Come si fa un tour elettorale

Stavolta sono stati organizzati in fretta e scendendo a qualche compromesso, ma i partiti stanno cercando di arrivare ovunque e adottano strategie diverse

di Valerio Clari

Matteo Salvini durante un appuntamento elettorale
(ANSA/MATTEO BAZZI)
Matteo Salvini durante un appuntamento elettorale (ANSA/MATTEO BAZZI)
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La crisi di governo quasi improvvisa e la stagione estiva hanno compresso i tempi di organizzazione e di svolgimento della campagna elettorale. I partiti hanno dovuto pianificare tour elettorali molto intensi, sfruttando soprattutto le tre settimane di settembre: ad agosto candidati, programmi e talvolta alleanze non erano definiti e molti dei potenziali elettori erano in vacanza, il che ha implicato una attività sul campo molto ridotta.

Nonostante l’importanza dei passaggi televisivi e la necessaria e continua presenza sui social, la maggior parte degli esperti di campagne elettorali continua a considerare molto importante la presenza sul campo. La crescente ma ormai consolidata tendenza all’identificazione dei partiti con il loro leader impone poi la presenza in prima persona degli stessi agli appuntamenti elettorali, oggi ancora più che in passato. Se è vero che i candidati locali e quelli dei collegi uninominali in un particolare territorio possono svolgere una campagna continua e costante su specifiche aree e città, l’obiettivo dei partiti è quello di presentarsi con i propri leader in più occasioni, in più città e più regioni possibili.

Il tempo, però, è un fattore determinante e limitante: considerati i 23 giorni di campagna elettorale di settembre, da cui bisogna sottrarne alcuni (da 2 a 5, a seconda dei casi) in cui i leader sono impegnati forzatamente a Roma, potrebbe risultare difficile anche solo toccare tutte le regioni italiane. Le forze politiche principali contano comunque di riuscirci: laddove non arrivino Giorgia Meloni, Enrico Letta, Giuseppe Conte, si muoveranno gli altri rappresentanti più in vista dei partiti.

Si segnalano due eccezioni, in due direzioni: Forza Italia svolge un tour maggiormente collegiale, con impegni di piazza molto limitati per Silvio Berlusconi, spesso sostituito dal coordinatore nazionale Antonio Tajani; Matteo Salvini e la Lega hanno cominciato un tour serrato già ad agosto, con più appuntamenti, anche se di dimensioni ridotte, rispetto a tutti gli altri. L’obiettivo dichiarato dello staff è di toccare ogni regione due volte entro la fine della campagna.

Le scelte delle città e delle zone in cui svolgere le attività non sembrano seguire logiche dettate da proiezioni e sondaggi. Se negli Stati Uniti i candidati alla presidenza nelle ultime settimane finiscono per concentrare gli sforzi negli stati “in bilico”, in cui si può decidere l’elezione, non sembra esserci la stessa attenzione dei partiti italiani ai collegi uninominali “contendibili”: da una parte i tempi ridotti limitano le scelte, dall’altra ci sono le quote del proporzionale a cui prestare attenzione e i bacini elettorali “forti” da salvaguardare.

Chi sta lavorando alle campagne elettorali spiega che è meglio procedere in modo sistematico su tutto il territorio nazionale che concentrarsi su competizioni singole col rischio che lo sforzo non sia decisivo. Piuttosto nei collegi particolarmente contesi si chiede un impegno maggiore agli effettivi candidati, che possono personalmente fare la differenza nell’indirizzare la scelta degli indecisi. Altre volte la scelta dei luoghi in cui presenziare è simbolica e destinata a portare avanti temi specifici, come la giornata di Carlo Calenda a Piombino: il tema della necessità del rigassificatore nella città toscana è uno di quelli su cui il leader di Azione ha insistito molto.

