento dello zero termico intorno ai 5.000 metri. «Tutti i ghiacciai alpini, a tutte le quote, sono sopra lo zero e la situazione è abbastanza critica».

Domenica sulla Marmolada, per esempio, sono stati registrati 14 gradi, 1,3 gradi in più rispetto al 3 luglio del 2022, quando undici persone morirono in seguito al crollo di un’enorme porzione del ghiacciaio. Il crollo fu causato da un significativo volume di acqua creato dal disgelo, provocato a sua volta dalle temperature anomale registrate nella primavera e nell’estate dello scorso anno.

La conseguenza immediata delle alte temperature sui ghiacciai è un aumento del rischio per chi frequenta la montagna: come è avvenuto lo scorso anno, il disgelo può causare il distacco di porzioni di ghiacciai e frane. Domenica la Protezione civile del Trentino-Alto Adige ha invitato gli escursionisti a non avventurarsi in zone pericolose o su percorsi non segnalati.

A preoccupare i meteorologi è soprattutto la frequenza con cui queste ondate di calore si ripetono. Anche in passato ci sono stati giorni di caldo eccezionale, ma si trattava di condizioni molto meno ricorrenti rispetto agli ultimi anni. Anche se ricondurre singoli fenomeni agli effetti del riscaldamento globale è difficile e richiede molte analisi, in generale è stata osservata una maggiore permanenza degli anticicloni sull’Europa che causano ondate di calore persistenti anche ad alta quota.

– Leggi anche: Il luglio del 2023 è stato il mese più caldo mai registrato sulla Terra

Già il 2022 è stato definito «un anno glaciologico disastroso» a causa della siccità e delle temperature particolarmente alte. Le misurazioni fatte durante l’ultima edizione della Carovana dei ghiacciai, la campagna internazionale promossa dall’associazione Legambiente, hanno confermato un rapido aumento della quota di zero termico: solitamente sulle Alpi è tra 3.200 e 3.700 metri di altezza, mentre negli ultimi dieci anni si è spostata verso i 4.000 metri con picchi oltre i 5.000 metri come dimostrano le osservazioni degli ultimi giorni.

Queste condizioni favoriscono la fusione dei ghiacciai. Secondo diversi studi fatti negli ultimi anni, quello della Marmolada, uno dei più osservati dal punto di vista glaciologico, potrà sopravvivere solo per altri 15 anni prima di essere declassato a glacionevato.

Le misurazioni fatte ogni anno dall’università di Padova confermano questa tendenza: nell’ultimo secolo la superficie del ghiacciaio della Marmolada si è ridotta ogni anno in media di circa due ettari e mezzo, mentre negli ultimi quindici anni sono stati persi in media 9 ettari all’anno. Oggi il ghiacciaio ha una superficie di circa 120 ettari. «La Marmolada anticipa quello che è il destino della stragrande maggioranza dei ghiacciai alpini», ha detto Mauro Varotto, docente di geografia all’università di Padova e responsabile delle misurazioni che annualmente vengono condotte sulla Marmolada. «Rimarranno a fine secolo solo i grandi ghiacciai che sono posizionati a quote superiori, intorno a 4.000 metri».