Da oltre 50 anni il Veneto e il Trentino litigano per una diga

Il Veneto vorrebbe costruirla per sbarrare il torrente Vanoi, allagando parte del territorio di due comuni trentini da sempre contrari

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Il torrente Vanoi che il Veneto vuole sbarrare per creare un lago artificiale (Syrio/Wikimedia)
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Al primo posto nell’elenco delle opere proposte dal Veneto per contrastare la siccità c’è una grande diga sul torrente Vanoi, in provincia di Belluno. L’enorme bacino artificiale creato dallo sbarramento servirebbe ad alimentare il fiume Brenta durante i periodi in cui manca l’acqua, soprattutto in estate. Il presidente Luca Zaia considera la diga un’opera urgente: la Regione ha stanziato quasi un milione di euro per il progetto definitivo e ha chiesto al ministero delle Infrastrutture 150 milioni di euro per costruirla. C’è però un problema non secondario: il punto in cui dovrebbe essere costruita la diga è al confine con la provincia autonoma di Trento, che finora non è stata coinvolta nelle discussioni e che soprattutto è contraria all’opera.

Da tempo i funzionari veneti e trentini discutono di come gestire l’acqua: negli ultimi anni ci sono stati confronti accesi, rivendicazioni e accordi. Nel caso di questa diga è più difficile trovare un compromesso perché i litigi vanno avanti da oltre 50 anni e sembrano destinati a continuare.

L’idea di costruire la diga del Vanoi viene da lontano. I primi progetti risalgono agli anni venti del Novecento, anche se si iniziò a discuterne concretamente dopo l’alluvione del 1966. All’epoca si pensava che la diga potesse essere utile in parte per evitare la piena dei fiumi in caso di precipitazioni eccezionali e in parte per ricavare energia idroelettrica. Vennero commissionati molti studi geologici e idraulici a diverse commissioni di esperti, ma non se ne fece nulla per via di problemi geologici, per lo scarso ritorno economico e per una diffusa opposizione degli amministratori e degli abitanti della valle.

Il progetto non fu accantonato del tutto. Fu proposto più volte negli anni Novanta e Duemila con una funzione diversa, cioè come opera per creare un bacino artificiale con l’obiettivo di custodire l’acqua in vista di periodi di siccità. Da allora è rimasto più o meno lo stesso.

La diga verrebbe costruita nella zona più a nord del comune di Lamon, in provincia di Belluno, al confine con la provincia di Trento. Sarebbe alta 123 metri per raccogliere le acque del torrente Vanoi, principale affluente del torrente Cismon, a sua volta uno degli affluenti più importanti del fiume Brenta che attraversa la campagna veneta fino a sfociare nel mar Adriatico. Secondo le stime dei tecnici, la diga porterebbe a creare un lago artificiale da 33 milioni di metri cubi di acqua. Il bacino invaderebbe tutta la val Cortella, in particolare una parte consistente del territorio di due comuni trentini, Canal San Bovo e Cinte Tesino.

Lo scorso 22 dicembre la Regione Veneto ha approvato l’affidamento del progetto esecutivo al Consorzio Brenta, un consorzio di bonifica che ha il compito di gestire le acque di fiumi e torrenti. Sono stati messi a bilancio 912mila euro soltanto per il progetto. Infine l’8 maggio Zaia ha inserito la diga al primo posto tra le opere necessarie a contrastare la siccità da finanziare grazie all’intervento del commissario straordinario per la siccità Nicola Dell’Acqua, che prima dell’incarico nazionale era stato presidente di Veneto Agricoltura oltre che commissario per la siccità in Veneto. La provincia autonoma di Trento e i sindaci trentini sostengono di non essere stati informati di tutti questi passaggi.

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Il 27 giugno, durante un consiglio provinciale a Trento, il consigliere del Movimento 5 Stelle Alex Marini ha chiesto conto alla maggioranza del problema relativo alla diga, cioè di come sia possibile che il Veneto – dove governa la Lega come nella provincia di Trento – continui a proporre il progetto senza confrontarsi con Trento. Il vicepresidente Mario Tonina, assessore all’Ambiente, ha infatti risposto di aver saputo delle intenzioni venete soltanto dagli articoli usciti sui giornali. Ma soprattutto ha spiegato che la posizione della provincia non è mai cambiata: era contraria in passato, è contraria anche ora. «In un incontro nel 2019 avevamo ribadito la nostra contrarietà alla diga e loro l’avevano messa via», ha detto Tonina. «Con la nomina del commissario alla siccità Nicola Dell’Acqua pensavano che tutto potesse essere deciso da lui. Ma non funziona così: qui decidiamo noi».

La provincia autonoma di Trento dice di essere contraria perché il lago artificiale avrebbe un impatto ambientale significativo sulla valle in una zona dove c’è un alto rischio idrogeologico per via delle frane. Da un punto di vista formale, inoltre, siccome il lago ricadrebbe per la maggior parte sul territorio della provincia di Trento servirebbe un accordo: senza l’assenso del Trentino, insomma, il Veneto rischia di buttare i soldi della progettazione.

L’accordo è difficile anche perché diversi sindaci, comitati e associazioni trentine si oppongono alla diga da anni, in alcuni casi da decenni. La comunità di Primiero, che riunisce i comuni trentini, si è detta contraria dopo aver ascoltato la posizione del comune di Canal San Bovo in merito ai rischio idrogeologico. Il comune ha spiegato che il progetto proposto negli anni Cinquanta del secolo scorso era stato accantonato proprio per la scarsa stabilità dei versanti della valle. «Erano gli anni in cui costruirono il Vajont, ma non questa diga qui», ha detto il presidente della comunità di Primiero, Roberto Pradel: un modo per dire che c’erano dubbi sulla sua realizzazione anche in un’epoca in cui le premure di chi proponeva i progetti erano scarse.

Il comitato “per la difesa del torrente Vanoi e delle acque dolci” venne fondato nel 1998 e dopo la proposta del Veneto è tornato a combattere contro il progetto. Si sono schierati contro anche l’associazione dei pescatori della Val Cortella e Italia Nostra, secondo cui il Veneto dovrebbe scegliere una strategia diversa per custodire meglio l’acqua, una migliore manutenzione della rete idrica, dei fiumi e dei canali oltre che incentivi per favorire il passaggio a coltivazioni che hanno bisogno di meno acqua.

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