I nuovi videogiochi dei Pokémon sono diversi dal solito

Sono i primi “a mondo aperto” della saga, ma hanno alcuni evidenti limiti tecnici che stanno indispettendo i fan

(Nintendo)
(Nintendo)
Caricamento player

Qualche giorno fa sono usciti per Nintendo Switch Pokémon Scarlatto e Violetto, i due titoli più recenti di una delle saghe di videogiochi più amate e popolari al mondo. Si trattava di due giochi molto attesi, sia perché introducono una nuova generazione di mostriciattoli e personaggi, sia perché offrono un’esperienza di gioco che finora non era stata pienamente introdotta nei videogiochi dei Pokémon.

Scarlatto e Violetto, infatti, sono open world, ovvero ambientati in un mondo virtuale con cui il giocatore può interagire liberamente, esplorando gli spazi e completando le missioni nell’ordine che preferisce. Molti critici e giocatori hanno però sottolineato che, da un punto di vista grafico e tecnico, Scarlatto e Violetto hanno dei grossi limiti, e non reggono il confronto con altri giochi open world anche molto più vecchi.

I videogiochi open world non sono più una novità da quasi vent’anni: Grand Theft Auto e Assassin’s Creed, due dei titoli più amati del genere, risalgono ai primi anni Duemila, e nel 2017 la stessa Nintendo a cui appartiene in parte il marchio Pokémon aveva prodotto The Legend of Zelda: Breath of the Wild, che rivoluzionò il genere. Eppure, prima di Scarlatto e Violetto tutti i giochi ambientati nel mondo dei Pokémon – a partire dai classici Rosso e Verde per Game Boy, pubblicati nel 1996 – avevano seguito più o meno lo stesso schema di gioco, in base a cui i giocatori seguivano un percorso predeterminato per ottenere creature conosciute come Pokémon e usarle per combattere contro altri allenatori e capipalestra, in modo da collezionare tutti i mostriciattoli e diventare l’allenatore più forte del mondo.

– Leggi anche: L’inaspettato successo mondiale di un videogioco cinese

In Scarlatto e Violetto, invece, esistono tre missioni diverse, che possono essere affrontate nell’ordine che si preferisce, anche contemporaneamente. La prima, Victory Road, è quella che somiglia di più alla storia del gioco classico: la sfida è sconfiggere otto capipalestra e arrivare in cima alla Lega Pokémon. La seconda, Path of Legends, chiede di accompagnare un professore alla ricerca dei Pokémon Titan, dei mostri giganti rafforzati dai poteri di un’erba rara. La terza, Starfall Street, chiede di sconfiggere il Team Star, una banda di criminali che tormenta gli abitanti dell’isola di Paldea.

Il passaggio ad un approccio open world, in cui camminando si incontrano tantissimi Pokémon di ogni grandezza e livello, ha richiesto anche alcuni aggiustamenti nel modo in cui il giocatore si interfaccia con le creature e gli esseri umani che incontra sul proprio cammino. Gli allenatori rivali non ti fermano più per attaccare briga: ora è il giocatore che deve andare a vedere se un altro personaggio è interessato a combattere e, eventualmente, ad iniziare il combattimento. È anche possibile mandare i propri Pokémon ad esplorare autonomamente il territorio circostante e combattere contro le creature selvatiche che incontrano senza richiedere l’intervento del giocatore, mentre nei titoli precedenti era necessario gestire personalmente tutti gli scontri.

(Nintendo)

Non sono le uniche novità: in Scarlatto e Violetto è possibile, per la prima volta, giocare con un massimo di tre propri amici contemporaneamente in modo piuttosto interattivo: siamo distanti da un gioco pienamente multiplayer, ma anche dagli altri giochi dei Pokémon, in cui era possibile al massimo scambiarsi Pokémon e oggetti con gli amici.

«È anche uno dei giochi Pokémon più difficili degli ultimi anni; le basi e le palestre in realtà richiedono un certo sforzo e fatica per essere sconfitte, il che è un bel cambiamento rispetto agli ultimi titoli un po’ troppo facili, come Spada e Scudo», ha scritto il critico Tom Regan sul Guardian. «Ma appena metti piede fuori casa – che è il classico primo passo in tutte le avventure Pokémon – va tutto a scatafascio. Scarlatto e Violetto sono giochi che sognano in grande ma sono sconfitti dalla realtà: non sto usando un’iperbole quando dico che sono tra i giochi peggio funzionanti a cui abbia mai giocato. Le Pokéball rimangono incastrate nelle rocce. La frequenza dei fotogrammi dell’open world è traballante. Gli edifici della città sberluccicano come se fossero stati fatti male con Photoshop e il terreno scompare regolarmente sotto i piedi dei Pokémon mentre stanno combattendo. Ed è una tragedia, perché sotto la superficie squallida, Scarlatto e Violetto sono i giochi Pokémon più avvincenti degli ultimi decenni».

– Leggi anche: L’invenzione dei Pokémon

Fino a un certo punto, le critiche non sono nuove: è dal 2013, quando la casa produttrice di videogiochi Game Freak pubblicò i primi giochi dei Pokémon in 3D, che i fan si lamentano dei loro limiti tecnici. Ma nessun altro gioco della serie aveva ricevuto così tante critiche legate al suo malfunzionamento: tutte le recensioni uscite negli ultimi giorni vi danno ampio spazio, e alcuni giocatori hanno anche chiesto un rimborso a Nintendo, considerando Scarlatto e Violetto ingiocabili.

Gli esempi abbondano. «C’è un momento all’inizio in cui segui il tuo rivale in cima a un faro. Che sia intenzionale o meno, sembra che dovrebbe essere quel momento in ogni gioco open world in cui puoi apprezzare la vasta distesa del mondo davanti a te. Sfortunatamente, ciò che si vede è invece molto confuso: la città di Mesagoza sembra solo una collezione di forme biancastre in lontananza e gli alberi sembrano delle macchie verdi», dice il critico Jake Dekker su GameSpot.

Su GamesRadar, invece, Joel Franey scrive: «Certo, a volte i difetti erano divertenti: a un certo punto l’occhio di un personaggio si è chiuso di colpo e lei ha passato metà della conversazione a fissarmi come se fosse Braccio di Ferro, e un Hoppip è sprofondato nel marciapiede come quella scena di Homer Simpson tra i cespugli. (…) Non è possibile esplorare un mondo in modo entusiastico quando tutto sembra così poco attraente, i Pokémon continuano ad apparire dal nulla sotto ai miei piedi e giocare per un po’ provoca un mal di testa lancinante.»