La Camera ha approvato la legge di bilancio

Ora dovrà essere votata anche dal Senato, ma i tempi sono molto stretti

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (Roberto Monaldo / LaPresse)
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (Roberto Monaldo / LaPresse)
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Con 197 voti favorevoli e 129 contrari, sabato mattina la Camera dei deputati ha approvato la legge di bilancio, la principale misura economica dell’anno che stabilisce come lo Stato italiano intende modificare la spesa pubblica nel 2023. Per entrare in vigore dovrà essere approvata anche dal Senato, ma i tempi sono particolarmente stretti.

La legge di bilancio dev’essere infatti approvata da entrambe le camere e promulgata dal presidente della Repubblica entro il 31 dicembre, altrimenti il governo deve far ricorso al famigerato “esercizio provvisorio”, uno strumento dai confini non chiarissimi che permette allo Stato di spendere soldi sulla base delle previsioni di spesa presentate nella legge di bilancio, ma non ancora approvate, fino a che il parlamento non riesce a mettersi d’accordo.

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Per velocizzare i tempi e non rischiare di superare la scadenza del 31 dicembre, il governo ha deciso di porre la questione di fiducia sulla legge, che è stata votata venerdì in tarda serata (con 221 favorevoli, 152 contrari e 4 astenuti): questo ha impedito alle opposizioni di presentare nuove modifiche, e quindi la legge è stata votata alla Camera così com’era stata approvata dalla commissione Bilancio (e lo stesso varrà per il Senato).

L’approvazione da parte della Camera è stata piuttosto complicata: rispetto al testo approvato dal Consiglio dei ministri il 21 novembre, nel corso dell’esame in commissione Bilancio il governo aveva presentato diverse modifiche, contenute nel cosiddetto “maxiemendamento”.

Dopo l’approvazione in commissione mercoledì sera, il testo era stato sottoposto all’esame della Ragioneria Generale dello Stato, il dipartimento del ministero dell’Economia che ha il compito di verificare che non ci siano “buchi” nel bilancio pubblico. La Ragioneria aveva però rilevato che per 44 misure contenute negli emendamenti non c’erano le coperture finanziarie necessarie, e il testo era perciò dovuto tornare nuovamente in commissione Bilancio per essere modificato.

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La legge di bilancio per il 2023 vale in tutto circa 35 miliardi di euro: la maggior parte delle risorse servirà a prolungare molte misure attualmente in vigore che servono a contenere gli effetti dei rincari dell’energia. Solo un terzo di questi soldi servirà a finanziare alcune misure più identitarie e programmatiche della maggioranza, come la flat tax e una nuova quota per le pensioni.

Per quanto riguarda la prima, non si tratta di una vera flat tax, ma di una misura già introdotta nel 2019 dal governo guidato da Lega e Movimento 5 Stelle: è infatti solo stata aumentata la soglia per accedere all’aliquota del 15 per cento per i lavoratori autonomi, da 65mila euro di reddito annuo a 85mila. È stata inserita anche la flat tax incrementale, voluta da Fratelli d’Italia, che si applicherà agli aumenti di reddito degli autonomi che dichiarano fino a 40 mila euro.

Per le pensioni, è stata introdotta una riforma pensionistica detta “Quota 103” che eviterà il ritorno alla legge Fornero. È una riforma temporanea, che per ora riguarderà solo il prossimo anno: prevede il pensionamento con almeno 41 anni di contributi e 62 anni di età, per un totale di 103 anni (da qui il nome della riforma).

È stata introdotta inoltre una sostanziale modifica al reddito di cittadinanza. Continuerà a essere previsto per le categorie in oggettiva condizione di povertà e che non possono lavorare, mentre chi è giudicato “occupabile”, ossia in grado di poter avere un lavoro, continuerà a riceverlo solo per un periodo limitato di tempo nel 2023. Dal 2024 dovrebbe essere tolto solo a quest’ultima categoria di persone, ma comunque, diversamente da quanto detto da alcuni media, non sarà abolito del tutto.

Nel 2023 alle persone che ricevono il reddito e definite “occupabili” sarà erogato l’assegno al massimo per 7 mensilità, invece delle attuali 18 rinnovabili. Durante questo periodo dovranno frequentare corsi obbligatori di formazione o riqualificazione professionale. Il sussidio decade se queste persone non frequentano i corsi o nel caso in cui rifiutino la prima offerta di lavoro, qualunque essa sia (la bozza iniziale la definiva proposta “congrua” ma questo aggettivo è stato successivamente eliminato).

È stato invece eliminato un articolo presente nella prima stesura della legge che prevedeva di introdurre una soglia di 60 euro sotto la quale un esercente può rifiutare i pagamenti elettronici. La norma era stata criticata da più parti, anche dalla Commissione Europea, che temeva avrebbe incentivato l’evasione fiscale.

Come già annunciato nei giorni scorsi, è stata introdotta una modifica della cosiddetta “18App”, il buono da 500 euro per i neo 18enni da spendere in consumi culturali come libri, spettacoli e visite ai musei, che era stato introdotto nel 2016 dal governo di Matteo Renzi. Il buono rimarrà in vigore nel 2023, ma dal 2024 sarà sostituito da due carte: una “Carta Cultura Giovani” del valore di 500 euro, riservata solo ai neomaggiorenni il cui nucleo familiare ha un ISEE inferiore ai 35mila euro, e una “Carta Merito”, sempre di 500 euro, per gli studenti delle scuole superiori che ottengono un voto di 100/100 all’esame di maturità. Le due carte saranno cumulabili, per chi rispetta entrambi i requisiti.

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