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  • Sabato 5 agosto 2023

I porti ucraini sul Danubio sono diventati fondamentali

Soprattutto da quando la Russia si è ritirata dall'accordo sul grano e ha iniziato a imporre blocchi navali nel mar Nero

Un carico di cereali nel porto ucraino di Izmail, sul Danubio (AP Photo/Andrew Kravchenko, File)
Un carico di cereali nel porto ucraino di Izmail, sul Danubio (AP Photo/Andrew Kravchenko, File)
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In Ucraina nelle ultime settimane hanno assunto un’importanza sempre maggiore i porti fluviali sul Danubio, lungo il confine con la vicina Romania. L’Ucraina ha iniziato a utilizzarli sempre di più per le esportazioni di cereali e altre risorse alimentari soprattutto dopo il ritiro della Russia dall’accordo sul grano: dal luglio del 2022 l’accordo permetteva infatti alle navi cariche di cereali ucraini in partenza dai porti sul mar Nero di lasciare il paese in sicurezza nonostante la guerra. Ritirandosi dall’accordo, la Russia ha ricominciato ad attaccare i porti e a bloccare di fatto il traffico marittimo da e per l’Ucraina: i porti fluviali sono quindi diventati una delle poche vie per l’esportazione rimaste aperte.

I principali porti ucraini sul Danubio sono tre e si trovano a Izmail, Reni e a Ust-Danube, nella parte bassa del fiume e vicino allo sbocco sul mar Nero. Attraverso il Danubio, che dopo il Volga è il secondo fiume più lungo d’Europa (quasi 3mila chilometri), l’Ucraina può accedere al mare o collegarsi a diversi stati europei.

I porti fluviali non hanno le stesse capacità dei porti marini: le acque del fiume sono meno profonde, e le merci vengono quindi spostate soprattutto attraverso chiatte, in grado di trasportare carichi minori. Normalmente le chiatte in partenza dai porti fluviali ucraini e dirette al mare percorrono un breve tratto fino al porto di Costanza, in Romania, dove poi le merci vengono caricate su navi più grosse oppure su camion che le trasportano via terra. Questo tipo di operazioni limita molto le quantità esportabili, ma nelle ultime settimane ha permesso di non interromperle del tutto.

Prima dell’inizio dell’invasione russa, i porti ucraini sul Danubio erano considerati un’opzione secondaria, utilizzata per circa il 4 per cento delle esportazioni. Oggi si stima che siano utilizzati per circa un terzo di tutte le esportazioni agricole, comprendenti anche i cereali (di cui l’Ucraina è uno dei maggiori esportatori al mondo). Negli ultimi mesi la maggior parte delle navi che partivano dai porti fluviali ucraini si è diretta verso il mare, mentre una quantità minore ha risalito il fiume verso altri paesi europei.

L’Ucraina aveva già iniziato a utilizzare i propri porti fluviali con maggiore intensità nelle prime settimane di guerra, oltre un anno e mezzo fa, quando diverse città portuali sul mar Nero erano diventate bersaglio di attacchi e i russi avevano preso il controllo di alcuni dei principali porti ucraini sul mare. Dmytro Barinov, dirigente dell’Autorità portuale ucraina, ha detto al New York Times che già allora molti piloti marittimi attivi sul mar Nero furono trasferiti sui porti fluviali, portando il numero totale di piloti attivi nei porti sul Danubio da 15 a 71.

Benché questi porti abbiano capacità ridotte, la loro importanza era progressivamente cresciuta anche dopo la formalizzazione dell’accordo sul grano, raggiunto dopo mesi di negoziazioni e considerato fondamentale: nei primi mesi dell’invasione russa le esportazioni dai porti sul mar Nero erano state bloccate, provocando una crisi alimentare molto grave in vari paesi del mondo, soprattutto in Medio Oriente e Africa. Il blocco nei primi mesi della guerra aveva anche fatto marcire enormi quantità di grano e altri cereali pronte per l’esportazione, ma poi l’accordo aveva risolto in parte la crisi, permettendo alle esportazioni di ripartire.

Già lo scorso aprile, ipotizzando un possibile futuro ritiro della Russia dall’accordo, l’Ucraina aveva iniziato a investire per rafforzare i propri porti fluviali. Dei tre porti era stato rafforzato in modo particolare quello di Izmail, anche grazie a finanziamenti da parte di governi stranieri, come gli Stati Uniti.

Quando infine a fine luglio scorso la Russia ha deciso di ritirarsi dall’accordo e di imporre un nuovo blocco, l’importanza dei porti fluviali sul Danubio è diventata ancora più chiara. Annunciando il ritiro, il ministero della Difesa russo ha detto che a partire dal 20 luglio «tutte le navi dirette verso i porti ucraini sul mar Nero saranno considerate come potenziali veicoli di carichi militari». L’avvertimento russo ha portato molte navi a sospendere le proprie operazioni, e pochissime altre a continuarle, in alcuni casi dirigendosi proprio verso i porti ucraini sul Danubio, in particolare quello di Izmail.