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  • Lunedì 10 ottobre 2022

In Belgio una sopravvissuta agli attentati terroristici del 2016 ha ottenuto l’eutanasia

Aveva 23 anni e problemi di salute mentale che si erano aggravati dopo gli attacchi: ci sono polemiche sulla pubblicazione della notizia

Bruxelles, 23 marzo 2016 (Getty Images)
Bruxelles, 23 marzo 2016 (Getty Images)
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Una giovane donna che a 17 anni era rimasta coinvolta negli attentati terroristici compiuti dall’ISIS in Belgio nel 2016 ha ottenuto l’accesso all’eutanasia che è stata eseguita lo scorso maggio. La notizia è stata resa pubblica solo qualche giorno fa durante un programma televisivo trasmesso su Radio-Télévision Belge de la Communauté Française (RTBF), la tv pubblica belga. Shanti De Corte – che aveva già problemi di salute mentale – era sopravvissuta agli attacchi del 2016, ma non si era mai ripresa dalla sindrome post-traumatica che quell’esperienza le aveva causato. Le sue «insopportabili sofferenze psicologiche» erano state giudicate incurabili.

Il 22 marzo del 2016 vi furono due attentati compiuti dall’ISIS in due punti di Bruxelles, che fecero 32 morti e 340 feriti. Il primo attacco avvenne poco prima delle otto all’aeroporto di Zaventem, con due esplosioni causate da due attentatori suicidi; poco dopo le nove ci fu una terza esplosione nella stazione metropolitana di Maalbeek, nel centro città, non lontano dalla zona dove si trovano le sedi delle principali istituzioni dell’Unione Europea.

Quel giorno Shanti De Corte, che all’epoca dei fatti aveva 17 anni, era in attesa con altri 90 studenti di un volo per Roma all’aeroporto di Zaventem. Al momento dell’esplosione si trovava a pochi metri da uno dei due attentatori. Riuscì a sopravvivere e non rimase ferita, ma il trauma psicologico che derivò da quell’esperienza andò ad alimentare, come confermato dalla psicologa della scuola frequentata all’epoca da Shanti De Corte, un malessere preesistente all’attacco.

Poche settimane dopo il 22 marzo, Shanti De Corte venne ricoverata in una struttura psichiatrica ad Anversa, un luogo che già conosceva per precedenti ricoveri. Venne curata con degli antidepressivi di cui parlò anche su Facebook, che usava come una specie di diario: «Prendo diverse medicine a colazione. E fino a 11 antidepressivi al giorno. Non potrei vivere senza di loro. Con tutte le medicine che prendo, mi sento come un fantasma che non sente più niente».

Per diversi mesi Shanti De Corte entrò e uscì dall’ospedale. Nel 2018, dopo un nuovo ricovero, subì un tentativo di aggressione sessuale da parte di un altro paziente, e quando venne dimessa rilasciò un’intervista dicendo di voler essere d’esempio per altre vittime, la dimostrazione che il trauma di quegli attentati poteva essere superato: «A volte urlo come se fossi tornata a Zaventem. Ma voglio vivere e aiutare gli altri», aveva detto al quotidiano Het Laatste Nieuws. Nel 2020 De Corte, come aveva già tentato di fare in passato, cercò però di suicidarsi.

Alcune amiche, anche loro presenti in aeroporto il giorno degli attacchi, e molto vicine a Shanti De Corte, avevano partecipato a un programma terapeutico creato appositamente per le vittime degli attentati di Bruxelles avvisando i terapeuti con cui erano entrate in contatto della condizione di Shanti De Corte. Una terapeuta si offrì dunque di curare De Corte inviando una lettera allo psichiatra che già aveva in cura la ragazza. La risposta fu un rifiuto: «La signora De Corte mi ha incaricato di dirle che non è interessata alla proposta».

Nel frattempo Shanti De Corte, sostenuta dalla famiglia, aveva più volte fatto richiesta di accesso all’eutanasia, senza riuscirci. Dopo essersi rivolta a un’associazione e aver ripresentato tramite loro la domanda nell’aprile del 2022 (aveva 23 anni), due psichiatri avevano infine giudicato il dolore psicologico della ragazza come incurabile e avevano convalidato la procedura. Shanti De Corte è morta il 7 maggio 2022, lasciando poche parole di addio su Facebook.

