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  • Lunedì 3 aprile 2023

Nellie Bly e l’inizio del giornalismo sotto copertura

Da molti considerata la prima in questo campo, è ricordata tra le altre cose per essersi fatta ricoverare in un ospedale psichiatrico

Nellie Bly in una foto del 1890 circa (Wikimedia Commons, dominio pubblico)
Nellie Bly in una foto del 1890 circa (Wikimedia Commons, dominio pubblico)
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Quando migliaia di suffragiste marciarono a Washington DC nel marzo del 1913 per rivendicare il diritto di voto e denunciare l’esclusione delle donne dalla politica, Nellie Bly fu una delle poche giornaliste a documentarlo dal vivo. All’epoca Bly era una corrispondente del New York Evening Journal ed era già da tempo una delle giornaliste americane più conosciute. Fu una delle prime a fare inchieste sotto copertura negli Stati Uniti e oggi è considerata tra i pionieri del giornalismo investigativo.

Divenne famosa a venticinque anni per il racconto del viaggio attorno al mondo che fece ispirandosi al celebre romanzo di Jules Verne. Ma fu soprattutto apprezzata – e in qualche caso osteggiata – per il suo interesse per temi come la povertà, la corruzione e la condizione delle donne, e per aver condotto inchieste senza precedenti, come quella in cui si finse malata per intrufolarsi in un ospedale psichiatrico di New York.

Il vero nome di Nellie Bly era Elizabeth Jane Cochran. Nacque il 5 maggio del 1864 in un piccolo centro abitato della Pennsylvania fondato dal padre, di cui era una dei quindici figli, la terza dei cinque avuti con Mary Jane Kennedy, la sua seconda moglie. Il padre morì quando lei aveva sei anni, lasciando la famiglia alle prese con i problemi economici dovuti alla spartizione dell’eredità. Elizabeth si trasferì a Pittsburgh con la madre, che si risposò e poi divorziò a causa degli abusi subiti dal nuovo marito. A quindici anni, mentre studiava per diventare maestra, dovette interrompere gli studi per mantenere la famiglia con lavoretti saltuari.

Le cose cambiarono nel 1885, quando poco più che ventenne scrisse una lettera al Pittsburgh Dispatch – uno dei principali quotidiani della sua città – per protestare contro un articolo di opinione il cui autore criticava le ragazze che volevano studiare e lavorare, e sosteneva che il loro compito fosse quello di dedicarsi alle faccende domestiche. La sua lettera incuriosì il direttore del giornale, che le chiese di rivelare la sua identità e le offrì un lavoro come inviata. Le suggerì però di usare uno pseudonimo, come facevano all’epoca le poche donne che si dedicavano a questa professione: lei scelse Nellie Bly ispirandosi a una canzone popolare che aveva per protagonista una serva.

Bly cominciò subito a occuparsi dei diritti delle donne, scrivendo per esempio di questioni legate al matrimonio e al divorzio, e poi si dedicò a una serie di articoli sulla vita delle famiglie povere e delle persone immigrate a Pittsburgh. Questo genere di articoli infastidì gli inserzionisti del Pittsburgh Dispatch, che minacciarono di ritirare le proprie pubblicità, e lei fu costretta a occuparsi di temi più frivoli, come il giardinaggio. Poco dopo però Bly convinse il direttore a mandarla come corrispondente in Messico, dove restò per alcuni mesi documentando varie storie di povertà e corruzione sotto il governo del dittatore Porfirio Díaz. Finì per essere espulsa dal paese e dopo essere rientrata negli Stati Uniti si trasferì a New York, nella speranza di trovare maggiori opportunità.

Qui riuscì a presentarsi al noto editore Joseph Pulitzer, che pochi anni prima aveva comprato il New York World e l’aveva trasformato in uno dei giornali più influenti degli Stati Uniti puntando su uno stile sensazionalistico. Ispirata da alcune dicerie che aveva sentito, Bly propose a Pulitzer di occuparsi dei presunti abusi subiti dalle pazienti dell’ospedale psichiatrico femminile di Blackwell’s Island. Per farlo riuscì a farcisi ricoverare per dieci giorni, fingendo di avere disturbi psichiatrici. Ne uscì un’inchiesta che mostrava la gravissima situazione in cui erano costrette a vivere le pazienti, intitolata “Ten days in a mad-house” (Dieci giorni in un manicomio), che uscì a puntate sul New York World nell’ottobre del 1887 e successivamente in un libro.

Un’illustrazione del “giro del mondo” di Nellie Bly del 1890 (National Portrait Gallery, Smithsonian Institution, Wikimedia Commons)

Nell’istituto di Blackwell’s Island, oggi Roosevelt Island, erano ricoverate 1600 donne in una struttura pensata solo per mille: molte non soffrivano nemmeno di problemi psichiatrici, ma erano semplicemente persone immigrate che non riuscivano a comunicare con le forze dell’ordine oppure donne emarginate, che erano state portate lì perché vivevano per strada o non riuscivano a mantenersi. I medici erano pochissimi, le lenzuola e i vestiti venivano cambiati una volta al mese e le donne potevano lavarsi solo una volta alla settimana, con acqua gelata: quelle che si lamentavano venivano picchiate, ma in generale abusi e maltrattamenti erano frequenti.

