Tre quarti dei film muti di Hollywood sono andati perduti

Dei quasi 11mila girati negli Stati Uniti prima dell'arrivo del sonoro pochissimi ci sono arrivati completi

Edna Tichenor, Marceline Day e Lon Chaney nel film del 1927 "Il fantasma del castello" (IMDb)
Edna Tichenor, Marceline Day e Lon Chaney nel film del 1927 "Il fantasma del castello" (IMDb)
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Il cinema muto ebbe il suo periodo di massima popolarità tra gli anni Dieci e la fine degli anni Venti del Novecento, quando i film senza sonoro, accompagnati spesso dalla musica dal vivo, cominciarono a essere sostituiti da quelli con suoni e dialoghi integrati. È stato calcolato che tra il 1912 e il 1929 negli Stati Uniti, paese in cui l’industria cinematografica era già allora la più prolifica, furono girati in totale 10.919 film muti, eppure oggi i tre quarti di questi sono andati perduti. Dipende da com’erano fatte le prime pellicole, che erano estremamente delicate, ma anche dal fatto che per molto tempo il cinema non sia stato considerato una forma d’arte da tutelare.

Fu negli Stati Uniti, e in particolare a Hollywood, la città fuori Los Angeles dove a partire dagli anni Dieci si era stabilita l’industria cinematografica, che tra fine Ottocento e inizio Novecento vennero girati più film muti: circa il 35 per cento del totale, seguiti da quelli prodotti in Regno Unito, Francia, Germania e Italia, dove ne furono girati circa 1.000, tra corti e lungometraggi. Nel 1915 per esempio uscì Nascita di una nazione (The Birth of a Nation), un celebre film diretto da David Wark Griffith, uno dei più importanti film dei primi decenni del cinema, in seguito estesamente studiato anche per la sua forte componente razzista. Solo nel 1917 i film usciti negli Stati Uniti furono quasi mille, e si stima che a metà anni Venti il cinema fosse un passatempo così popolare da realizzare in media 46 milioni di ingressi alla settimana in tutto il paese, che all’epoca aveva circa 116 milioni di abitanti.

Un’analisi svolta nel 2013 dalla Biblioteca del Congresso statunitense ha concluso che tuttavia poco più di un quarto dei film muti girati negli Stati Uniti (2.750) sia arrivato fino ai giorni nostri in forma completa, in lingua straniera o in una versione di bassa qualità. Altri 562 sono disponibili, ma incompleti: ne mancano una o più bobine o ne sono conservati solo certi fotogrammi. Si presume che tutti gli altri, circa il 70 per cento, siano andati completamente perduti, probabilmente già nei primi anni seguenti alla loro uscita: distrutti, smarriti oppure archiviati male o nascosti da qualche parte.

Molti sono film oggi sconosciuti o conosciuti solo dagli studiosi, ma anche tra quelli perduti ce ne sono diversi di grande importanza per la storia del cinema. Tra quelli di cui non si ha più nemmeno una copia ci sono per esempio La danzatrice degli dei (1927), candidato ai primi Oscar del 1929 per la miglior fotografia, Il fantasma del castello (1927), un horror di Tod Browning, il regista di Dracula e Freaks, e La figlia degli dei, che fece scandalo per via di quella che è ritenuta la prima scena di nudo al cinema di un’attrice famosa, l’australiana Annette Kellerman. Mancano anche la prima produzione di Cleopatra (1917), il primo adattamento cinematografico del famoso romanzo di Francis Scott Fitzgerald Il Grande Gatsby (1926) e L’aquila della montagna (1926), il secondo film del noto regista britannico Alfred Hitchcock, di cui sono disponibili alcune fotografie.

Del film del 1928 La donna divina, con Greta Garbo, una delle attrici più note della storia del cinema, resta solo una bobina.

La locandina del film “La danzatrice degli dei” (Wikimedia Commons, dominio pubblico)

Il fatto che così tanti film non siano stati conservati fino a oggi non dipende dal loro successo commerciale, né da quanto fossero stati apprezzati dalla critica.

Una delle ragioni principali è che in quel periodo ne circolavano poche copie. Oggi è normale che i film escano in tantissime sale in contemporanea, e che quindi se ne producano molte copie: nei primi anni del Novecento invece i film venivano prima proiettati nei cinema più importanti delle città, e poi le stesse copie venivano usate nelle periferie e infine nelle aree rurali, dove arrivavano anche a mesi di distanza. Da un lato questo sistema permetteva di mantenere alto l’interesse per un film in tutto il paese, ma dall’altro aumentava le probabilità che le poche copie a disposizione venissero perse o distrutte.

