Breve guida agli uragani

Cosa sono, come si formano, cosa li differenzia da tifoni, cicloni e tempeste tropicali e perché li chiamiamo con nomi di persona

(NOAA via Getty Images)
(NOAA via Getty Images)

Due grandi uragani hanno colpito gli Stati Uniti e i Caraibi nelle ultime settimane: prima c’è stato Harvey in Texas, e ora Irma, che ha fatto grandi danni in molte isole caraibiche, ha colpito Cuba e sta andando verso la Florida. Come mostra una foto satellitare diffusa dalla NASA e scattata venerdì, in questo momento la zona del golfo del Messico e dei Caraibi è interessata da tre uragani: oltre a Irma (che al momento è di categoria 4) c’è Katia, più piccolo e che ha colpito la costa orientale del Messico, e nell’Atlantico si è sviluppato Jose, che per ora è di categoria 4 ma potrebbe aumentare, colpendo i Caraibi come uragano di categoria 5.

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(NASA Earth Observatory/Joshua Stevens e Jesse Allen)

Cos’è un uragano (e cosa sono cicloni e tifoni)

La premessa, quando si parla di uragani, è cosa li differenzia da cicloni e tifoni. In tutti e tre i casi si tratta di forti tempeste tropicali, cioè dello stesso tipo di fenomeno atmosferico. Restando sull’uso dei termini che si fa nel quotidiano, senza perdersi troppo nei nomi tecnici, il diverso nome è dovuto al luogo in cui si verificano:

  • Gli uragani sono tempeste tropicali particolarmente forti nel nord dell’oceano Atlantico o nel Nord-est dell’oceano Pacifico, quindi vicino agli Stati Uniti e ai Caraibi. È un nome che deriva da una parola spagnola, che deriva a sua volta dal nome, in lingua indigena delle Antille, di un dio caraibico associato alle tempeste.
  • I cicloni sono tempeste tropicali nel sud dell’oceano Pacifico e nell’oceano Indiano.
  • I tifoni sono tempeste tropicali nel nord-ovest dell’oceano Pacifico.

I tornado, invece, sono un’altra cosa: fenomeni più piccoli e di breve durata ma comunque molto intensi: simili alle trombe d’aria.

In tutti e tre i casi si tratta di perturbazioni a carattere rotatorio – si parla di centinaia di chilometri di larghezza – che portano venti molto forti e tanta pioggia. Uragani, tifoni e cicloni sono fenomeni stagionali: si verificano cioè solo in certi momenti dell’anno, più o meno da giugno a novembre, ma cambia a seconda dei luoghi. Da qualche parte inizia un po’ prima, da qualche parte finisce un po’ dopo.

Perché una tempesta tropicale venga definita uragano i suoi venti devono soffiare a più di 119 chilometri all’ora: è una convenzione decisa dai meteorologi e regolata dalla scala Saffir-Simpson, che classifica l’intensità degli uragani (e arriva fino alla categoria 5: Irma per esempio è passata un paio di volte dalla categoria 4 alla categoria 5). Fu pensata nel 1969 dai due scienziati statunitensi Herbert Saffir e Robert Simpson e si basa solo sulla velocità dei venti. Per arrivare al livello 5 (chiamato anche “disastroso”) i venti devono superare i 252 chilometri all’ora.

Dove e come si forma un uragano

Negli oceani, quando c’è un’area in cui la pressione atmosferica è inferiore rispetto a quella delle aree circostanti. Perché si formi un uragano serve però che la bassa pressione sia in un’area in cui la temperatura dell’acqua sia superiore ai 26 gradi centigradi. Come spiegò Claudio Ciuccati su Repubblica, «con queste condizioni si crea un grande vortice con, al centro, una sorta di imbuto circoscritto da forti correnti che si avvitano a spirale e che portano l’aria umida ad alta quota. Mano a mano che il vortice cresce, l’aria umida condensa e si trasforma in pioggia, cedendo del calore che va ad alimentare ulteriormente il fenomeno. Quando si sposta sulla terraferma l’uragano si esaurisce, ma conserva comunque l’energia per devastare le città che si distendono lungo la costa». Prima di diventare uragano (cioè con venti di almeno 119 chilometri orari) una perturbazione tropicale può essere una “depressione tropicale” (se i venti soffiano fino a 63 chilometri orari) o “tempesta tropicale normale” (se i venti sono tra i 63 e i 118 chilometri orari).

Perché hanno dei nomi e chi – e come – li decide

Li hanno per identificarli in modo immediato. Nel 1953 il National Weather Service (il servizio meteorologico nazionale degli Stati Uniti) cominciò a dare un nome femminile alle tempeste tropicali; dal 1979 i nomi femminili vennero alternati a nomi maschili. I nomi vengono quindi dati alle tempeste tropicali, che se poi diventano uragani si tengono quel nome. Alla prima tempesta della stagione viene dato un nome che inizia con A, alla seconda con B, e così via (se si finisce l’alfabeto si passa a quello greco: “alfa, beta” eccetera). Le lettere QUXYZ non vengono utilizzate. Se un uragano è particolarmente violento, provoca molti danni e fa delle vittime, il suo nome viene cancellato dalla lista e sostituito. Ad esempio, non ci sarà più un uragano Katrina. I nomi da usare da qui al 2022 sono già stati decisi.