I licenziamenti di Google e delle altre aziende tecnologiche in Italia e in Europa

Rispetto agli Stati Uniti le leggi europee non consentono i licenziamenti di massa: le aziende americane di tecnologia ne stanno parlando con i sindacati

di Mariasole Lisciandro

(Mason Trinca/Getty Images)
(Mason Trinca/Getty Images)
Caricamento player

Negli ultimi mesi numerose aziende tecnologiche statunitensi hanno annunciato il licenziamento di migliaia di dipendenti per ridurre i costi, dopo che una crisi generalizzata ha colpito tutto il settore lo scorso anno. Queste decisioni tuttavia stanno avendo conseguenze molto diverse negli Stati Uniti da una parte e in Europa e in Italia dall’altra. In Italia, la sede locale di Google sta negoziando con i sindacati una riduzione del personale, attraverso un piano di incentivi alle dimissioni volontarie, come ha già fatto la filiale italiana di Meta, la società che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp, e come sembra iniziare a fare quella di Microsoft.

A livello globale, gli annunci di licenziamenti di massa hanno riguardato decine di migliaia di persone in pochi mesi. Meta ha annunciato oltre 20 mila licenziamenti a livello globale, Alphabet, la società che controlla Google, licenzierà 12 mila dipendenti, Microsoft 10 mila e Amazon circa 18 mila.

Negli Stati Uniti migliaia di dipendenti di queste aziende sono già stati licenziati perché le leggi sul lavoro prevedono una sostanziale libertà delle aziende di licenziare i propri dipendenti. Ma questo non è possibile per gli esuberi previsti dalle aziende in Europa e in Italia, dove sono necessarie prima consultazioni con i sindacati, con i rappresentanti dei lavoratori e talvolta anche con i ministeri preposti in caso di crisi aziendali. E non è neanche detto che alla fine le aziende riescano a licenziare, e questo sta lasciando in una situazione molto incerta migliaia di dipendenti del settore in Europa.

Tra Unione Europea e Regno Unito sono quasi 200 mila i dipendenti di Meta, Amazon, Google e Microsoft. Rispetto ai loro omologhi statunitensi, in media, i dipendenti europei delle aziende tecnologiche sono pagati meno, ma possono vantare più tutele.

Nel caso di Google, sui 12 mila esuberi annunciati a gennaio (circa il 6 per cento della forza lavoro complessiva), 7 mila licenziamenti sono già stati fatti o programmati negli Stati Uniti e il resto deve essere diviso tra le altri filiali in giro per il mondo. Alcuni dipendenti di Google Italia che hanno chiesto di rimanere anonimi raccontano che dal momento dell’annuncio si è creato un clima molto teso e di confusione, perché l’azienda doveva rispettare le diverse norme sul lavoro in vigore in ogni paese: dove le norme sui licenziamenti sono più lasche, come negli Stati Uniti e in Israele, sono già state mandate delle mail di licenziamento con decorrenze anche brevi, di una o due settimane da cui partiva l’effettivo licenziamento; altrove le cose sono più complesse.

In Francia, in Germania e in Italia – dove le norme sul lavoro sono tra le più tutelanti dell’Unione Europea – Google sta negoziando con i sindacati e con le rappresentanze sindacali aziendali delle sue filiali – ossia gruppi di dipendenti eletti tra i colleghi per negoziare con il management sulle questioni relative alla forza lavoro (in Italia si chiamano RSU, ossia rappresentanze sindacali unitarie). In questi paesi per legge le aziende sono tenute a contrattare con loro prima di attuare i licenziamenti, un processo a volte lungo che include raccolta di informazioni, negoziati e possibilità di ricorso.

Proprio per evitare di andare troppo per le lunghe, in alcuni paesi europei sono in negoziazione o sono già stati avviati piani di riduzione del personale attraverso dimissioni volontarie da parte dei dipendenti, a cui sono offerti incentivi come mensilità pagate in anticipo o bonus. In un articolo recente, Bloomberg ha raccontato che questi incentivi alle dimissioni volontarie sono stati offerti da numerose aziende tecnologiche sia in Francia sia in Germania e che la Francia, per esempio, è stata il primo paese europeo in cui i sindacati hanno annunciato di aver raggiunto con Google un accordo per un piano di riduzione del personale su base volontaria.

Sta succedendo qualcosa di simile anche in Italia, dove i piani di esubero concordati con i sindacati – e limitati ad alcune decine di persone – sono già stati annunciati in varie forme da Meta, Microsoft e altri.

Google Italia non ha ancora fatto annunci ufficiali, ma i dipendenti dell’azienda raccontano che anche nella filiale locale è in corso una negoziazione per un piano di dimissioni volontarie per ridurre il personale. Uno di loro spiega: «I numeri non si sanno. Se si dovesse rispettare la quota di esuberi annunciata dall’azienda, si tratterebbe del 6 per cento di circa 450 dipendenti, una trentina di persone». La negoziazione tra i sindacati e l’azienda sembra ancora in corso: «Sono arrivate pochissime comunicazioni ufficiali e ancora non si sa quali saranno le condizioni offerte. La domanda principale che si fa la gente che vorrebbe andarsene riguarda come saranno trattate le azioni che sono state date ai dipendenti».

Il Post ha contattato Google Italia e l’azienda ha detto di aver informato i dipendenti che procederanno con un piano di dimissioni volontarie.

Sta succedendo invece il contrario nel Regno Unito, dove la normativa sul lavoro è meno rigida e più simile a quella degli Stati Uniti: Bloomberg stima che saranno licenziati circa 500 su 8 mila dipendenti di Google nel paese, poco più del 6 per cento, coerente con la dimensione degli esuberi individuata a livello globale. Lo stesso sta accadendo a Dublino, dove sono programmati 240 licenziamenti, secondo i sindacati, e a Zurigo, dove se ne prevedono circa 200.

I dipendenti di Google Italia raccontano poi che questa diversità di trattamento è stata percepita come piuttosto ingiusta. In alcuni paesi i dipendenti sono stati licenziati in tronco e in altri l’azienda offre incentivi e bonus perché si dimettano. Una di loro spiega: «da un lato c’è stato un sentimento di nervosismo nei confronti della legislazione lavorativa del proprio paese e dall’altro la percezione che ci siano dipendenti di serie A o di serie B a seconda di dove ti trovi. Da un lato si dice “maledetta la mia nazione che non mi tutela” e dall’altro “non siamo veramente uguali”».

– Leggi anche: Perché il settore tecnologico è nei guai