I giovani sono meno scapestrati di un tempo

Secondo uno studio internazionale nei paesi sviluppati assumono meno alcol, tabacco e cannabis, e commettono meno reati: c’entrano diversi fattori

giovani meno scavezzacollo
Una scena del film del 2010 “Scott Pilgrim vs. the World”

Uno studio internazionale pubblicato sulla rivista scientifica Social Science & Medicine ha raccolto un cospicuo insieme di ricerche e sondaggi relativi ai comportamenti delle persone adolescenti nei paesi ad alto reddito tra il 1999 e il 2019. Dallo studio è emersa una progressiva e consistente diminuzione percentuale dei cosiddetti “comportamenti a rischio”, diffusa in modo più o meno omogeneo in tutti i paesi analizzati. In linea generale, rispetto alla fine degli anni Novanta, i ragazzi e le ragazze fumano di meno, consumano meno alcol, assumono meno cannabis, hanno i loro primi rapporti sessuali più tardi e commettono meno reati.

Lo studio è stato ripreso da alcuni siti di news ed è stato molto commentato sui social network: sia perché contraddice una serie di stereotipi sui “giovani d’oggi”, oggetto da sempre di frequenti strumentalizzazioni e semplificazioni nel dibattito pubblico, sia per l’interpretazione dei dati e le ipotesi di spiegazione che fornisce. I ricercatori e le ricercatrici dello studio affermano che, sebbene le cause del fenomeno siano complesse e non del tutto comprese nella letteratura scientifica, la diminuzione di molti tipi di comportamenti a rischio è generalmente associata a una diminuzione delle socializzazioni di persona in assenza di supervisione degli adulti.

Tra i vari comportamenti, ipotizza lo studio, potrebbero anche esistere dei nessi causali: è plausibile che la diminuzione del consumo di alcol e tabacco abbia avuto ricadute su altri comportamenti, sebbene manchino prove definitive. Quanto a Internet, l’aumento del tempo trascorso online è tendenzialmente collegato a un uso di sostanze superiore alla media. Nel complesso, inoltre, tra i vari fattori che potrebbero aver contribuito direttamente o indirettamente alla diminuzione dei comportamenti pericolosi – a seconda dei contesti – c’è anche un insieme di leggi più severe e maggiori pressioni scolastiche e sociali.

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I dati delle ricerche e dei sondaggi nazionali e internazionali revisionati nello studio riguardano per lo più persone tra i 12 e i 16 anni in Australia, Regno Unito, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Stati Uniti ed Europa (sono state utilizzate medie relative ai vari comportamenti in 30 paesi, inclusa l’Italia). Lo studio è stato condotto dalla ricercatrice neozelandese Jude Ball, della University of Otago a Wellington, e da colleghi e colleghe di altre università del mondo che come lei si occupano da diversi anni di salute pubblica e di comportamenti degli adolescenti.

Una delle tendenze internazionali più evidenti e significative riguarda il fumo di sigaretta, che tra gli adolescenti è complessivamente diminuito di oltre l’80 per cento in tutto il mondo dalla fine degli anni Novanta al 2019. In Europa, secondo un rapporto ESPAD (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs), un progetto europeo di ricerca sui consumi di alcol, tabacco e altre sostanze nella popolazione studentesca, la percentuale di giovani tra i 15 e i 16 anni che fumano ogni giorno è passata da un picco del 26 per cento nel 1999 al 10 per cento nel 2019, con una diminuzione ancora più marcata nei paesi nordici.

In quasi tutti i paesi oggetto di analisi c’è stato inoltre tra gli adolescenti – al contrario di quanto avvenuto tra gli adulti – un calo nell’assunzione di alcol tra il 2000 e il 2015, sia in termini di diffusione che di frequenza dell’abitudine. Il calo più marcato è nell’assunzione settimanale riferita rispetto a quella mensile: dato che indica che gli adolescenti che bevono lo fanno meno frequentemente rispetto al passato. Anche l’eccessivo consumo episodico di alcol è tendenzialmente diminuito, soprattutto negli Stati Uniti e, poco dopo, anche in Australia, Regno Unito e Nuova Zelanda.

Per quanto riguarda la cannabis, la sostanza generalmente illegale più utilizzata dagli adolescenti, il calo più evidente è avvenuto tra l’inizio degli anni Duemila e il 2008 in Nuova Zelanda, Australia, Paesi Bassi e Stati Uniti (i dati si riferiscono a un periodo precedente la legalizzazione della marijuana per gli adulti in molte aree). In Europa i dati disponibili indicano che il consumo è diminuito in alcuni paesi e aumentato o oscillato in altri (inclusa l’Italia), ma la media dei 30 paesi europei è rimasta relativamente stabile negli ultimi due decenni.

