Da anni i governi esagerano le stime sugli arrivi dei migranti

Citano rapporti dei servizi d’intelligence che parlano di 400, 600, 900mila imminenti arrivi, che poi non si materializzano mai

Un barchino nel porto di Lampedusa nell'agosto 2022. (ANSA/ CONCETTA RIZZO)
Un barchino nel porto di Lampedusa nell'agosto 2022. (ANSA/ CONCETTA RIZZO)
Caricamento player

Negli ultimi mesi l’immigrazione è tornata a essere un tema centrale della politica italiana, trattato quasi sempre con toni relativi a un’imminente emergenza. Il governo di Giorgia Meloni ha riportato gli sbarchi di migranti al centro del dibattito, complice anche un effettivo aumento dei numeri: nei primi tre mesi e mezzo del 2023 (fino al 15 aprile), gli arrivi di migranti in Italia sono stati 33.480, con una notevole crescita rispetto agli ultimi due anni, quando nello stesso periodo erano stati circa 8.500.

A questi numeri, reali ma tutto sommato contenuti e gestibili, si accompagnano però spesso allarmi con cifre molto superiori e con pochi riscontri nei fatti, riportati dai giornali e da vari rappresentanti del governo e della maggioranza di destra. In queste settimane i migranti «pronti a sbarcare in Italia» sono stati indicati come 400.000, 600.000, 900.000, di volta in volta. Le fonti indicate nelle varie dichiarazioni sono quasi sempre relazioni di intelligence, cioè rapporti dei servizi segreti, non accessibili al pubblico.

Non è una tendenza del tutto nuova, anche se in queste settimane si è intensificata: negli ultimi dieci anni dichiarazioni allarmate simili si sono ripetuti più volte, e sono arrivate anche a stimare in uno o due milioni gli imminenti arrivi sulle coste italiane. In tutti i casi si sono rivelate ingiustificate, con cifre decisamente fuori scala. L’anno in cui si sono verificati maggiori sbarchi in Italia è stato il 2016: i migranti arrivati sono stati 181.436, scesi già un anno dopo a 119.000 circa.

Nonostante questa evidenza, facilmente verificabile utilizzando i dati ufficiali, la minaccia di un’emergenza migratoria è ricorrente, e viene talvolta connotata con il termine scorretto di “invasione”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dato una lunga intervista al Foglio, uscita nell’edizione di venerdì. L’immigrazione è il primo tema trattato nell’intervista, e Meloni descrive così la situazione:

Il problema della frontiera sud non è solo dell’Italia, ma dell’intera Europa. La situazione in Tunisia mi preoccupa ogni giorno che passa, ha bisogno di una risposta urgente, i servizi ci dicono che una potenziale ondata di 900 mila persone si prepara a sbarcare sulle coste dell’Europa.

I 900.000 citati da Meloni seguono i 400.000 citati da alcuni funzionari del ministero dell’Interno a fine ottobre, basandosi sempre su indicazioni provenienti da un rapporto dei servizi segreti e gli oltre 600.000 del penultimo allarme, quello di metà marzo. Allora fu la deputata della Lega Simonetta Matone a indicare quella cifra, per i soli migranti pronti a partire dalla Libia, sempre citando «fonti della nostra intelligence».

Un gruppo di migranti sbarcati a Lampedusa a marzo (ANSA / Concetta Rizzo)

La questione ha molti precedenti: nel 2011 il ministro dell’Interno Roberto Maroni, della Lega, parlò di «due milioni di migranti in arrivo». Nel 2015 fu Frontex, la controversa Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, a quantificare in 500.000-1 milione i possibili arrivi. Allarmi simili sono poi stati ripetuti dai vari governi che si sono succeduti negli ultimi anni, come il primo presieduto da Giuseppe Conte, con Matteo Salvini come ministro dell’Interno, così come il secondo, con Luciana Lamorgese al Viminale. La minaccia di una presunta invasione è stata utilizzata nel 2019 anche da Fayez al Sarraj, primo ministro del governo di unità nazionale libico (che però controllava solo parte del paese): parlò di 800.000 migranti pronti ad arrivare in Italia.

– Leggi anche: Perché sono aumentati gli arrivi di migranti in Italia

Eppure gli sbarchi in Italia, negli ultimi dieci anni, non hanno mai superato i 181.000 del 2016: solo altre quattro volte (2014, 2015, 2017, 2022) hanno superato quota 100.000 e l’anno scorso sono stati appunto 105.000. In tutte le altre annate i numeri sono molto inferiori, sotto i 40.000 dal 2018 al 2020 (nell’ultimo caso ha influito anche la pandemia). Sono cifre lontanissime dagli allarmi riportati dai giornali, spesso acriticamente.

Perché allora i rapporti dei servizi segreti, almeno come vengono riportati da organi ufficiali e giornali (soprattutto quelli di approccio conservatore), indicano numeri così distanti da quelli reali? Non esiste una risposta totalmente esauriente e sicura, ma si possono indicare due tendenze che perlomeno contribuiscono a questo genere di comunicazione allarmistica.

La prima è una volontà di mantenere alte l’attenzione e la tensione, garantendo in questo modo la centralità della questione nel dibattito politico che altrimenti non sempre sarebbe giustificata dai numeri reali. Il tema dell’immigrazione e la paura di una “invasione” da parte di cittadini stranieri di culture differenti è molto sentito in gran parte dell’elettorato di destra: sovradimensionare il fenomeno contribuisce a giustificare misure molto rigide e permette di presentare i numeri reali come successi. Se l’ipotesi suggerita è che arriveranno 900.000 migranti, quando a fine anno gli sbarchi saranno stati 100.000-150.000 l’effetto dei numeri reali sarà positivo.

Secondo alcuni addetti ai lavori anche ai servizi di intelligence conviene alimentare la narrazione dell’invasione, che legittima una gestione dell’immigrazione esclusivamente improntata sulla sicurezza: quindi gestita da funzionari dell’intelligence e da quelli del ministero dell’Interno, fra cui esiste da sempre una certa vicinanza.

Più semplicemente spesso, soprattutto nelle redazioni dei giornali, c’è anche un errore di interpretazione dei numeri: i dati citati di “migranti pronti a partire” ora in Libia, ora in Algeria, coincidono spesso con quelli dei migranti effettivamente presenti nei paesi.

I rapporti dei servizi effettivamente indicavano a marzo la presenza di 600.000 migranti in Libia e ora di 900.000 in Tunisia. Molti di quei migranti, però, non sono intenzionati a partire per l’Europa. Come ha spiegato in una recente intervista a Repubblica Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), che è un’agenzia dell’ONU, la Libia è la destinazione finale di molte persone provenienti soprattutto da Niger, Egitto e Sudan. Un discorso simile si può applicare alla Tunisia, dove soltanto la recente campagna xenofoba del presidente Kais Saied ha spinto molti migranti già presenti nel paese ad andarsene. I numeri dei migranti presenti in quei paesi, quindi, non corrispondono a quelli di chi decide di intraprendere un difficile e rischiosissimo viaggio via mare verso l’Italia e l’Europa.