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  • Domenica 2 aprile 2023

Il primo anno di Gabriel Boric in Cile

Il presidente più di sinistra della storia del paese aveva promesso una nuova Costituzione e riforme ambiziose, ma per ora è andata un po' diversamente

Gabriel Boric a Santiago, Cile, 19 dicembre 2021 (Marcelo Hernandez/Getty Images)
Gabriel Boric a Santiago, Cile, 19 dicembre 2021 (Marcelo Hernandez/Getty Images)
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Quando nel dicembre del 2021 vinse le elezioni presidenziali in Cile, Gabriel Boric venne definito il leader più progressista e di sinistra della storia del paese dai tempi di Salvador Allende, che morì nel colpo di stato del 1973 con cui il generale Augusto Pinochet prese il potere. Boric venne festeggiato dalle sinistre di mezzo mondo come colui che avrebbe riformato radicalmente la società e la politica cilena, e su di lui si riversarono le ambiziose aspettative di cambiamento di gran parte del paese.

Boric si è insediato l’11 marzo del 2022, ma ha chiuso il primo anno del suo mandato con dei bassissimi indici di popolarità e due grossi fallimenti: la bocciatura della nuova Costituzione che avrebbe dovuto sostituire quella adottata ai tempi della dittatura, e la bocciatura della riforma fiscale che avrebbe dovuto finanziare i suoi ambiziosi programmi sociali. Allo stesso tempo, però, ha ottenuto anche alcuni successi.

L’istituto cileno Cadem ha mostrato che a un anno e due giorni dal suo insediamento, Boric può contare solo sul 35 per cento dei consensi. Prima di lui, i peggiori indici erano stati registrati da Ricardo Lagos (presidente tra il 2000 e il 2006) e da Michelle Bachelet, nel secondo mandato dal 2014 al 2018, entrambi al 45 per cento. Il 70 per cento dei cileni ritiene che Boric non abbia soddisfatto le aspettative create durante la campagna elettorale, e solo il 12 per cento ritiene che abbia sufficiente esperienza per governare; la sua inesperienza e il suo approccio alla questione della criminalità e della sicurezza sono i motivi di maggior preoccupazione dell’elettorato.

Da dove arrivano le grandi aspettative su Boric
Le elezioni in Cile si erano tenute dopo le enormi proteste iniziate nell’ottobre 2019 per l’aumento del biglietto della metropolitana della capitale Santiago, ma nel corso dei mesi erano diventate qualcosa di diverso, con obiettivi assai più ambiziosi. Il movimento nato da quelle proteste aveva portato alla proposta di scrivere una nuova Costituzione che sostituisse quella del 1980 adottata ai tempi della dittatura. Aveva messo in discussione il cosiddetto “modello cileno”, basato su un accentuato neoliberismo, e aveva fatto emergere un nuovo gruppo dirigente a sinistra, giovanissimo, che aveva introdotto nel dibattito politico temi trascurati dai precedenti governi come l’ambientalismo, il femminismo e il rispetto dei diritti umani.

Era stata questa nuova leadership a esprimere Boric, che era diventato il primo presidente cileno a non appartenere a nessuno dei partiti tradizionali che avevano governato il paese dal ritorno della democrazia, nel 1990. Attorno a sé Boric aveva potuto contare su numerosi collaboratori provenienti da diverse esperienze politiche ma accomunati dall’idea che un cambiamento radicale fosse ormai diventato necessario.

Durante la campagna elettorale Boric aveva promesso lo smantellamento almeno parziale del modello neoliberista, la riduzione delle disuguaglianze, un aumento delle tasse ai cosiddetti “super-ricchi” e alle imprese per finanziare le riforme sociali, una radicale riforma del sistema pensionistico privato, l’eliminazione graduale del sistema di assicurazioni sanitarie private. Aveva parlato di ridurre gradualmente la settimana lavorativa da 45 a 40 ore, di aumentare il salario minimo e di introdurre sussidi per giovani e donne. Aveva promesso infine il rafforzamento della scuola pubblica, la cancellazione di tutti i debiti scolastici e una riforma strutturale del corpo dei Carabineros, i principali responsabili della repressione violenta compiuta dalle forze di sicurezza cilene durante le proteste.

Festeggiamenti per la vittoria di Boric, Santiago del Cile, 19 dicembre 2021 (Marcelo Hernandez/Getty Images)

Nei primi mesi dal suo insediamento Boric si era impegnato attivamente nella campagna referendaria a favore dell’approvazione della nuova Costituzione. Ma al referendum che si era tenuto nel settembre del 2022 aveva vinto ampiamente il “no”, per motivi diversi: perché la Costituzione proposta era stata considerata troppo ambiziosa e progressista per un paese tutto sommato conservatore e tradizionalista come il Cile, perché era ritenuta troppo poco concreta nel definire i modi in cui realizzare i cambiamenti promessi, e anche a causa di una estesa campagna di disinformazione della destra. Per la presidenza di Boric, che aveva legato il suo mandato al successo della nuova Costituzione, quel voto aveva rappresentato un enorme fallimento.

