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  • Lunedì 19 settembre 2022

Nel Medioevo erano ossessionati dal freddo

L'ultimo libro di Chiara Frugoni racconta come si facevano i letti mille anni fa, per sfuggire a spifferi e umidità

Un uomo a letto nel particolare di una miniatura contenuta nel "Livre des eschés amoureux, ou des eschés d'amours" di Évrart de Conty (Paris, BNF, ms. Français 9197, f. 13, 1444-97)
Un uomo a letto nel particolare di una miniatura contenuta nel "Livre des eschés amoureux, ou des eschés d'amours" di Évrart de Conty (Paris, BNF, ms. Français 9197, f. 13, 1444-97)
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Con l’abbassarsi delle temperature e i noti problemi di approvvigionamento del gas, c’è chi comincia a fare battute su come affrontare il freddo di quest’inverno, anche in casa. Ma comunque andranno le cose, non ci saranno sicuramente gli stessi problemi di isolamento termico che c’erano mille anni fa: nel Medioevo, suggeriscono i documenti storici, le persone erano ossessionate dagli spifferi e dall’umidità, da cui era molto difficile difendersi.

Per questa ragione i letti erano abbastanza diversi da quelli di oggi, racconta l’ultimo libro di Chiara Frugoni, nota storica e divulgatrice, esperta di vita quotidiana nel Medioevo, morta lo scorso aprile a 82 anni. Il libro è uscito a settembre e s’intitola A letto nel Medioevo. Come e con chi: è stato pubblicato dal Mulino e, partendo da miniature e altre raffigurazioni grafiche e da testi come il Decameron, ricostruisce come erano fatti i letti medievali e come venivano usati. Pubblichiamo un estratto del primo capitolo.

***

L’anziano marito che scrive in prima persona Le Mesnagier de Paris (Il capo di casa di Parigi) – siamo fra il 1392 e il 1394 – durante la prima settimana di matrimonio suggerisce alla giovane sposa quindicenne tutti i modi per diventare una perfetta moglie e padrona di casa.

Innanzitutto dovrà occuparsi del benessere fisico del marito, provato da tante incombenze e dal lavoro fuori casa, e assicurargli, al ritorno, ogni conforto. «È compito del povero marito: andare e venire, correre di qua e di là senza badare a pioggia, vento, neve e gelo. Una volta è zuppo, un’altra asciutto, un giorno è in un bagno di sudore, un altro trema di freddo, mangia male, è male alloggiato, dorme in un letto scomodo, o soffre per le scarpe male in arnese. Ma sopporta tutto perché sogna le cure di sua moglie al ritorno: carezze, gioie e piaceri che sarà lei a prodigargli o a fargli procurare da altri in sua presenza. Ecco che lei, davanti al fuoco che scoppietta, gli toglie le scarpe, gli lava i piedi, gli porta le pantofole giuste. Poi lo fa mangiar bene e bere meglio, servito e riverito, finché si ritirano a letto fra lenzuola candide, con lui che indossa un berretto bianco, ben coperto da buone pellicce. È il momento dei piaceri, dei giochi e degli scherzi d’amore, e di tutte quelle segrete risorse che qui taccio. Al mattino dopo gli prepara un’altra camicia e vestiti nuovi».

Quello che qui desidero sottolineare è che, nonostante si alluda anche a una stagione calda (un bagno di sudore), il Mesnagier de Paris sembra vivere in un perpetuo inverno: all’esterno ci sono solo freddo, gelo, pioggia e vento, e con che entusiasmo desidera la sua casa dove invece di giorno arde la legna nel camino e di notte i disagi patiti sono compensati dal meraviglioso tepore di un letto molto accogliente! Oltre alla moglie affettuosa e complice troverà morbide pellicce e il berretto che ripara il capo dal gelo della camera. Di notte infatti, onde evitare il pericolo di incendi, il fuoco è spento.

Alla giovane sposa Le Mesnagier de Paris raccomanda che ogni sera, prima di coricarsi, si assicuri che i servitori abbiano ricoperto in tutti i camini le braci con la cenere. Solo allora sarebbero potuti andare a coricarsi; ma la brava padroncina doveva ancora accertarsi che prima ciascuno avesse posato il suo candeliere ben lontano dal proprio letto, dopo avere spento la fiamma, «sia soffiando sia con le dita, ma proprio un momento prima di entrare a letto e non quando erano ancora in camicia». Anche Le Mesnagier de Paris indossa per la notte soltanto un berretto.

Un malato assai sofferente visitato dal medico che ne esamina le urine, dal “Livre des propriétés des choses”, Paris, BNF, ms. Français 135, f. 223, XV sec.

