L’accordo per ridurre le commissioni sui pagamenti elettronici

Riguarda gli importi al di sotto dei 30 euro e lo hanno fatto le banche italiane e le associazioni degli esercenti, su spinta del governo

(Clay Banks/Unsplash)
(Clay Banks/Unsplash)
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Giovedì le associazioni delle banche italiane hanno raggiunto un accordo con le principali associazioni degli esercenti per ridurre le commissioni sui pagamenti elettronici al di sotto dei 30 euro. L’accordo è stato promosso dal governo e dal ministero dell’Economia, coinvolgendo da una parte l’ABI (l’Associazione Bancaria Italiana) e l’Associazione dei prestatori di servizi di pagamento e dall’altra le varie associazioni degli esercenti e dei commercianti, ossia CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa), Confartigianato, Confcommercio, Confesercenti e FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi).

Alla fine dello scorso anno il governo aveva dovuto mantenere l’obbligo per gli esercenti di accettare i pagamenti elettronici nel caso di importi più contenuti: avrebbe voluto toglierlo nella legge di bilancio, ma poi aveva ricevuto molte critiche, anche dalla Commissione Europea, secondo cui sarebbe stata una norma controproducente per l’attività di contrasto all’evasione fiscale. Quindi l’aveva cancellata, e poi aveva promesso che avrebbe comunque cercato di abbassare le commissioni.

L’obbligo di accettare i pagamenti elettronici per qualsiasi somma era stato introdotto a giugno del 2022 dal governo di Mario Draghi, ed era stato pensato per favorire i pagamenti tracciabili, anche per i piccoli importi, non solo per contrastare l’evasione fiscale ma anche fornire migliori servizi ai consumatori.

L’accordo raggiunto giovedì tra le varie associazioni prevede l’impegno di banche e operatori dei pagamenti a promuovere iniziative commerciali per ridurre l’impatto delle commissioni sulle transazioni sotto i 30 euro. Le offerte dovranno poi essere particolarmente basse per le transazioni sotto i 10 euro: sono le somme per cui i commercianti di solito sono più restii ad accettare i pagamenti elettronici, perché su quelle c’è un’incidenza delle commissioni più alta. Queste offerte saranno riservate alle attività più piccole, con un fatturato annuo entro i 400mila euro.

Alcuni esperti in realtà sostengono che le commissioni siano già piuttosto basse, e che le diverse categorie di esercenti le usino come pretesto per continuare ad accettare una parte dei pagamenti in contanti e in certi casi evadere le tasse. È difficile stimare a quanto ammontino effettivamente le commissioni: le banche applicano le commissioni che vogliono, facendo anche differenze tra cliente e cliente, e per motivi di concorrenza non vogliono farle sapere né ai clienti né alle altre banche.

Per questi motivi l’accordo invita a una maggiore trasparenza dei costi, in modo che gli esercenti possano paragonare più facilmente le tantissime offerte che ci sono sul mercato. La varietà delle offerte dei gestori fa sì che con ogni probabilità un esercente che ha aperto da poco abbia un contratto più nuovo e al passo coi tempi con la sua banca, quindi più conveniente, rispetto a chi invece lo aveva sottoscritto anni prima e non ha mai rinegoziato le condizioni con il suo istituto di credito. Allo stesso modo, è plausibile che le banche offrano condizioni migliori alle aziende più grandi e quindi con più transazioni, mentre mantengano commissioni più elevate per le attività con un giro di affari ridotto.

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L’accordo raggiunto non è però legalmente vincolante per le banche, che sono libere di scegliere se aderire o no. Come nel caso dell’intesa sul costo dei mutui, il governo non poteva imporre a imprese private condizioni specifiche su come portare avanti gli affari: non poteva insomma imporre alle banche e ai circuiti di pagamento di azzerare le commissioni. L’obbligo peraltro avrebbe creato un problema di concorrenza, perché sarebbero state svantaggiate le imprese più grandi, che essendo escluse avrebbero continuato a pagare commissioni più alte. Con la libertà di scelta, invece, l’accordo ha ottenuto il parere favorevole dell’Antitrust, come viene chiamata comunemente l’Autorità italiana garante della concorrenza e del mercato.

L’accordo è stato comunque ritenuto importante dalle associazioni coinvolte: Confesercenti stima che le piccole imprese potranno risparmiare complessivamente circa 500 milioni di euro all’anno. Anche se non ci sono obblighi legali, è probabile che se ci sarà più trasparenza, come chiede l’accordo, aumenterà anche la concorrenza tra le banche e quindi le commissioni si abbasseranno gradualmente.

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