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  • Sabato 18 febbraio 2023

La Nuova Zelanda è un paese da tempeste tropicali?

Almeno nove persone sono morte a causa del ciclone Gabrielle ed è raro che il paese subisca grossi danni per questi fenomeni meteorologici

Una strada distrutta dal ciclone Gabrielle in Nuova Zelanda
Una strada distrutta dal ciclone Gabrielle in Nuova Zelanda, tra Napier e Wairoa, il 15 febbraio 2023 (Esercito della Nuova Zelanda via AP, LaPresse)
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Nell’Isola del Nord, in Nuova Zelanda, stanno proseguendo le ricerche dei dispersi dopo il passaggio del ciclone Gabrielle, che lunedì ha colpito la parte più settentrionale del paese causando alluvioni e frane e costringendo circa 10mila persone a lasciare le proprie case. Sabato la polizia ha accertato la morte di una nona persona e il primo ministro Chris Hipkins ha detto che ci si aspetta che il conteggio dei morti dovuti al ciclone aumenti al proseguire delle ricerche. Molte località sono tuttora senza elettricità (venerdì erano 62mila le case prive di corrente) o acqua potabile e per i numerosi danni alla rete telefonica cellulare migliaia di persone sono attualmente irrintracciabili.

«È senza dubbio il più grande disastro naturale che abbiamo visto in questo secolo», ha detto Hipkins. Si stima che circa un terzo dei cinque milioni di abitanti della Nuova Zelanda abbia subito danni per il ciclone. Martedì il governo aveva dichiarato lo stato di emergenza nazionale per far fronte alla situazione ed è solo la terza volta che succede nella storia del paese, dopo il terremoto di Christchurch del 2011 e l’inizio della pandemia da coronavirus. La Nuova Zelanda effettivamente non è nota per le sue tempeste tropicali: non perché non ne sia mai interessata, ma perché solitamente non fanno così tanti danni.

I cicloni sono tempeste tropicali, cioè perturbazioni a carattere rotatorio larghe centinaia di chilometri, che si sviluppano nel sud dell’oceano Pacifico e nell’oceano Indiano tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno australi, quindi in questo periodo dell’anno. Portano venti molto forti e tanta pioggia, e sono un fenomeno del tutto analogo a quello degli uragani nell’oceano Atlantico: sono indicati con un’altra parola per via del diverso contesto geografico.

In media nel sud-ovest del Pacifico si formano dieci cicloni all’anno e generalmente solo uno, di solito tra febbraio e marzo, entra in un raggio di 550 chilometri dalla Nuova Zelanda, che si trova molto più a sud rispetto ai loro percorsi abituali. Nello spostarsi verso sud incontrano acque oceaniche più fredde e per questo acquisiscono caratteristiche meteorologiche diverse. Semplificando molto, si ampliano: mentre normalmente in una tempesta tropicale le zone più colpite da venti e pioggia sono quelle al centro della tempesta, in questi casi i danni maggiori si possono avere anche a grandi distanze.

Alla Nuova Zelanda era già capitato di subire grossi danni a causa di cicloni nel 1968, quando morirono 51 persone, nel 1988, nel 1996 e, più di recente, nel 2017 e nel 2018. Nella maggior parte dei casi tuttavia i cicloni non causano grossi problemi nel paese.

Il ministro per il Cambiamento climatico della Nuova Zelanda James Shaw ha detto al parlamento del paese che i grandi danni fatti dal ciclone Gabrielle sono legati al cambiamento climatico. È possibile che abbia ragione, ma saranno necessari degli studi per confermarlo. Tuttavia si sa che il riscaldamento delle acque oceaniche dovuto al cambiamento climatico contribuisce ad aumentare la forza delle tempeste tropicali. Succede perché – sempre semplificando – questi fenomeni prelevano calore dall’oceano e l’energia che ne deriva alimenta i venti: dunque più calda è l’acqua maggiore è l’intensità dei venti.