Le primarie del PD potrebbero essere più aperte del previsto

Dal voto nei circoli sta emergendo come favorito Stefano Bonaccini, ma Elly Schlein sembra avere delle speranze di rimonta

Stefano Bonaccini, Paola De Micheli, Gianni Cuperlo ed Elly Schlein (Roberto Monaldo / LaPresse)
Stefano Bonaccini, Paola De Micheli, Gianni Cuperlo ed Elly Schlein (Roberto Monaldo / LaPresse)
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Lo scorso 3 febbraio è iniziato il voto nei circoli del Partito Democratico per scegliere i due candidati che si sfideranno nelle primarie per eleggere il nuovo segretario del partito. È una fase in cui possono votare solo gli iscritti, cioè chi ha la tessera del PD: durerà ancora fino al 12 febbraio in tutta Italia, con l’eccezione dei circoli del Lazio e della Lombardia in cui è stata concessa una proroga per votare fino al 19 febbraio, visto che il 12 e il 13 ci saranno le elezioni regionali. Le primarie si terranno domenica 26 febbraio.

Al congresso, come viene definito tutto il percorso che porta alla nomina del segretario, partecipano quattro candidati: il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, la sua ex vicepresidente e deputata Elly Schlein, la deputata ed ex ministra Paola De Micheli e il deputato Gianni Cuperlo, uno dei membri di più lungo corso del gruppo dirigente del partito. Dai primi risultati disponibili sembra però già scontato che alle primarie andranno Bonaccini e Schlein, com’era d’altra parte ampiamente atteso.

Nei primi giorni di voto erano stati diffusi da più parti risultati parziali, con la conseguenza che si avevano informazioni contrastanti a seconda di chi li aveva diffusi: i comitati a sostegno dei candidati si erano reciprocamente accusati di esagerare le stime per influenzare l’opinione pubblica a favore del proprio candidato, e martedì per limitare gli screzi il PD ha deciso di diffondere ogni sera i dati ufficiali aggiornati, sulla base di quelli comunicati di giorno in giorno dai circoli.

I dati comunicati martedì sera, su circa 20mila voti raccolti, danno Bonaccini al 48,8 per cento, in vantaggio di circa 12 punti su Schlein, di poco sotto il 37. È opinione di molti, anche di chi sostiene la campagna dello stesso Bonaccini, che non sia un margine sufficiente a garantirgli con tranquillità la vittoria nel voto del 26 febbraio: per questo le prossime primarie del PD potrebbero essere le prime nella storia del partito senza un esito già scontato in partenza, come invece era sempre avvenuto in quelle dal 2007 a oggi (discorso diverso vale per le primarie del centrosinistra come quelle che vinse Pier Luigi Bersani nel 2012, che furono più aperte).

Solitamente dal voto dei circoli esce un candidato molto più forte degli altri, e l’esito finale delle primarie non si è mai discostato da quello del voto degli iscritti. Ci sono però diversi fattori che fanno pensare che Schlein sia ancora ampiamente in corsa: uno è il fatto che sta andando meglio nelle grandi città governate dalla sinistra, come Milano, Firenze e Bologna (a Roma la situazione è più equilibrata), dove alle primarie potrebbero votare molte persone cambiando in modo decisivo la distanza attuale.

Pubblicamente i membri del comitato di Schlein stanno sostenendo che più sarà ampia l’affluenza al voto del 26 febbraio e più la loro candidata avrà possibilità di rimontare. «Nessuno si aspettava fossimo così forti tra gli iscritti», ha detto a Domani il portavoce nazionale del comitato di Schlein, Marco Furfaro, secondo il quale questi dati mostrerebbero che una vittoria della sua candidata è ancora possibile. Nel 2019, alle ultime primarie in cui fu eletto segretario Nicola Zingaretti, votò più di un milione e mezzo di persone: per queste ci si aspettano molti meno votanti, ma anche 800mila basterebbero a rendere non sufficiente la base ottenuta da Bonaccini nei circoli.

Attualmente il quasi 50 per cento di voti che ha preso Bonaccini corrisponde concretamente a meno di 10mila elettori, il 37 per cento di Schlein a 7.400: non una distanza insormontabile. Gli iscritti al partito sono circa 150mila, e anche se votassero tutti una vittoria di Bonaccini intorno al 50 per cento garantirebbe una base di 75mila voti per le primarie, secondo molti non abbastanza per essere certo di vincere.

La decisione di comunicare i dati giorno per giorno è stata presa da Silvia Roggiani, la presidente della Commissione nazionale per il congresso del PD. Si era resa necessaria, oltre che per le accuse reciproche tra i candidati sulle stime diffuse, anche per alcune polemiche più concrete su presunti brogli, in particolare in Campania.

Negli ultimi giorni disponibili per il tesseramento al partito, che consente di votare nei circoli ed era tecnicamente possibile fino al 31 gennaio, nella regione si erano sospettosamente registrate migliaia di persone tutte insieme. Le primarie del PD in Campania hanno una lunga storia di brogli e irregolarità, che in altre occasioni portarono a rinvii e annullamenti.

A Caserta, poi, erano state registrate più tessere di quante persone avessero votato PD alle ultime elezioni politiche: un fatto che aveva portato Francesco Boccia, coordinatore del comitato di Schlein e della sua campagna elettorale, a dimettersi da commissario regionale del partito. Per il momento il PD ha deciso di non certificare i voti arrivati da Caserta e ha disposto verifiche sui tesseramenti.