Il culto trasversale per Santa Lucia

Dalla Sicilia alla Svezia oggi si celebra la figura di una giovane martirizzata nel IV secolo, in un'epoca complicata per i cristiani

Il seppellimento di Santa Lucia, Caravaggio, 1608 (Wikimedia Commons)
Il seppellimento di Santa Lucia, Caravaggio, 1608 (Wikimedia Commons)

La mattina del 13 dicembre i bambini di alcune zone del Nord Italia si svegliano molto presto, eccitatissimi, per ricevere in dono dolci e altri regali (se sono stati abbastanza bravi, ammoniscono i genitori). Nel frattempo a Siracusa, in Sicilia, ci si prepara per una processione che attraversa tutta la città. E sempre lo stesso giorno, ma in Svezia, i bambini si cimentano in una recita chiamata Luciatåg, una processione in cui una bambina con in testa una corona di candele avanza, seguita da altre bambine vestite di bianco che cantano.

Anche se legati a luoghi geograficamente lontani, questi riti sono accomunati dal fatto di essere dedicati alla stessa persona, Santa Lucia, nata e morta a Siracusa tra la fine del III secolo e l’inizio del IV. Tradizionalmente è considerata la protettrice dei ciechi e viene pregata in caso di malattie agli occhi, infatti è spesso ritratta con in mano i suoi stessi globi oculari (la sua è una delle iconografie più truculente del Cattolicesimo). Eppure non è chiaro da dove derivi questa tradizione, anche perché non è vero che le strapparono gli occhi: almeno, non risulta dalle fonti più antiche, secondo cui Lucia sarebbe morta sgozzata o decapitata.

Non è chiaro neanche come e perché questo culto si sia diffuso in Italia e poi in Europa. Probabilmente il percorso fu simile a quello di San Nicola, poi diventato Santa Claus e Babbo Natale. Di certo Santa Lucia era celebrata in Gran Bretagna e in altri paesi dell’Europa settentrionale prima della Riforma protestante, e il culto della Santa è poi rimasto anche dopo sotto varie forme, specialmente nei paesi scandinavi. Come scrisse Leonardo Tondelli nel suo blog sul Post, «l’unica congettura è che Lucia si sia conquistata il patronato, e la posizione fondamentale nel calendario pre-gregoriano, per via del nome, che appunto la collega alla luce».

Nel calendario in vigore fino al 1582, infatti, il solstizio d’inverno coincideva più o meno con la notte del 13 dicembre. Le cose cambiarono con la riforma del calendario voluta da papa Gregorio XIII, ma ancora oggi, dove viene festeggiata, la notte di Santa Lucia è «la più lunga che ci sia». In certe zone del Nord Italia (Udine, una parte dell’Emilia, Verona e provincia, buona parte della Lombardia meridionale e orientale) “la Santa” sostituisce addirittura Babbo Natale. Per certi bambini di quelle zone i regali si ricevono il 13 dicembre, non il 25, in una festività che è una sorta di fusione tra Epifania e Natale: ricevono dolci e regali, ma devono addormentarsi presto perché «Santa Lucia se la guardi scappa via».

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A Siracusa, invece, la Santa si celebra con una solenne processione per le strade della città. La statua di Santa Lucia viene portata al ritmo del grido “Sarausana jè!”, cioè “È Siracusana!”, a rivendicare l’appartenenza territoriale della Santa. I fedeli rispondono poi con “Viva Santa Lucia!”, spesso camminando scalzi e portando grossi ceri che sgocciolano sulla strada, rendendola scivolosa.

Sulla vita di Lucia sappiamo ben poco. Nacque a Siracusa presumibilmente nel 281, e secondo la leggenda coltivava un culto particolare per Sant’Agata, martirizzata a Catania qualche decennio prima della sua nascita. Un giorno, racconta la leggenda, Lucia convinse sua madre, Euticia, a portarla al sepolcro di Sant’Agata, dicendole che la santa avrebbe guarito le perdite uterine di cui soffriva Euticia. Di fronte al sepolcro, Lucia ebbe una visione di Sant’Agata che le rivelò: «Perché chiedi a me ciò che tu stessa puoi ottenere?». Una volta risvegliata, videro che Euticia era guarita.

Santa Lucia dipinta da Francesco del Cossa, 1472-1473 (Wikimedia Commons)

Sempre secondo la leggenda, Lucia intese la propria vocazione alla santità come indissolubilmente legata alla castità e al celibato, perciò si oppose alla volontà delle famiglia di farla sposare. Il suo pretendente, contrariato, la denunciò per cristianità: in quel periodo l’imperatore era Diocleziano, noto per aver perseguitato i cristiani con particolare ferocia.

Lucia fu inquisita dal proconsole Pascazio, che per costringerla ad abiurare la sua fede la minacciò di farla violentare in un bordello. Lucia rimase impassibile, dicendogli che la purezza e la castità stanno nell’intenzione, non nella carne, perciò sul suo corpo può succedere qualsiasi cosa: lei resterà pura. È un concetto che fece discutere per anni i teologi, e che tornerà simile anche in altri martìri, spesso imperniati su figure di giovani donne vergini che resistono a un tentativo di violarle. In ogni caso, continua la leggenda, Lucia non venne portata nel bordello perché lo Spirito Santo la rese pesantissima, tanto che nessun soldato riuscì a trasportarla.

Pascazio allora tentò di darle fuoco, ma nemmeno quello bastò, Lucia rimase illesa. Infine venne sgozzata. La morte, comunque, giunse solo quando Lucia ricevette l’eucarestia, e non prima che dicesse ai presenti di inaugurare un culto nei suoi confronti, così come i catanesi veneravano Sant’Agata.

Al di là della leggenda, il culto per Santa Lucia è attestato a Siracusa fin dai secoli IV e V, quindi non molto tempo dopo la sua morte. Nel 1039, quando la Sicilia era sotto il dominio arabo, il corpo di Santa Lucia venne trafugato e portato a Costantinopoli, di nuovo in terra cristiana. All’inizio del Tredicesimo secolo poi venne di nuovo trafugato dal doge Enrico Dandolo e portato a Venezia. Da allora si trova lì, nella chiesa dedicata a lei e a San Geremia, sul Canal Grande.

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