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Esiste inoltre in diversi paesi una tendenza degli adolescenti a cominciare più tardi l’attività sessuale rispetto agli anni Novanta. È un calo che riguarda in particolare Stati Uniti, Nuova Zelanda, Regno Unito e Paesi Bassi, tra le nazioni citate nello studio. In Italia altri studi suggeriscono una sostanziale stabilità del dato relativo all’età media del primo rapporto sessuale tra il 2000 e il 2017.

I dati pubblici consultati dai ricercatori e dalle ricercatrici indicano infine anche una progressiva diminuzione dei reati giovanili in Nuova Zelanda, Australia, Paesi Bassi, Stati Uniti e Regno Unito. Altre ricerche confermano tendenze simili anche in Spagna, nei paesi scandinavi e in altri per cui sono disponibili dati storici.

La seconda parte dello studio è dedicata all’analisi dei dati e ai tentativi di fornire delle possibili spiegazioni della diminuzione dei comportamenti pericolosi a partire dalle correlazioni esistenti. I cambiamenti comportamentali più marcati si sono verificati prima nei paesi di lingua inglese, come Stati Uniti e Australia, e in quelli nordeuropei, come Islanda e Svezia. In gran parte dell’Europa orientale i cali sono generalmente ritardati di 5-10 anni.

Per l’alcol e per la cannabis esistono tuttavia tendenze che in alcuni paesi si sono stabilizzate – o addirittura si sono invertite – nel periodo 2015-2019, sebbene i livelli di consumo non siano comunque ritornati in nessun caso a quelli degli anni Novanta. Queste stabilizzazioni o inversioni rendono ancora più stringente, secondo i ricercatori e le ricercatrici, la necessità di altri approfondimenti utili a comprendere quali siano i fattori alla base delle diverse tendenze.

Le prove indicano che per i cali nel consumo di alcol e nel fumo potrebbero aver avuto un ruolo una serie di fattori specifici come la diminuzione della popolarità del fumo tra i giovani, le politiche di controllo sul tabacco, le maggiori difficoltà degli adolescenti a procurarsi l’alcol e un atteggiamento più restrittivo da parte dei genitori sul consumo di alcolici.

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Un altro aspetto considerato significativo è che la diminuzione dei comportamenti a rischio è stata più marcata tra gli adolescenti più giovani rispetto a quelli più grandi. E questo suggerisce la possibilità che il declino non sia legato a un fenomeno trasversale tra le diverse fasce di età ma piuttosto a un aumento dell’età media in cui si intraprendono determinate «attività di iniziazione», afferma lo studio.

Tra le variabili rilevanti nelle differenze tra comportamenti ci sono spesso il genere, la posizione socioeconomica e l’etnia. Ma una caratteristica dei cali registrati in tutti i paesi e giudicata sorprendente nello studio è che si sono verificati quasi in contemporanea tra i vari gruppi demografici, anche se in modo non sempre uniforme. E questo suggerisce che a determinarli siano stati almeno in parte «cambiamenti ambientali sottostanti» anziché cambiamenti delle norme sociali o della percezione del rischio che si siano gradualmente diffusi passando da un gruppo a un altro.

Ball e gli altri ricercatori e ricercatrici hanno incluso le possibili spiegazioni dei cambiamenti comportamentali all’interno di tre ipotesi generali che non si escludono a vicenda. La prima è che i cali rappresentino una «tendenza unitaria» con cause sottostanti comuni, responsabili di declini simultanei di molti comportamenti a rischio. La seconda è che le diminuzioni siano state causate da fattori specifici e indipendenti l’uno dall’altro per ciascun comportamento. E la terza è che il declino di alcuni comportamenti abbia causato quello di altri «a cascata».

Esistono prove sia teoriche che empiriche a sostegno della prima ipotesi, quella della tendenza unitaria, afferma lo studio. E in particolare la riduzione del tempo trascorso dagli adolescenti faccia a faccia con i coetanei, e in assenza di supervisione di un adulto, è un fattore citato in molte ricerche e analisi attendibili dei cambiamenti comportamentali negli ultimi 25 anni. La percentuale di studenti americani di 15-16 anni che riferiva di andare alle feste almeno una volta al mese, per esempio, era quasi l’80 per cento negli anni Novanta e solo il 57 per cento nel 2017.