Nel letto tutti dormivano nudi, anche i moribondi o gli ammalati (come nella miniatura del trattato di Bartolomeo Anglico), per liberarsi il più possibile dell’importuna compagnia di pulci e altri insetti, gettando poi di solito gli abiti su un bastone teso fra le pareti, ben lontano anche dai topi. Ma c’era anche chi si preparava ben steso sul letto il proprio abito in modo che, svegliandosi al mattino, uscito dalle tiepide lenzuola con il corpo nudo, si trovasse esposto al morso del gelo per il minor tempo possibile.

La Natura si affaccia nel sogno di Évrart de Conty, dal “Livre des eschés amoureux, ou des eschés d’amours”, Paris, BNF, ms. Français 9197, f. 13, 1444-97

Così si era organizzato il poeta Évrart de Conty, quando nella camera giunse Natura che gli insegnò in sogno la cautela nell’uso delle parole. Notiamo al volo che di solito nel Medioevo si dormiva semiseduti per la presenza di numerosi cuscini. Le cortine, nella miniatura, sono arrotolate: così erano di giorno, ma qui il miniatore le ha sollevate per permettere all’osservatore di vedere tutti i particolari della scena. E a scanso di equivoci, con lettere dorate che spiccano sulla coperta verde, ci dice di chi si tratta e quale opera ha scritto; leggiamo infatti: «L’acteur du livre ryme».

Quando i film raccontavano di cowboy e indiani, gli scontri avvenivano sempre in assolati paesaggi con il cielo terso e senza nuvole. Nel Medioevo invece sembra che non esista mai l’estate. Patire il freddo doveva essere una sensazione profondamente interiorizzata. Dai serramenti approssimativi delle finestre entravano gli spifferi che penetravano anche fra gli interstizi delle travi in legno del soffitto. Il sistema di riscaldamento era insufficiente: il camino, si sa, dà calore solo a chi gli sta molto vicino e per tirare bene spesso ha bisogno della corrente d’aria di una porta o di una finestra socchiuse.

Osserviamo la Nascita di Maria in una miniatura del 1450-75 tratta dalla Fleur des histoires di Jean Mansel, dove Anna [la madre di Maria], data l’età, è eccezionalmente mostrata vestita, forse anche perché aspetta visite.

La nascita di Maria, da Jean Mansel, “La fleur des histoires”, Paris, BNF, ms. Français 297, f. 1r, 1450-75

Per mettere a suo agio il lettore l’artista, attraverso un virtuale squarcio della parete, fa assistere all’episodio precedente, quando l’angelo era venuto ad annunciare al vecchio Gioacchino, rifugiatosi fra i pastori, vergognoso per la propria sterilità, che presto sarebbe diventato padre.

Al solito, nonostante la nascita sia avvenuta l’8 settembre, sembra che faccia molto freddo, fuori e dentro. L’amica appena entrata, a destra, è avvolta in un ampio mantello azzurro, a coprirle anche la testa velata. Il camino, con catena a cremagliera regolabile e piastra protettiva di ferro sul fondo, è spento. Il pavimento è di terra battuta; solo la parte dove di solito arde il fuoco è fatta di mattoni, che si estendono un poco anche verso il centro della stanza, là dove sarebbero potuti schizzare i tizzoni.

Nella camera c’è anche un’alta credenza dove fanno bella mostra di sé piatti, brocche e bicchieri. In effetti, come si vedrà meglio fra poco, nella camera da letto spesso si pranzava, approfittando del camino per cucinare e stare al caldo.

Ad attutire il freddo e l’umidità dell’impiantito, il letto è issato sopra una pedana in legno. Oltre alla coperta rosa che si intuisce pesante, una bella trapunta ricamata aggiunge altro calore. Se ce ne fosse bisogno, un paio di cuscini imbottiti con nappe sono poggiati sulla cassa ai piedi del letto dove possiamo immaginare riposte ulteriori coperte e lenzuola.

Anna si appoggia a un doppio cuscino: uno è il capezzale di forma cilindrica, che occupa tutta la larghezza del letto, e un altro è più piccolo e bene imbottito, anch’esso con due nappe alla sommità. La puerpera sta consegnando Maria già fasciata come una piccola mummia a una amica ben protetta dal gelo grazie a un doppio abito e a un ricco panneggio intorno al capo. Dei suoi piedi scorgiamo solo le punte delle scarpette nere, poggiate su una stuoia intrecciata che dovrà impedire ad Anna di rabbrividire troppo quando, dopo ben quaranta giorni, lascerà il letto.

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