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  • Mercoledì 28 dicembre 2022

Il nuoto artistico è sempre più inclusivo

Da qualche anno si è aperto ai maschi, che ora saranno ammessi anche alle gare di squadra delle Olimpiadi di Parigi

di Gabriele Gargantini

Giorgio Minisini e Lucrezia Ruggiero ai Mondiali di Budapest del 2022 (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)
Giorgio Minisini e Lucrezia Ruggiero ai Mondiali di Budapest del 2022 (Dean Mouhtaropoulos/Getty Images)
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Alle ultime Olimpiadi estive, quelle di Tokyo, c’erano solo due discipline riservate alle donne: la ginnastica ritmica e il nuoto artistico, come da qualche anno si chiama ufficialmente quello a cui molti continuano a riferirsi come nuoto sincronizzato. Alle prossime, al netto di certe gare o distanze solo maschili o solo femminili, l’unica disciplina tutta femminile sarà la ginnastica ritmica. Il 22 dicembre il CIO, il Comitato Olimpico Internazionale, ha approvato infatti la richiesta, fatta dalla World Aquatics (la federazione internazionale del nuoto, fino a poco fa nota come FINA), di ammettere anche i maschi alle gare olimpiche di squadra delle Olimpiadi di Parigi del 2024.

A Parigi il nuoto artistico assegnerà medaglie in due eventi: la gara a coppie nota come duo e la prova a squadre, con squadre composte da otto componenti più una riserva. Il CIO ha deciso che il duo resterà tutto femminile ma che nell’evento a squadre ogni squadra potrà avere fino a un massimo di due nuotatori artistici maschi. La prova a squadre diventerà quindi una prova mista, in cui maschi e femmine potranno gareggiare insieme.

Come spiega Nicolò Ogliari, nuotatore artistico di ventiquattro anni, vincitore di due bronzi europei, non è però detto che l’Italia, la cui squadra è tra le migliori al mondo, sarà a Parigi con uno o addirittura due nuotatori maschi, perché «la squadra con uno o due componenti maschili è una cosa nuova» per cui pochi paesi sono preparati. Per Ogliari la recente decisione del CIO «rappresenta un grande passo avanti», aggiunge però che alle Olimpiadi di Parigi manca ormai meno di un anno e mezzo e l’Italia, così come altri paesi, potrebbe non trovare il modo e il tempo di «mettere in squadra» atleti maschi. «Sarà comunque la nostra allenatrice a decidere», dice Ogliari.

Ogliari e Isotta Sportelli agli Europei di Budapest del 2021 (Tamas Kovacs/MTI via AP)

Le esibizioni acquatiche, spesso femminili e in molti casi fatte in gruppo e coreografate, esistono perlomeno dai tempi dell’antica Roma. Negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento quello che nel frattempo era noto come “balletto acquatico” ebbe grande popolarità attraverso il cinema: nacque e prosperò infatti uno specifico sottogenere, il musical acquatico, la cui principale rappresentante fu la nuotatrice e attrice Esther Williams, che morì nel 2013 e di cui si disse che era una diva, ma solo in acqua.

A partire dalla seconda metà del Novecento il balletto acquatico si trasformò a tutti gli effetti in uno sport. Nel 1968 fu incluso tra le discipline della FINA insieme al nuoto, ai tuffi dal trampolino e alla pallanuoto, e nel 1984 fece il suo debutto olimpico ai Giochi di Los Angeles, dove ci furono due gare tutte femminili: una a coppie e una singolare. Nel nuoto sincronizzato c’erano gare singolari perché l’aggettivo “sincronizzato” non si riferiva all’essere sincronizzati con altre nuotatrici (e ora anche altri nuotatori) bensì all’essere sincronizzati con la musica in sottofondo.

È parte del motivo per cui, a quanto si dice su pressioni del CIO, nel 2017 lo sport ha cambiato nome in nuoto artistico: una scelta fatta per associare la pratica a quella della ginnastica artistica e nel tentativo di renderla più popolare. Ma anche una scelta che a molti non piacque, perché ritennero che così facendo non si evidenziava il fatto che questo sia uno sport senz’altro artistico ma anche parecchio provante, con frequenti concussioni e forti colpi subacquei, che oltre a essere particolarmente muscolare presuppone anche che spesso si debbano fare grandi sforzi trattenendo il respiro.

Quello da “nuoto sincronizzato” a “nuoto artistico” non è stato tuttavia un cambio di nome sempre e del tutto accettato, visto che ancora oggi molte federazioni, compresa quella italiana, continuano a parlare spesso e volentieri di nuoto sincronizzato, e allo stesso modo si continuano talvolta a definire “sincronette” le nuotatrici artistiche.

Le gambe di Giorgio Minisini agli Europei di Roma del 2022 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

A prescindere da come lo si chiami, è comunque un dato di fatto che fino ai primi anni Novanta anche solo l’ipotesi che i maschi potessero gareggiare nel nuoto sincronizzato era considerata implausibile e remota, qualcosa su cui scherzare. Come proprio nel 1984 fece un lungo sketch del Saturday Night Live, in una parodia di quelle storie di sportivi con un grande sogno e tanti ostacoli da superare: uno dei due protagonisti del video era infatti un aspirante nuotatore sincronizzato che però non sapeva nuotare.