Internet è spesso un fattore citato nel dibattito a proposito della diminuzione delle interazioni faccia a faccia. Secondo un’ipotesi molto discussa anche in ambito accademico, le attività online potrebbero aver preso il posto dei comportamenti a rischio «tradizionali», sia in termini di soddisfazione del desiderio di eccitazione tra gli adolescenti, sia in termini di utilizzo del tempo.

Ma se questa ipotesi fosse del tutto corretta, dovremmo aspettarci che gli utenti di Internet più assidui tra gli adolescenti siano meno coinvolti in comportamenti a rischio rispetto ai loro coetanei con più tempo a disposizione per avere interazioni faccia a faccia. «In realtà, è vero il contrario», afferma lo studio. Gli utenti più assidui, in particolare di social media, hanno maggiori probabilità di fumare e bere rispetto ai coetanei che utilizzano Internet meno frequentemente. Negli studi, in termini generali, l’utilizzo di Internet e i comportamenti pericolosi non sono descritte come attività «concorrenti», con l’una che sostituisce l’altra sul piano individuale. Piuttosto esistono prove che la comunicazione digitale faciliti o integri la socializzazione di persona tra i giovani.

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Che diverse tendenze comportamentali mostrino un calo potrebbe anche essere un caso, se si prende in considerazione il secondo tipo di ipotesi analizzate nello studio. In altre parole, i cambiamenti comportamentali potrebbero essere l’effetto di una confluenza di ragioni distinte e plausibilmente legate a contesti nazionali e costumi sociali e culturali differenti da paese a paese.

Prove meno numerose e più equivoche, associabili infine alla terza ipotesi, quella dell’effetto «cascata», mostrano una possibile interconnessione tra la diminuzione del consumo di tabacco e alcol e quella del consumo di cannabis da parte degli adolescenti. In alcuni studi citati da Ball e gli altri, per esempio, il consumo di alcol e altre sostanze da parte degli adolescenti è stato associato a condotte delinquenziali e comportamenti sessuali a rischio. In questo senso una riduzione nel consumo di alcol, magari determinata da ragioni specifiche, potrebbe di conseguenza aver determinato la diminuzione di altri comportamenti pericolosi.

Nessuna delle spiegazioni prese in considerazione, per quanto plausibile, è tuttavia sostenuta da un numero di prove sufficienti, conclude lo studio. E molte teorie formulate nel corso del tempo restano da verificare empiricamente. In generale, i fattori causali alla base del declino internazionale di molti comportamenti pericolosi tra il 1999 e il 2019 nell’adolescenza sono molteplici.

Diverse restrizioni introdotte in molti paesi del mondo dagli anni Novanta in poi, che in alcuni casi hanno ostacolato il consumo di alcol e altre sostanze, potrebbero aver influito nel cambiamento dei comportamenti. Così come potrebbe averlo fatto una serie di campagne pubblicitarie rivolte ai genitori sui rischi relativi all’abuso di sostanze da parte degli adolescenti. Un altro aspetto da tenere in considerazione, aggiunge lo studio, è che determinate «attività di iniziazione» – come prendere la patente, cominciare a lavorare e a vivere per conto proprio e non in casa dei genitori – sono state per lo più posticipate tra le generazioni più giovani.

Alcune ipotesi di studio considerate plausibili da Ball e dal gruppo di ricerca suggeriscono che la crescente disuguaglianza di ricchezza intergenerazionale e il mercato del lavoro precario abbiano reso i giovani «più orientati al futuro e meno spensierati rispetto alle generazioni precedenti». E anche questo potrebbe in parte spiegare il declino dei comportamenti pericolosi, dal momento che preoccuparsi del futuro è associato tra gli adolescenti a comportamenti più attenti alla salute e all’idea che l’assunzione di alcol e sostanze sia incompatibile con le ambizioni accademiche, sportive o di carriera.

Per quanto la diminuzione dei comportamenti a rischio tra gli adolescenti possa sembrare una cosa tutto sommato positiva, concludono Ball e le altre autrici e autori dello studio, resta una domanda al momento priva di risposta se questo declino possa essere oppure no «un effetto collaterale positivo di un mondo sempre più antitetico a uno sviluppo giovanile sano in senso più ampio»: con tutte le implicazioni negative che ne possono conseguire. E citano diverse ricerche secondo cui le attività all’aperto e il gioco libero durante l’infanzia e l’adolescenza, drasticamente diminuiti negli ultimi decenni, sono essenziali per uno sviluppo sano.

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