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  • Domenica 2 ottobre 2022

Come sono stati sabotati i gasdotti Nord Stream?

Svezia e Danimarca sono certe che ci siano state due esplosioni, sul modo in cui sono state provocate ci sono alcune ipotesi

Il tracciato del gasdotto Nord Stream 1 rappresentato su un container a Lubmin, in Germania, il 20 luglio 2022 (AP Photo/Markus Schreiber, LaPresse)
Il tracciato del gasdotto Nord Stream 1 rappresentato su un container a Lubmin, in Germania, il 20 luglio 2022 (AP Photo/Markus Schreiber, LaPresse)
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Le perdite dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel mar Baltico sarebbero state causate da «almeno due esplosioni» realizzate con «centinaia di chili» di esplosivo. È la teoria presentata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dai governi di Danimarca e Svezia, nelle cui zone economiche esclusive, le aree marittime in cui esercitano la propria autorità, sono avvenute le perdite. Non si sa ancora bene come siano state provocate le esplosioni, ma sono state fatte alcune ipotesi. Sia l’Unione Europea che la NATO sono comunque convinte che si sia trattato di un sabotaggio, e la stessa Russia, considerata la probabile responsabile dai governi occidentali, ha detto di ritenere che le perdite siano il risultato di un attacco intenzionale.

Le due esplosioni sono state rilevate dai sismografi lunedì: la prima ha danneggiato il Nord Stream 2, da cui la fuoriuscita di gas si è interrotta sabato, la seconda anche il Nord Stream 1, le cui perdite dovrebbero finire oggi secondo le previsioni della società che gestisce il gasdotto. Quando sono iniziate le perdite, i gasdotti non erano in funzione ma erano comunque pieni di gas naturale, e ora a causa delle esplosioni sono inutilizzabili.

Questa è la principale argomentazione di chi ha dei dubbi sulla responsabilità della Russia, dato che i gasdotti appartengono a Gazprom, la società energetica statale russa. Le ragioni per cui il presidente russo Vladimir Putin avrebbe dovuto sabotare i suoi stessi gasdotti sono sfuggenti, ma secondo i governi occidentali esistono comunque: l’operazione infatti potrebbe contribuire a creare un clima di ulteriore incertezza sulle forniture di gas che ne faccia risalire i prezzi, dato che nelle ultime settimane erano lievemente scesi.

Secondo fonti di intelligence della rivista tedesca Spiegel, le esplosioni avrebbero causato la rottura dei tubi in quattro punti e sarebbero state ottenute con 500 chilogrammi di tritolo: è come se i gasdotti fossero stati bombardati da un aereo militare. Ogni gasdotto è costituito da un tubo di acciaio spesso 4 centimetri e avvolto in 11 centimetri di calcestruzzo; una sezione lunga 12 metri pesa circa 24 tonnellate.

I tratti dei gasdotti colpiti si trovano a una profondità compresa tra 70 e 90 metri, e tre di essi sono distanti circa 15 chilometri da una rotta commerciale molto frequentata. Il quarto punto colpito, sul gasdotto Nord Stream 2, si trova invece 80 chilometri più a sud, in un’area di scarso passaggio.

Sono state fatte diverse ipotesi sul modo in cui l’esplosivo sarebbe stato portato fin lì. Potrebbero essere stati dei sottomarini, dei droni sottomarini o anche dei subacquei nel caso in cui il sabotaggio fosse stato compiuto con mine sottomarine, di quelle che possono essere attivate anche mesi o anni dopo essere state collocate nel punto di esplosione. Oppure potrebbero essere stati usati diversi tipi di ordigni, sparati da sottomarini militari, o anche da droni.

È stato suggerito che siano stati usati i robot che si occupano delle operazioni di manutenzione lungo i gasdotti: se fosse provato, sarebbe più facile dimostrare la presunta responsabilità russa. Per cercare prove i servizi di intelligence occidentali stanno cercando di scoprire le ultime posizioni note dei robot sottomarini russi che avrebbero potuto piazzare dell’esplosivo, alcuni dei quali appartengono a Gazprom.

Il presidente russo Vladimir Putin ha accusato gli Stati Uniti e la NATO di aver fatto esplodere i gasdotti, allo scopo di aumentare le tensioni internazionali legate alla guerra in Ucraina. Lo ha fatto nel suo minaccioso discorso di venerdì in cui ha annunciato l’annessione delle quattro regioni ucraine di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson e ha definito «nemico» l’Occidente.

Forse non è un caso che il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream sia avvenuto il giorno prima dell’inaugurazione del Baltic Pipe, il nuovo gasdotto che collega la Polonia alla Norvegia e che è da anni al centro del piano polacco per ridurre la propria dipendenza energetica dalla Russia. È il primo grande gasdotto che unisce un paese dell’Europa centrale con il Nord Europa. Gaz-System, la società polacca che lo gestisce, ha detto che il tratto di mare percorso dal gasdotto è sotto sorveglianza «in modo continuativo da servizi specializzati», senza fornire ulteriori dettagli.

Il sabotaggio di Nord Stream ha attirato l’attenzione sulle vulnerabilità delle infrastrutture sottomarine, non solo quelle che trasportano fonti di energia, ma anche quelle che sostengono le comunicazioni in tutto il mondo: i cavi di internet. Sono talmente tanti che è impossibile monitorarli tutti.

Per quanto riguarda le conseguenze ambientali delle perdite, secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), potrebbe essere stata la singola più grande diffusione di metano nell’atmosfera. Il metano, il principale componente del gas naturale, è un gas serra, cioè uno dei gas la cui sempre maggiore presenza nell’aria è all’origine del cambiamento climatico. Resta nell’atmosfera solo per 12 anni, contro i più di 500 dell’anidride carbonica, ma se si considera un periodo di 100 anni, quello solitamente usato dagli scienziati per fare paragoni, il suo Global Warming Potential, cioè quanto contribuisce all’effetto serra rispetto alla CO2, è di 25 volte superiore.

Ovviamente, se si considerano le emissioni di metano complessive che vengono prodotte in un anno nel mondo a causa delle attività umane, quelle causate dalle perdite dei gasdotti Nord Stream sono una quantità piccola, ma sono comunque considerevoli per una singola fonte e per questo se ne è parlato come di un «disastro climatico».