In Italia, comunque, un più breve riferimento ci fu in un film uscito venticinque anni fa.

Solo nel 1998, l’anno successivo all’uscita di Tre uomini e una gamba, ci furono le prime competizioni internazionali di nuoto sincronizzato con atleti maschi. Fu invece nel 2015 che, su decisione della FINA, nelle prove di nuoto sincronizzato ai Mondiali di nuoto debuttarono due prove miste, con squadre composte da un maschio e una femmina e con dinamiche atletiche simili a quelle delle coppie di pattinaggio.

Ai Mondiali del 2022 l’Italia ha vinto l’oro in entrambe nel duo misto, che è diviso in programma libero e programma tecnico, grazie alla coppia composta da Lucrezia Ruggiero e Giorgio Minisini, che ha 26 anni ed è tra i migliori al mondo. Sempre ai Mondiali, la squadra femminile ha ottenuto anche un bronzo e due argenti.

Agli Europei, organizzati a Roma ad agosto, alle gare miste si sono aggiunte per la prima volta quelle singolari maschili, entrambe vinte da Minisini, che fuori dalle gare si è esibito inoltre con l’atleta paralimpica Arianna Sacripante. Prima ancora, sempre nel 2022, c’erano stati i campionati italiani invernali ed estivi, alle cui prove di singolare maschile hanno partecipato otto e nove atleti, i più giovani dei quali nati nel 2007.

Giorgio Minisini agli Europei del 2022 (ANSA/GIUSEPPE LAMI)

Quando c’è Minisini in gara, non solo in Italia, quasi sempre vince lui. Figlio di un’ex nuotatrice sincronizzata e di un giudice internazionale, fa nuoto artistico da prima che si chiamasse così, dopo aver provato il taekwondo e la pallanuoto. Intervistato alcuni mesi fa dal Venerdì, quando ancora diceva di sperare di poter gareggiare alle Olimpiadi, ma solo a quelle del 2028 a Los Angeles, aveva raccontato che decise di fare questo sport dopo aver visto un’esibizione dello statunitense Bill May, che oggi è un quarantatreenne allenatore e che è stato il pioniere del nuoto sincronizzato maschile.

May iniziò a fare nuoto sincronizzato dopo aver visto gli allenamenti della sorella e dopo aver iniziato a parteciparvi. Non essendo previsti a livello maschile, non furono però molte le gare internazionali a cui riuscì a partecipare. Quando nel 2015, a più di dieci anni dal suo ritiro, le gare miste furono inserite nel programma dei Mondiali, tornò a gareggiare e divenne il primo uomo a vincere, insieme con la compagna Christina Jones, un oro mondiale. Dopo aver saputo che i maschi potranno gareggiare anche alle Olimpiadi, May ha detto che «si è realizzato un sogno impossibile».

Ogliari, invece, arrivò al nuoto sincronizzato per caso, dopo che fino ai diciotto anni aveva fatto nuoto agonistico, quello in corsia. «Per caso» ricorda «a una gara c’era una squadra di nuoto sincronizzato che cercava un maschio: ho fatto una prova e da quando ho messo la testa sott’acqua mi sono innamorato di questo sport». La squadra cercava un maschio per le gare di duo misto, quelle che in quegli anni si stavano affermando, e quelle che Ogliari ha detto in molti si aspettavano sarebbero diventate olimpiche.

Dati i suoi precedenti nel nuoto, Ogliari dice che la parte più difficile è stata «aggiungere alla forza anche l’elasticità e l’artisticità» e che all’inizio per lui era «veramente difficilissimo anche prendere le posizioni più semplici». Ricorda quando gli capitava di partecipare a gare con giusto una manciata di coppie miste (un suo collega ha parlato a questo proposito di “sindrome da podio vuoto”), ma dice che ai prossimi campionati italiani già si aspetta di vedere almeno dieci atleti maschi, forse anche più.

Intanto, ogni sua giornata prevede almeno quattro o cinque ore di nuoto, che nel caso di allenamenti con la nazionale diventano anche sette o otto. Nei suoi allenamenti, al nuoto normale seguono «il nuoto specifico con esercizio di nuoto sincronizzato [lui preferisce chiamarlo così] sulla resistenza, una parte di tecnica, una parte dedicata ai balletti» e poi, una volta uscito dall’acqua, «palestra, pesi, esercizi di potenziamento» e, spesso, «sedute di ginnastica ritmica per migliorare allungamento ed elasticità».

A proposito, la ginnastica ritmica resta l’unico sport delle Olimpiadi estive a cui ai maschi non è consentito partecipare, e nella quale, anche a livelli inferiori, lo spazio per i maschi è praticamente inesistente nella maggior parte dei paesi e delle federazioni. Allo stesso modo, alle Olimpiadi invernali c’è la combinata nordica, unione del salto con gli sci e dello sci di fondo, che è una disciplina solo maschile.

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