Cosa è rimasto del “caso Bibbiano”

Per i presunti abusi nel processo di affidamento di minori nel comune emiliano ci sono ancora diciassette persone a processo

Una manifestazione dei partiti di destra dopo gli arresti avvenuti a Bibbiano nel 2019 (Ansa)
Una manifestazione dei partiti di destra dopo gli arresti avvenuti a Bibbiano nel 2019 (Ansa)
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Dopo l’assoluzione nel processo d’appello dello psicoterapeuta Claudio Foti, che nel novembre del 2021 era stato condannato in primo grado a quattro anni per lesioni gravissime e abuso d’ufficio, si è tornati a parlare sui giornali del cosiddetto “caso Bibbiano”. Foti, che è stato giudicato secondo il rito abbreviato, era stato condannato al termine del processo seguito all’inchiesta che riguardava presunti casi di abusi nel processo di affidamento dei minori nel comune emiliano di Bibbiano, in provincia di Reggio Emilia. L’inchiesta era denominata “Angeli e Demoni”: secondo i difensori di Foti già dal nome si intuiva la tendenza a indicare le persone accusate come colpevoli, “demoni”.

Foti è stato assolto per non aver commesso il fatto, in merito all’abuso d’ufficio, e perché il fatto non sussiste riguardo alle presunte lesioni volontarie che secondo l’accusa erano state inflitte a una ragazza per farle affiorare il ricordo di presunti abusi subiti.

Sul Corriere della Sera il procuratore Gaetano Paci, a Reggio Emilia dal 2022 e che quindi ha ereditato l’inchiesta “Angeli e Demoni”, specifica che l’assoluzione per entrambi i reati è in base al secondo comma dell’articolo 530 del codice di procedura penale «che dà la facoltà al giudice di pronunciare sentenza di assoluzione quando, pur ritenendo sussistente la prova dei fatti, questa non è ritenuta completa o univoca». Ha anche aggiunto, però, che «tutti i fascicoli, salvo uno, istruiti a carico dei genitori e usati come presupposto per l’affidamento dei minori sono stati archiviati: ciò dimostra la correttezza delle indagini e la genuinità dei dati probatori acquisiti nell’inchiesta».

Il comma citato da Paci nella sua interezza dice:

Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.

I giornali hanno ricordato che per il caso ci sono 17 imputati che hanno scelto il rito ordinario, tra cui il sindaco di Bibbiano. Il processo è tuttora in corso a Reggio Emilia. Allo stesso modo va ricordato che l’altra persona che aveva scelto il rito abbreviato, l’assistente sociale Beatrice Benati, era già stata assolta in primo grado. Ma per capire cosa resta del “caso Bibbiano” rispetto al gran clamore mediatico che aveva suscitato qualche anno fa bisogna ripercorrere dall’inizio la vicenda e la relativa inchiesta.

Bibbiano è un centro con poco più di 10mila abitanti a 15 chilometri da Reggio Emilia. Il 26 giugno del 2019 24 persone furono iscritte nel registro degli indagati e 16 di loro, tra cui amministratori, assistenti sociali e psicoterapeuti, furono destinatarie di misure cautelari. Erano sospettate di aver redatto o agevolato relazioni false per allontanare bambini dalle loro famiglie e darli in affido, in alcuni casi, ad amici e conoscenti. Secondo la procura di Reggio Emilia le false relazioni erano state compilate dopo sedute di psicoterapia che avevano suggestionato i minori, alterando i loro ricordi tanto da indurli, in alcuni casi, ad accusare ingiustamente i genitori di molestie sessuali.

Claudio Foti, responsabile della onlus Hansel e Gretel di Moncalieri, in provincia di Torino, fu messo agli arresti domiciliari. Furono decisi gli arresti domiciliari anche per Andrea Carletti, sindaco di Bibbiano del Partito Democratico, a cui in seguito vennero revocati.

​​L’inchiesta era stata avviata nell’estate del 2018 quando alla procura di Reggio Emilia venne notato un aumento significativo e considerato anomalo di segnalazioni di abusi sessuali su minori avvenuto nei due anni precedenti. Le indagini riguardarono in particolare il Servizio sociale dell’Unione dei comuni della Val D’Enza, e la procura autorizzò la polizia giudiziaria a intercettare le sedute con i minori.

Le sedute di psicoterapia avvenivano in seguito alle rivelazioni dei bambini agli insegnanti, a familiari o ad altre persone. Il giudice per le indagini preliminari (gip) di Reggio Emilia nell’ordinanza degli arresti definì quelle rivelazioni «elementi anche labili di abusi sessuali». A quel punto, sempre secondo quanto riportò il gip, furono richiesti provvedimenti di allontanamento in via d’urgenza, fatte segnalazioni alla procura della Repubblica di Reggio Emilia e al tribunale per i minorenni, e avviate una serie di relazioni che avevano in comune, sempre secondo il giudice, la «tendenziosa rappresentazione dei fatti» oppure la «omissione di circostanze rilevanti».