L’organizzazione del tour elettorale quindi parte da due esigenze fondamentali: la disponibilità degli spazi per gli eventi più grandi e la compatibilità con gli impegni televisivi dei candidati, considerati prioritari. La frequenza degli incontri è dettata dalla disponibilità del candidato, dall’efficienza della struttura organizzativa, da valutazioni sull’importanza degli eventi: alcune forze politiche li ritengono irrinunciabili (anche per costruirci intorno una campagna sui social), altre pur non tralasciandoli li subordinano a differenti forme di comunicazione. Tutta l’organizzazione è cominciata ad agosto, partendo da alcuni capisaldi come la prenotazione degli spazi per i comizi.

Ogni comune definisce in modo autonomo, ma per lo più simile, le modalità e i tempi con cui bisogna richiedere le piazze e gli spazi per i comizi elettorali. Di solito si distingue fra eventi che richiedono il montaggio di un palco o di una struttura di grande impatto, con occupazione della piazza per l’intera giornata, e gli eventi minori, con strutture più agili (tipo gazebo), in spazi che vengono assegnati per una fascia oraria definita (mattina, pomeriggio, sera). Le prime richieste possono essere effettuate anche in largo anticipo, le seconde in un intervallo variabile fra i dieci giorni e i due giorni prima dell’appuntamento.

I comuni devono garantire la par condicio nell’assegnazione degli spazi (se diverse forze politiche inoltrano le richieste) e procedono dando le priorità alle domande pervenute per prime. Alcune amministrazioni delle grandi città limitano le autorizzazioni che presuppongano l’occupazione di una piazza per un’intera giornata a una per partito.

Le varie organizzazioni dei partiti quindi possono trovarsi a concorrere per gli stessi spazi e ad avere l’esigenza di fare richieste in fretta. In realtà non succede spesso, ma può capitare per quanto riguarda l’assegnazione delle piazze di Roma per le chiusure della campagna elettorale: stesso giorno, stessa città (la tradizione di chiudere a Roma è consolidata e condivisa), esigenza di trovare la sistemazione migliore in base alle attese sul numero di partecipanti.

La condizione ideale è quella di avere la piazza più grande che si sia sicuri di riempire, per evitare effetti comunicativi negativi dati dagli spazi vuoti e al tempo stesso garantirsi l’effetto scenico della folla per le ultime immagini del tour elettorale prima del voto. Sulla scelta del luogo per la chiusura intervengono poi anche tradizioni e altre componenti, ma le più ricercate sono sempre le stesse.

Piazza San Giovanni, quella che ospita il concerto del Primo Maggio, è troppo grande ormai per qualsiasi partito, mentre Piazza dei Santi Apostoli si riempie facilmente ed è luogo tradizionale di chiusura di campagne soprattutto della sinistra. Per il 23 settembre se l’è assicurata il Movimento 5 Stelle, ma Sinistra Italiana e Europa Verde non ci hanno rinunciato e anticiperanno a giovedì 22 l’evento di chiusura.

Si può fare un discorso simile per Piazza del Popolo, che può garantire stessa centralità, capacità evocative simili, ma dimensioni più ampie: il PD di Letta è stato il più veloce ad assicurarsela per venerdì 23, ma il centrodestra farà nello stesso luogo un evento comune con la presenza di tutti i leader il giorno prima. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia chiuderanno separatamente la campagna elettorale il 23 settembre con eventi in altre città (è stato definito quello di Forza Italia, al centro congressi di Milano Fiera).

Ultime tappe a parte, la disponibilità logistica dei grandi centri è la base di partenza per organizzare i tour elettorali: si parte da lì e si costruisce il resto della campagna intorno, fanno sapere dagli staff. Le grandi città sono spesso concentrate nelle ultime settimane. L’intento è quello di toccare tutte le regioni nel corso della campagna, organizzando le tappe in modo logisticamente compatibile. Per fare un esempio, se la serata prevede un comizio a Firenze, nel corso della giornata si aggiungeranno due eventi più piccoli, organizzabili in tempi ridotti, in altre due città toscane.

