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  • Martedì 1 novembre 2022

Cosa sta succedendo con il blocco dei cereali ucraini

La Russia ha definito «inaccettabile» la ripresa delle esportazioni e c'è molta incertezza su come procederanno  

Navi cariche di cereali ucraini che attraversano lo stretto del Bosforo, l'1 novembre 2022 (AP Photo/Khalil Hamra)
Navi cariche di cereali ucraini che attraversano lo stretto del Bosforo, l'1 novembre 2022 (AP Photo/Khalil Hamra)
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Martedì mattina sono partite dai porti ucraini sul mar Nero altre tre navi cariche di cereali destinati all’esportazione, dopo le dodici partite lunedì con a bordo oltre 350mila tonnellate di cereali: in tutti questi casi le navi sono partite senza l’autorizzazione della Russia, che sabato aveva sospeso la propria partecipazione all’accordo firmato lo scorso 22 luglio per far ripartire le esportazioni dei cereali ucraini dopo cinque mesi di interruzioni a causa della guerra.

La Russia aveva sospeso la propria partecipazione all’accordo – bloccando, di fatto, l’esportazione dei cereali – come ritorsione contro alcuni attacchi subiti dalla sua flotta sul mar Nero, di cui aveva incolpato l’Ucraina: nel fine settimana non era quindi partita nessuna nave, con forti preoccupazioni sul rischio di una crisi alimentare nei molti paesi del mondo in cui l’Ucraina è il principale esportatore di cereali e altri prodotti alimentari.

Proprio per questo lunedì le Nazioni Unite erano intervenute e avevano annunciato di aver concordato comunque una ripresa delle esportazioni – senza il permesso della Russia – con l’Ucraina e la Turchia, il paese che aveva mediato e organizzato l’accordo di luglio tra Russia e Ucraina. Le Nazioni Unite avevano detto che la decisione era stata comunicata anche alla Russia, che però non l’aveva inizialmente commentata in via ufficiale.

Il commento del governo russo è arrivato lunedì sera: in una conferenza stampa fatta dopo aver incontrato i leader di Azerbaijan e Armenia a Sochi, in Russia, il presidente russo Vladimir Putin ha definito «inaccettabile» la ripresa delle esportazioni dei cereali ucraini.

Soprattutto, Putin ha fatto capire che almeno per il momento non è intenzionato a garantire la sicurezza delle navi in partenza dai porti ucraini, come previsto dall’accordo di luglio. Putin ha detto che perché questo accada l’Ucraina deve dare ulteriori garanzie sul fatto che non compirà attacchi contro navi e imbarcazioni russe, e ha aggiunto che la Russia non ha abbandonato l’accordo di luglio ma ha solo sospeso temporaneamente la propria adesione.

In altre parole, lunedì sera Putin ha implicitamente minacciato di attaccare le navi cariche di cereali che lasceranno i porti ucraini nel caso in cui l’Ucraina non si impegni formalmente a non compiere attacchi contro le sue imbarcazioni (un’ipotesi piuttosto improbabile, in un contesto in cui la Russia sta bombardando in continuazione infrastrutture civili ucraine).

Cosa le minacce di Putin potrebbero comportare è tutto da vedere: al momento le sue parole hanno creato soprattutto una grande incertezza su come potrebbe procedere il traffico delle imbarcazioni cariche di cereali in partenza dai porti ucraini.

La Russia potrebbe decidere di attaccare le navi o di interromperne il traffico: sarebbe una mossa «completamente illegale», ha detto al Wall Street Journal Yoruk Isik, direttore del Bosphorus Observer, una società di consulenza che monitora le attività navali nelle acque turche e nel mar Nero, riferendosi alle norme che regolano la libertà di movimento nelle acque internazionali.

Se la Russia decidesse di attaccare le navi in transito potrebbe farlo con i mezzi di cui ancora gode nonostante gli attacchi ucraini compiuti con droni e missili negli ultimi mesi: sempre il Wall Street Journal scrive che nel mar Nero la Russia dispone di almeno quattro sottomarini, 10 grandi navi anfibie, navi di pattugliamento più piccole e munizioni comprendenti razzi, siluri e missili da crociera.

La Russia potrebbe anche decidere di smettere di collaborare per far sì che le navi in transito affrontino rotte sicure, evitando per esempio le mine piazzate in acqua dai due eserciti nel corso di questi mesi di guerra.

Le modalità con cui procederanno le esportazioni sono al momento piuttosto imprevedibili e molto dipenderà da eventuali negoziazioni e dalle azioni sul campo. Nel frattempo, scrive Bloomberg, l’incertezza che si è creata ha provocato un rialzo piuttosto netto dei prezzi dei cereali.