L’inchiesta si basava su due ipotesi di reato. In primo luogo la procura voleva verificare le modalità di assegnazione da parte del comune di Bibbiano dell’incarico per svolgere sedute di psicoterapia, convegni, corsi di formazione alla comunità Hansel e Gretel. In sostanza si voleva accertare se ci fosse stato un uso improprio dei fondi pubblici. Dall’altra parte l’indagine si concentrò sulle sedute di psicoterapia dei bambini e sui metodi utilizzati per verificare gli eventuali abusi.

Secondo le accuse della procura, l’indagine aveva fatto emergere un meccanismo che portava all’allontanamento non giustificato dei bambini dalle loro famiglie.

Dopo la segnalazione ai servizi sociali i bambini vennero inviati presso la struttura pubblica La Cura, gestita dalla Hansel e Gretel, diretta da Foti. Qui i bambini erano sottoposti a sedute pagate dai comuni della Val d’Enza fino a 130 euro l’una. Secondo il gip durante le sedute avvennero «significative induzioni, suggestioni, contaminazioni».

Le presunte lesioni riguardavano il caso di una ragazza che la Hansel e Gretel ebbe in cura tra il 2016 e il 2017. Secondo la procura le sedute sarebbero state condotte con modalità suggestive, generando nella ragazza, che era minorenne, «la convinzione di essere stata abusata dal padre e dal suo socio». Questo aveva causato in lei «disturbi depressivi». Secondo l’accusa Foti e i suoi collaboratori le avevano generato la convinzione di aver subito abusi sessuali dal padre, utilizzando su di lei la tecnica EMDR «in totale violazione dei protocolli di riferimento».

L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) manda ai pazienti stimoli acustici e tattili, attraverso un apparecchio chiamato NeuroTek. Analizza quindi i movimenti oculari destra-sinistra, gli stessi che facciamo durante la fase REM del sonno. Il metodo adottato da Foti non è considerato valido dalla Carta di Noto, un documento che dà le linee guida da seguire e mettere in pratica per chi lavora con minori presunte vittime di abuso. Foti ha sempre contestato la carta di Noto chiamandola «Vangelo apocrifo».

In un altro caso, sempre secondo la procura, sarebbe stato falsificato un atto pubblico manipolando una relazione su una presunta violenza sessuale subita: al disegno fatto da una bambina in cui ritraeva se stessa accanto all’ex compagno della madre vennero aggiunte le mani che dal corpo dell’uomo arrivano all’area genitale della minore. Lo specialista grafologo che esaminò il disegno non ebbe dubbi sul fatto che si trattasse di un falso. Secondo il gip questa modifica fu fatta dalla psicologa della ASL che seguiva la bambina, per avvalorare l’esistenza di abusi sessuali compiuti dall’ex compagno della madre.

Dopo gli arresti i leader dei partiti di destra, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, andarono a Bibbiano accusando il PD di essere responsabile di queste accuse. L’inchiesta venne usata di fatto per scopi politici, per attaccare la giunta di centrosinistra della regione guidata da Stefano Bonaccini. A Lega e Fratelli d’Italia si unì anche il Movimento 5 Stelle. Il PD veniva definito il “partito di Bibbiano” e ci fu una campagna di manifesti su cui era scritto «Parlateci di Bibbiano». Meloni si fece fotografare davanti al cartello che indicava l’ingresso di Bibbiano, reggendo un foglio su cui era scritto: «Siamo stati primi ad arrivare. Saremo gli ultimi ad andarcene!». Luigi Di Maio, leader allora del M5S, disse che non si sarebbe mai alleato «con il partito di Bibbiano».

L’inchiesta “Angeli e Demoni” entrò anche nella campagna elettorale per le amministrative del gennaio del 2020. Lo stesso Claudio Foti in un’intervista su La Stampa ha ricordato così quel periodo: «Durante la campagna elettorale Matteo Salvini venne a Bibbiano a tenere un comizio, mostrava l’immagine di un bambino portato via dalla famiglia. Era falsa. Ancora una volta menzogne che suscitano indignazione: voleva essere un attacco mortale a un gruppo sociale». Il centrosinistra vinse le elezioni in Emilia-Romagna e Stefano Bonaccini venne riconfermato alla presidenza della Regione.

All’uscita del tribunale l’avvocato di Foti, Luca Bauccio, ha detto: «Il mio assistito è stato riscattato di quattro anni di umiliazione e persecuzioni come uomo e come psicoterapeuta. Questa vicenda è stata utilizzata per una campagna strumentale, da parte di politici profondamente in malafede. Con oggi muore la leggenda di Bibbiano e rinasce la verità di una comunità di professionisti che hanno voluto perseguire solo la protezione del minore». La procuratrice reggente Lucia Musti ha detto che «si leggeranno le motivazioni della sentenza e all’esito si valuterà se sussistono spazi per un ricorso in Cassazione».

Nell’intervista alla Stampa Foti ha detto: «In questi anni è stata criminalizzata la psicoterapia del trauma, è stata accreditata la narrazione dei bambini rubati alle loro famiglie per essere dati in pasto a coppie omosessuali. Una poltiglia di menzogne, cultura razzista, speculazione politica. Tanti innocenti hanno pagato pesantemente questa caccia alle streghe. Questa giornata impone delle profonde riflessioni politiche e istituzionali».