Il Friuli Venezia Giulia vuole usare le “fototrappole” per i migranti al confine

Sono fotocamere che scattano quando rilevano un movimento, ma ci sono dubbi sulla loro efficacia per limitare gli arrivi

rotta balcanica
(AP Photo/Darko Vojinovic, File)
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Entro la fine della settimana la Regione Friuli Venezia Giulia consegnerà alle forze dell’ordine 65 fotocamere acquistate lo scorso anno per individuare i migranti che tentano di oltrepassare i confini tra la Slovenia, la Croazia e l’Italia attraverso la cosiddetta “rotta balcanica”, percorsa ogni anno da migliaia di persone nonostante il rafforzamento dei controlli.

Le fotocamere, che nella delibera della Regione vengono definite “fototrappole”, sono dispositivi che scattano una foto quando rilevano un movimento: verranno posizionate soprattutto nei boschi e sui sentieri percorsi dai migranti sull’altopiano del Carso, al confine tra la Slovenia, la Croazia e le province di Trieste e Gorizia. Solitamente le fototrappole vengono utilizzate per osservare il passaggio di animali, in particolare orsi e lupi, sulle montagne o comunque in zone impervie.

Cinquanta di queste fotocamere saranno consegnate alle forze dell’ordine in provincia di Trieste: 20 alla questura, 10 al comando provinciale dei Carabinieri, 10 al comando della Guardia di Finanza e 10 alla Polizia locale. Le altre 15 saranno consegnate alla questura di Gorizia. Non si sa ancora quante saranno date alla polizia di frontiera, che ha il compito di presidiare i confini. Il questore di Trieste, Pietro Ostuni, ha detto che soltanto una parte sarà destinata allo scopo per cui la Regione le ha acquistate. «Essendo fotocamere mobili potranno essere spostate a seconda delle necessità del momento», ha detto Ostuni. «In realtà saranno preziose per l’attività di polizia nel suo complesso».

L’acquisto delle fotocamere era stato annunciato nel 2020 ed è poi avvenuto nel 2021 a un costo di 50mila euro, ma finora i dispositivi non erano stati installati principalmente perché non era chiaro se fosse legittimo utilizzarli per controllare i confini.

Secondo la Regione le fotocamere serviranno a individuare i passeur, cioè i trafficanti che assicurano il passaggio delle frontiere a pagamento, e le fotografie scattate potranno per esempio essere utilizzate in eventuali processi. Un altro obiettivo dell’amministrazione è sapere con certezza chi ha passato il confine, così che possa essere rimpatriato in un secondo momento. Infine, il collegamento in tempo reale con il comando della polizia di frontiera consente di presidiare parti di territorio oggi completamente sguarnite, per intervenire più velocemente rispetto a come avviene ora. «Riuscire a intercettare i percorsi che compie l’immigrazione irregolare e a intercettare i passeur è un contrasto importante e devo dire molto deciso a chi tratta carne umana e a chi guadagna sul traffico di esseri umani», ha detto il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga.

Negli ultimi tre anni altri stati dell’Unione Europea si sono dotati di tecnologie molto più avanzate delle fototrappole per impedire ai richiedenti asilo di entrare nel loro territorio. La Croazia ha acquistato telecamere termiche e a infrarossi e tecnologie per rilevare il battito cardiaco che utilizza soprattutto sul suo confine, e una partita di droni da 2,3 milioni di euro, ciascuno in grado di individuare una persona a chilometri di distanza, anche di notte.

La Romania è un altro paese che dispone di tecnologie simili: ha comprato alla propria guardia di frontiera 24 veicoli con visuale notturna per circa 13 milioni di euro. In Ungheria la spesa pubblica per la gestione dei migranti non viene comunicata per via di un’apposita legge del governo di Viktor Orbán, ma si ritiene che sia al livello degli altri paesi.

La militarizzazione dei confini ha contribuito a far calare gli ingressi via terra, ma non a bloccarli completamente. Anzi, nel 2022 il numero di migranti e richiedenti asilo che percorrono la rotta balcanica per entrare nell’Unione Europea è aumentato rispetto agli anni precedenti. Secondo i calcoli preliminari di Frontex, l’agenzia dell’Unione Europea che svolge le funzioni di guardia di frontiera e costiera, sono stati segnalati 145.600 attraversamenti sulla rotta balcanica, il 136 per cento in più rispetto al 2021. Questi dati sono relativi ai tentativi di attraversamento e non corrispondono agli arrivi, visto che una persona può tentare di attraversare il confine più volte.

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Secondo i dati diffusi dal prefetto di Trieste, Pietro Signoriello, anche in Friuli Venezia Giulia gli arrivi di migranti in Italia dalla rotta balcanica sono aumentati in modo significativo rispetto all’anno precedente, nonostante l’aumento della dotazione tecnologica da parte degli altri paesi sulla rotta balcanica. Negli ultimi tre mesi del 2021 sono state 1.194 le persone che si erano presentate spontaneamente alla questura di Trieste dopo aver passato illegalmente il confine, mentre nello stesso periodo del 2022 sono state 5.690. Il flusso, che riguarda soltanto una parte delle persone che entrano illegalmente in Italia, è in crescita anche a gennaio e febbraio del 2023.

Già nel 2020, quando la Regione annunciò l’intenzione di acquistare le fotocamere, alcune associazioni che si occupano di accogliere e gestire i migranti dissero che i dispositivi sarebbero serviti a poco. «Le pattuglie italo-slovene sul confine, i droni e le fototrappole sono tutti rimedi che non risolvono affatto il problema dell’immigrazione, che invece avrebbe bisogno di ben altre politiche», spiegò don Alessandro Amodeo, direttore della Caritas di Trieste. «L’accoglienza diffusa di cui siamo testimoni ha dato in questi anni ben altri risultati».

L’ICS, il consorzio italiano di solidarietà, un’associazione che si occupa dell’accoglienza in Friuli Venezia Giulia, sostiene che l’installazione delle fotocamere sia illegittima perché il controllo delle frontiere e delle migrazioni è competenza esclusiva dello Stato. L’ICS inoltre esprime dubbi su un altro obiettivo regionale, cioè l’individuazione delle persone per eventuali riammissioni nel paese da dove hanno passato il confine.

«L’istituto della riammissione, già in sé alquanto dubbio nella sua legittimità giuridica, in ogni caso non trova alcuna applicazione nei casi di migranti che richiedono protezione internazionale», ha spiegato l’ICS in una nota. «Va applicato invece solo il cosiddetto Regolamento Dublino III che non prevede alcuna riammissione nel paese più vicino bensì la formalizzazione della domanda di asilo in Italia e la verifica, caso per caso, della condizione di ogni richiedente asilo al fine di verificare se la competenza all’esame della domanda di asilo è dell’Italia, della Slovenia o di altri paesi UE».

È una perplessità condivisa anche dal questore di Gorizia, Paolo Gropuzzo, che ha sottolineato come le fototrappole permettano soltanto di documentare il passaggio delle persone migranti, non di riportarle nei paesi da cui provengono. Se queste persone chiedono asilo in Italia, ha detto Gropuzzo, la situazione giuridica resta invariata, «tanto più tenendo presente che la Slovenia si è chiusa a riccio sul tema delle riammissioni».

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