La decisione di concedere il diritto all’eutanasia a Shanti de Corte ha sollevato diverse questioni mediche ed etiche. Un neurologo dell’ospedale universitario di Bruxelles, Paul Deltenre, che ha avuto a che fare con il caso di Shanti De Corte, ha ad esempio dichiarato che l’eutanasia non avrebbe dovuto aver luogo perché era possibile accedere ad altre proposte di trattamento. La procura di Anversa ha aperto un’indagine sulla procedura che ha coinvolto De Corte, ma ha archiviato il caso concludendo che tutto si era svolto in modo regolare. A sua volta, la Commissione federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia ha spiegato che la legge era stata rispettata.

Le polemiche maggiori non hanno comunque riguardato l’accettazione della richiesta di Shanti De Corte, ma come il suo caso è stato reso pubblico. Tramite il proprio legale, la famiglia di De Corte «ha espresso delle riserve sul rispetto della condotta professionale e etica» della trasmissione televisiva che ha raccontato la vicenda dicendo anche che il resoconto di quanto accaduto conteneva «degli errori». Ha poi riferito di non essere stata consultata e ha chiesto il rispetto della privacy.

RTBF ha risposto dicendo di comprendere la situazione della famiglia, ma anche di averla contattata in più occasioni per intervistarla e ascoltare da loro la storia, senza successo. Gli autori del programma hanno deciso di parlare comunque del caso ritenendolo «di interesse pubblico» e spiegando che poteva contribuire a far comprendere «ciò che è accaduto alle vittime dopo questi terribili eventi. L’indagine si concentra sul dopo, sull’aiuto fornito alle vittime e evidenzia ciò che non ha funzionato nelle cure, nel supporto, sia dal punto di vista terapeutico che finanziario».

L’udienza preliminare del processo per gli attacchi di Bruxelles si è svolta lo scorso 12 settembre. Negli attentati morirono anche tre attentatori suicidi, Najim Laachraoui, Ibrahim e Khalid El Bakraoui, mentre altri due, Mohamed Abrini e Osama Krayem, decisero di non farsi esplodere e furono arrestati dopo aver cercato di fuggire. Abrini e Krayem sono tra i 16 imputati nel processo.

Tra loro c’è anche Salah Abdeslam, l’unica persona ancora viva ad aver partecipato agli attentati di Parigi del novembre 2015 (per cui è stato condannato all’ergastolo). Abdeslam era stato arrestato il 18 marzo del 2016 a Molenbeek, comune vicino a Bruxelles di cui era originario. Secondo gli investigatori, avrebbe avuto un ruolo anche nell’organizzazione degli attentati compiuti nella capitale belga. Shanti De Corte avrebbe dovuto essere tra le testimoni al processo.

– Leggi anche: La sentenza sugli attacchi terroristici del 2015 a Parigi

Il Belgio è stato uno dei primi paesi europei ad aver autorizzato l’eutanasia, nel 2002. Nel 2014 il parlamento belga ha poi eliminato le restrizioni di età previste fino a quel momento nella legge. In Belgio è dunque permesso praticare l’eutanasia senza restrizioni di età, ma solo a determinate condizioni: il minore o la minore dovrà trovarsi in «una situazione medica senza uscita che prevede un prossimo decesso» (la diagnosi e la prognosi, come per gli adulti, deve essere verificata da un secondo medico esterno) e provare «una sofferenza fisica costante e insopportabile che non può essere placata e che è il risultato di una condizione patologica grave e incurabile». La legge che riguarda le persone adulte, invece, prevede la possibilità di richiedere l’eutanasia anche a chi incontra sofferenze insopportabili dal punto di vista psicologico.

Secondo Agence France-Presse, nel 2021 ci sono state 2.760 richieste di eutanasia nel paese. La maggior parte di queste riguardava persone di età compresa tra i 60 e gli 89 anni e nell’84 per cento dei casi si trattava di malati terminali.

– Leggi anche: In Francia si riparla di fine vita

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.