Uno degli altri motivi è legato al tipo di pellicola impiegato, che bisognava maneggiare e conservare con grande cautela. All’inizio infatti si utilizzavano lunghi nastri di nitrocellulosa, che erano trasparenti e flessibili, e quindi ideali per essere usati nei proiettori: il problema è che il contatto prolungato con l’aria rischiava di corrodere e far sgretolare le bobine di questo materiale, che oltretutto era altamente infiammabile (non si usa più da tempo). Capitò in varie occasioni che queste pellicole prendessero fuoco surriscaldandosi mentre passavano in un proiettore. Altri film si disintegrarono e altri ancora vennero distrutti a causa di alcuni incendi provocati dalle temperature molto elevate o da un corto circuito, come nel caso di quello a un magazzino della casa cinematografica Metro-Goldwyn-Mayer nel 1965 in California.

Degli oltre 40 film muti girati tra il 1914 e il 1926 dall’attrice Theda Bara, considerata tra le prime “sex symbol” del cinema americano, quasi tutti andarono persi: la maggior parte proprio a causa di un incendio nel luglio del 1937 ai magazzini della 20th Century Fox, dove erano conservati.

Una fotografia del film “L’aquila della montagna” di Alfred Hitchcock (Wikimedia Commons, dominio pubblico)

Come raccontano il celebre Viale del tramonto (1950), The Artist (miglior film agli Oscar del 2012) o più di recente Babylon di Damien Chazelle, l’avvento del sonoro fu una rivoluzione per il cinema: attrici e attori che un tempo erano stati famosi e influenti per i film muti in cui avevano recitato persero fama e rilevanza, e a poco a poco si cominciò a pensare al cinema come a una forma d’arte paragonabile a musica, arte o letteratura. Fino a quel momento però i film senza sonoro non erano considerati particolarmente importanti, ma solo fenomeni temporanei di intrattenimento, che volevano attirare il pubblico, farlo divertire e mostrare qualcosa, più che raccontarlo. Ci volle insomma molto tempo prima che si cominciasse a pensare ai film come a opere di valore, da tutelare e conservare.

Quando qualcuno propose di conservare i primi film nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti o in una raccolta nazionale, a fine Ottocento, fu più che altro per ragioni di diritti e per impedire che venissero copiati, e non per il loro valore storico o artistico. In ogni caso, ci si riferiva perlopiù a riprese di eventi speciali o personaggi famosi. La Film Library fu la prima istituzione a cominciare a raccogliere film nazionali e internazionali negli Stati Uniti, nel 1935, e nei decenni successivi varie case cinematografiche cominciarono ad avviare programmi per tutelare quelli nei loro archivi. Anche se fu più che altro un’eccezione, alcuni musei e archivi statunitensi comunque acquistarono subito le pellicole di certi film considerati particolarmente notevoli.

Negli ultimi tempi gli enti e i programmi che si stanno occupando di trovare, raccogliere e restaurare i film più antichi sono aumentati. Lo Smithsonian Magazine sottolinea l’importanza di continuare a cercare quelli che si presume siano andati persi, perché potrebbero offrire elementi fondamentali per capire meglio la società dell’epoca o per esempio ricostruire l’evoluzione di una città, i dettagli di alcuni indumenti o il modo in cui venivano percepiti certi atteggiamenti e certi eventi.

Nel 2010 l’archivio cinematografico russo Gosfilmofond ha restituito alla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti le pellicole di dieci film muti statunitensi che erano considerati perduti e si ritiene fossero stati conservati in Russia per oltre 80 anni: tra questi, il western The Call of the Canyon, girato nel 1923 dal regista Victor Fleming, e L’arabo, film del 1924 prodotto dalla MGM. Diplomatic Henry, un cortometraggio muto del 1915, fu ritrovato per caso nel 2017 dal regista e sceneggiatore Christopher Bird mentre rovistava nella collezione di un suo amico: era conservato assieme ad altri film in un cestino della spazzatura nel suo giardino per evitare che in estate potesse incendiarsi a causa delle alte temperature. Il film cominciò a essere restaurato all’Università della Southern California e fu presentato l’anno seguente alle Giornate del cinema muto a Pordenone.

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