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  • Domenica 4 dicembre 2022

L’Iran dice di essere disposto a rivedere le regole sul velo obbligatorio 

Sembra un segnale di apertura dopo tre mesi di proteste, benché sia tutto ancora molto vago 

Un manifestante mostra un ritratto stilizzato di Mahsa Amini durante una protesta (AP Photo/Peter Dejong)
Un manifestante mostra un ritratto stilizzato di Mahsa Amini durante una protesta (AP Photo/Peter Dejong)
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Sabato un importante esponente del regime iraniano ha detto all’agenzia di stampa locale ISNA che le autorità stanno valutando se modificare la legge che in Iran obbliga le donne a indossare il velo islamico (hijab). L’obbligo del velo è stato il punto di partenza delle estese, trasversali ed eccezionali proteste iniziate quasi tre mesi fa, dopo la morte in carcere di Mahsa Amini, una giovane donna arrestata a Teheran – e poi morta durante la detenzione – proprio perché non indossava in maniera corretta il velo. Le dichiarazioni del regime sono ancora molto vaghe e non è chiaro se e quanto cambieranno le rigide norme sull’abbigliamento femminile, ma è il primo concreto segnale di apertura dopo mesi di proteste represse con la violenza.

– Ascolta: E se i manifestanti iraniani ce la facessero?

L’esponente del regime che ha parlato con l’agenzia di stampa ISNA è il procuratore generale iraniano Mohammad Jafar Montazeri. Ha detto che «sia il parlamento che la magistratura stanno lavorando sulla questione», riferendosi alla necessità di cambiare la legge che in Iran rende obbligatorio il velo.

Montazeri non ha dato dettagli su quali modifiche alla legge le autorità stiano valutando, ed entrambi gli organi da lui nominati – parlamento e magistratura – sono saldamente controllati dai conservatori, tradizionalmente contrari in Iran alla rimozione dell’obbligo del velo per le donne. Montazeri, comunque, ha detto che si sono svolti alcuni incontri lo scorso mercoledì e che «si vedranno i risultati [di questi incontri] in una settimana o due».

Il giorno dopo, domenica, sulla stampa è stata diffusa una dichiarazione in cui Montazeri avrebbe annunciato il futuro scioglimento della polizia religiosa morale iraniana, un corpo istituito nel 2005 per volontà della parte più conservatrice e intransigente del regime iraniano, nonché quello che lo scorso settembre aveva arrestato Mahsa Amini. Le parole di Montazeri sono state in realtà molto più vaghe di così e per il momento l’annuncio dello scioglimento della polizia morale non è stato confermato da altre fonti ufficiali.

– Leggi anche: Cos’è la polizia religiosa iraniana

Anche l’attuale presidente iraniano Embrahim Raisi, ultraconservatore, sembrerebbe diventato più aperto rispetto alle richieste dei manifestanti, anche se con parole ancora più vaghe. Sempre sabato, in un’intervista, Raisi ha detto che le fondamenta islamiche della Repubblica iraniana sono sì stabilite dall’attuale Costituzione (quella approvata dopo la Rivoluzione del 1979, che trasformò l’Iran in una Repubblica Islamica), ma che «ci sono metodi di attuazione della Costituzione che possono essere flessibili».

Anche in questo caso parliamo di dichiarazioni molto vaghe. Fino a poche settimane fa Raisi non si era mostrato affatto disponibile a rivedere le sue posizioni sull’obbligo del velo.

In Iran il velo è obbligatorio dal 1983, anno in cui il regime instauratosi dopo la Rivoluzione del 1979 approvò una legge al riguardo. Nel corso degli anni furono poi introdotte altre norme, anche molto restrittive, per far sì che l’obbligo venisse rispettato: si andava dalle sanzioni economiche all’incarcerazione. Negli ultimi anni alcune di queste regole sono state rilassate: nel 2018 per esempio il regime sostituì alle multe e al carcere l’obbligo per chi non indossava il velo di frequentare corsi obbligatori di educazione islamica.

Come spiegato dalla studiosa , però, le autorità hanno sempre goduto di una certa discrezione nello stabilire se una donna stesse o meno indossando correttamente il velo, ed era stata proprio una contestazione di questo tipo a portare all’arresto di Mahsa Amini lo scorso settembre.

Le proteste seguite alla morte di Amini si sono progressivamente estese e allargate fino a diventare una trasversale rivolta contro il regime, che ha risposto con una dura e violenta repressione.

Sono state arrestate migliaia di persone e ne sono state uccise diverse centinaia, tra cui molti minori. Sono state arrestate anche una serie di persone famose del mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo che nel corso di questi mesi avevano espresso solidarietà nei confronti di chi manifestava. Tra le altre cose, le forze di sicurezza iraniane sono arrivate a usare le ambulanze per infiltrarsi nelle proteste e arrestare i manifestanti, per poi picchiarli all’interno dei veicoli o portarli via, una pratica che violerebbe le norme internazionali sulla fornitura imparziale di cure mediche.

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