L’inchiesta sull’ospedale rese Bly una delle giornaliste più famose degli Stati Uniti, ma soprattutto portò lo stato di New York ad avviare una riforma degli istituti per la salute mentale, e ad aumentare i fondi destinati alla cura dei loro pazienti.

Oltre a questo, Bly riuscì a portare l’attenzione su varie altre questioni sociali, dai diritti delle donne alle lotte della classe operaia, per svelarne le storture e, a volte, riuscendo a portare dei cambiamenti. Tra le altre cose, finse di essere disposta a pagare per avere un figlio per investigare sulla tratta dei bambini di New York, e si fece arrestare per testimoniare gli abusi subiti dalle donne incarcerate da parte degli agenti di polizia. Ma contribuì anche a individuare vari politici corrotti e a denunciare un’agenzia per il lavoro che truffava le persone immigrate.

– Leggi anche: Il giornalismo di Joseph Pulitzer

Sempre in quegli anni, Bly fece probabilmente l’esperienza più celebre della sua carriera. Il 14 novembre del 1889 partì da New York per un viaggio ispirato a Il giro del mondo in 80 giorni, il celebre romanzo di avventura di Verne pubblicato nel 1872. La sua idea era da un lato quella di provare a capire se fosse possibile battere il record dell’impresa raccontata nel libro, dall’altro dimostrare che un viaggio di quel tipo da soli lo avrebbe potuto fare anche una donna, forse cavandosela meglio degli uomini, che in caso di viaggi lunghi erano abituati a portare con loro molti bagagli.

Prima di partire, infatti, Bly dovette discutere con i suoi superiori del New York World, che avrebbero preferito far tentare l’impresa a un uomo. Alla fine li convinse e completò il giro in 72 giorni, sei ore e undici minuti, con nel bagaglio solo pochi abiti di ricambio e qualche oggetto di prima necessità, oltre naturalmente a carta e penna.

Bly andò in Inghilterra via nave e poi passò per Francia, Italia ed Egitto, spostandosi in treno o con i mezzi a disposizione; attraversò l’Asia, passò da Singapore, Hong Kong e dal Giappone, e poi si imbarcò di nuovo per gli Stati Uniti, arrivando a San Francisco e rientrando infine a New York il 25 gennaio del 1890. Grazie agli aggiornamenti quotidiani sulla sua impresa, pubblicati sul New York World, Bly divenne famosissima, sia negli Stati Uniti che nel resto del mondo: raccontò che ovunque andasse veniva accolta da persone che le facevano grandi feste, e che celebravano con lei il fatto che fosse stata «una ragazza americana» a completare una tale avventura. Aveva 25 anni.

Una mappa del “giro del mondo” sul New York World (Library of Congress, dominio pubblico)

Negli anni successivi Bly continuò a fare inchieste, seguendo per esempio le proteste per i diritti dei lavoratori a Washington e a Chicago, e intervistò alcune persone di rilievo, tra cui attivisti e sindacalisti. A 31 anni, dopo aver sposato Robert Livingston Seaman, un ricco imprenditore dell’industria siderurgica, si ritirò per alcuni anni dal giornalismo. Alla morte di Seaman, nel 1904, Bly diventò presidente delle sue aziende, dove fece costruire ambulatori medici, palestre e biblioteche per le lavoratrici e i lavoratori, una cosa piuttosto unica per l’epoca. Ricominciò tuttavia a dedicarsi al giornalismo dopo alcuni anni, quando la società dovette dichiarare bancarotta.

Nel 1911 tornò a fare la corrispondente per il New York Evening Journal, occupandosi di varie storie di interesse nazionale, e durante la Prima guerra mondiale fu l’unica donna nonché una tra i pochi giornalisti stranieri a visitare il fronte tra Serbia e Austria. Nel 1913 scrisse anche della marcia delle suffragiste (conosciute anche come suffragette, che però oggi è considerato un termine dispregiativo), sostenendo che di lì a pochi anni negli Stati Uniti le donne avrebbero ottenuto il diritto di voto: accadde nel 1920. Morì nel 1922 a 57 anni a causa di complicazioni legate a una polmonite.

La storia di Nellie Bly, che tra le altre cose ispirò il personaggio di Ella Kaye nel romanzo Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, è stata raccontata in decine di libri, saggi, biografie, articoli e anche in una graphic novel. Nel 1998 Bly è stata inserita tra le donne che si sono distinte nei loro campi nella National Women’s Hall of Fame e nel 2019 le è stata dedicata una scultura installata a Roosevelt Island, l’isola dove si trovava l’ospedale psichiatrico in cui condusse la sua famosa inchiesta nel 1887.