Le conseguenze della bocciatura della Costituzione
L’esito del referendum era stato seguito subito da una fase di incertezza politica e da due successivi rimpasti di governo. Nel primo erano stati sostituiti cinque ministri, alcuni dei quali molto vicini a Boric, centrali per la sua elezione ed espressione di quella giovane leadership di sinistra emersa dalle proteste.

Il secondo rimpasto di governo è arrivato pochi giorni fa: tra le sostituzioni più importanti c’è stata quella di Antonia Urrejola al ministero degli Esteri con Alberto van Klaveren, diplomatico di grande esperienza legato ai governi degli ex presidenti Ricardo Lagos e Michelle Bachelet e vicino ai partiti di centrosinistra. Entrambi i rimpasti hanno confermato lo spostamento dell’equilibrio di governo verso un assetto decisamente più moderato, con l’ingresso di alcune figure provenienti dal centrosinistra più tradizionale e che ha guidato il Cile tra il 1990 e il 2010.

Nell’ultimo anno il governo di Boric è stato più volte accusato di inesperienza, come hanno rilevato i sondaggi e come ha concretamente dimostrato quel che è accaduto solo poche settimane fa con la riforma tributaria. Era una delle riforme principali per finanziare il programma sociale con cui Boric era stato eletto, ma l’8 marzo è stata respinta dalla Camera dei deputati, una delle due camere che formano il Congresso nazionale cileno. «Sembra che gli obiettivi di alcuni siano esclusivamente quelli di colpire il governo e impedire cambiamenti», ha commentato Boric dopo la decisione del parlamento.

Diversi analisti ritengono però che Boric stesso abbia commesso «un errore da principiante». Ha portato al Congresso, dove non ha una maggioranza, una riforma per lui politicamente fondamentale e senza prima assicurarsi di avere il sostegno necessario per farla approvare. La riforma non è passata a causa del voto contrario delle opposizioni, ma anche per l’assenza di diversi deputati della sinistra. «Senza maggioranze in parlamento, a volte [Boric e il suo governo] sembrano avere aspettative più alte o più ottimistiche di quanto la realtà stessa suggerisca», ha scritto El País.

I rimpasti di governo decisi da Boric sembrano comunque dimostrare il riconoscimento degli errori fatti e una presa di consapevolezza. Senza una maggioranza al Congresso il presidente sarà costretto sempre a negoziare e a raggiungere accordi con i diversi partiti per cercare di raggiungere i propri obiettivi. L’entrata nel governo di politici esperti e più moderati dovrebbe dare al governo stesso la possibilità di poterli raggiungere e di evitare gli errori piuttosto grossolani commessi finora. Questo significherà anche rendere meno radicali le proprie posizioni e meno ambiziose le proprie riforme.

Il presidente cileno Gabriel Boric (al centro) riceve la bozza della nuova Costituzione del paese, poi bocciata al referendum del 2022. Santiago del Cile, 4 luglio (Marcelo Hernandez/ Getty Images)

Una dimostrazione del ridimensionamento degli obiettivi è il nuovo processo costituente che il presidente ha avviato e nel quale il Congresso, e dunque i partiti, saranno di fatto i protagonisti. La nuova proposta costituzionale, che sarà sottoposta a nuovo referendum alla fine dell’anno, sarà redatta da una commissione di 24 esperti nominata dal Congresso, 12 donne e 12 uomini che riflettono gli equilibri dei vari partiti all’interno del Congresso stesso. Si sono messi al lavoro a inizio gennaio.

Nel frattempo il 7 maggio i cileni eleggeranno i 50 membri che formeranno il Consiglio costituzionale che potrà discutere, modificare e approvare con una maggioranza di tre quinti la bozza elaborata dalla commissione. Le norme approvate saranno infine esaminate da un comitato tecnico di ammissibilità eletto dal Congresso e composto da 14 esperti che dovranno individuare eventuali contraddizioni con le 12 basi costituzionali pre-concordate dai partiti e nelle quali, secondo i deputati più di sinistra, non sono scomparsi i «fantasmi» della Costituzione di Pinochet.

Il nuovo processo con cui sarà scritta la nuova Costituzione è dunque molto lontano da quello acclamato da Boric e che aveva portato alla redazione del testo poi bocciato al referendum. In quel caso la Costituzione era stata scritta senza precondizioni da un’Assemblea costituente non di nomina politica, ma interamente eletta dai cittadini. Nessuno di coloro che facevano parte di quell’Assemblea potrà partecipare alla commissione o del Consiglio costituzionale. Il Congresso e i partiti avranno dunque molto più potere lungo tutto il processo.

Le ultime mosse di Boric hanno portato alcuni esperti a ridimensionare le critiche di inesperienza che gli sono state rivolte.

In un’intervista a BBC Mundo, Robert Funk, professore di scienze politiche all’Università del Cile, ha sostenuto per esempio che le critiche a Boric, sebbene in parte motivate, siano allo stesso tempo ingiuste. Boric è giovane, ma non è una persona totalmente priva di esperienza, ha detto Funk; è in politica da dieci anni, ha fatto parte del Congresso ed è stato un leader studentesco. Soprattutto, è stato votato proprio perché considerato un volto nuovo e a seguito delle ampie proteste che chiedevano un cambiamento radicale e che rifiutavano la classe politica tradizionale. Il Cile è comunque un paese ancora molto conservatore e probabilmente poco disposto ad accettare riforme progressiste.

Funk ha inoltre sostenuto che la richiesta degli elettori sia che a tutto questo sia associata una leadership forte, autorevole. Le due pretese sembrano in contraddizione tra loro ed è effettivamente «difficile far quadrare il cerchio, ma è una cosa piuttosto comune. Le persone vogliono vedere volti nuovi, ma vogliono anche sentire che la persona responsabile del paese è davvero al comando».

Anche a livello internazionale Boric è percepito come il rappresentante di una nuova sinistra in America Latina. Il suo modo di essere di sinistra è infatti molto diverso da quello di Lula in Brasile, Alberto Fernández in Argentina, Andrés Manuel López Obrador in MessicoGustavo Petro in Colombia: tra le altre cose, Boric ha dimostrato di avere meno timore a criticare il Venezuela o il Nicaragua, paesi governati da regimi autoritari di sinistra e responsabili di violazioni dei diritti umani commesse contro la propria popolazione.

Gabriel Boric riceve in regalo l’album dei Tool, Santiago, Cile, 24 dicembre 2021 (Jonnathan Oyarzun/Getty Images)

Nel suo primo anno da presidente, Boric ha comunque ottenuto alcuni successi. Contrariamente alle aspettative, il 2022 si è concluso con buone notizie in ambito economico. Il governo ha ottenuto un saldo fiscale positivo tra entrate e uscite, cosa che non si vedeva da un decennio, grazie a una serie di interventi sulla spesa pubblica. Gli investimenti esteri hanno mostrato buoni segnali, l’inflazione sembra in diminuzione e l’indice dei prezzi al consumo ha registrato, a sorpresa, un calo. Javier Sajuria, docente alla Queen Mary University di Londra, ha detto che «la gestione dell’economia, in un momento molto turbolento, è sicuramente il principale risultato del governo Boric».

Nonostante la grande resistenza e ostilità da parte della classe imprenditoriale cilena nei suoi confronti, Boric ha insomma «raggiunto la stabilità economica nel bel mezzo di uno scenario internazionale complesso».

Boric è riuscito poi a portare a termine alcune riforme sociali: l’assistenza sanitaria gratuita a vantaggio di un numero rilevante di persone, circa 5 milioni, che in precedenza dovevano comunque affrontare delle spese per curarsi, e un significativo aumento dei medicinali disponibili a prezzi calmierati. Sebbene poi il suo impegno elettorale fosse quello di aumentare il salario minimo portandolo a 500mila pesos cileni – circa 580 euro – entro la fine del mandato, nel suo primo anno in carica Boric ha ottenuto un aumento significativo del salario minimo intanto per alcune categorie di lavoratori. Entrato in vigore nell’agosto del 2022, il nuovo salario minimo riguarda quasi 800mila lavoratori. Pochi giorni fa, inoltre, il Senato del Cile ha votato in seconda lettura il progetto di legge per la riduzione della settimana lavorativa da 45 a 40 ore. Ora il testo dovrà tornare alla Camera per l’approvazione delle modifiche apportate, ma ci sono buone probabilità che diventi definitivo.

Da qui in poi, il secondo anno del mandato di Boric sarà fondamentale. Dovrà portare a termine o impostare le grandi riforme che ha promesso: quella delle pensioni, una riforma più organica della sanità e la riforma tributaria appena bocciata. Un altro intervento fondamentale sarà quello in materia di sicurezza.

Lo dicono tutti i sondaggi: la sicurezza è oggi una delle massime priorità per i cileni. Nonostante il tasso di criminalità non sia aumentato, è aumentata moltissimo la paura, la percezione del pericolo. E la sensazione che la criminalità stia crescendo è un fatto molto negativo per il governo e può favorire il populismo di destra. Boric, secondo Funk, «dovrà concentrarsi sulla soluzione di questi problemi, perché dopo il secondo anno quasi si comincia a pensare alle elezioni successive».