A volte la fase del comizio è proprio assente, sostituita da incontri con cittadini, enti, aziende, associazioni rappresentative della realtà locale. La cosa permette di definire programmi all’ultimo minuto e mantenere comunque i contatti con le comunità. Gli appuntamenti di Salvini per questo vengono ufficializzati definitivamente solo 36 ore prima, ma poi non prevedono variazioni o improvvisazioni.

Un momento della visita a Torino di Giuseppe Conte (Foto LaPresse)

Nel giorno e mezzo passato da Giuseppe Conte a Milano, per esempio, è stato concentrato un incontro con i gestori di ScuolaZoo, sito noto fra gli studenti, una visita al mercato del quartiere Baggio, un appuntamento in Fondazione Feltrinelli e un aperitivo in Corso Garibaldi che ha convolto centinaia di persone. Gli appuntamenti di un solo giorno (mercoledì 7) in Sardegna di Enrico Letta erano: 11:15, conferenza stampa nella sede del PD di Cagliari; incontro alle 12 con industriali e imprese; alle 14 con i sindacati confederali; alle 15 con il gruppo consiliare PD; alle 16 con sindaci e amministratori; alle 17:30 comizio in piazza a Cagliari; alle 20:30 appuntamento al Teatro Verdi di Sassari.

L’organizzazione di questo genere di tour elettorali è cambiata negli anni, e ulteriormente in questa campagna dai tempi così ridotti. Lo staff al seguito dei leader è ridotto a 3-4 persone, che permettono spostamenti più agili (i molti chilometri in auto sono una delle difficoltà più citate): sono sempre presenti un portavoce, un addetto stampa, uno o più addetti ai social (social media manager e operatori) che si occupano di gestire foto, post, dirette social. Per l’organizzazione logistica ci si affida principalmente alle sezioni regionali e locali di partiti e movimenti: nelle scorse campagne capitava più spesso che fosse centralizzata, ora è delegata.

Il PD, molto presente sul territorio, si appoggia spesso anche per gli incontri alle sue sedi locali o alle Feste dell’Unità, in corso in molte città: in queste ultime non si può ufficialmente fare propaganda politica, ma si possono incontrare amministratori locali, giornalisti e discutere di temi politici, purché non ci siano palesi inviti al voto. Sotto la spinta di Letta e del suo staff di giovani ex studenti e assistenti alla Scuola di Affari Internazionali presso SciencesPo a Parigi era stato lanciato a settembre il progetto delle “Agorà Democratiche”, che prevedeva una prolungata serie di incontri e proposte per la campagna elettorale. Era organizzato su tempi lunghi, che sono saltati con le elezioni anticipate. Michele Bellini, capo dello staff del segretario Democratico, ha detto alla Provincia di Cremona: «In pochi giorni è cambiato tutto: abbiamo riorganizzato quello che avevamo programmato di fare in nove mesi in poche settimane. Non avevo mai vissuto un’accelerazione così repentina. Per fortuna avevamo già iniziato a impostare il lavoro». La seconda parte della campagna è stata impostata sull’idea del tour in bus elettrico, con medesima densità di impegni e qualche problema logistico.

Enrico Letta alla Festa dell’Unità di Bologna (Foto Michele Nucci/LaPresse)

Unione Popolare, movimento che unisce varie forze della sinistra e che è nato solo a luglio, è in una situazione particolare. Sin dalla fondazione è in una continua rincorsa, prima per raccogliere le firme, ora per mettere in piedi una campagna che permetta di superare lo sbarramento del 3 per cento. Ai comizi tradizionali del capo politico Luigi De Magistris, che però sono pensati e presentati come momenti di “ascolto” delle comunità locali (ne sono previsti una decina nelle grandi città), si affiancano eventi estemporanei, detti “corsari”, in luoghi trascurati perché più poveri e periferici. Il movimento permette inoltre agli attivisti, per far fronte ai tempi ristretti e all’impossibilità di programmazione, di «creare eventi dal basso»: il materiale è online, basta l’approvazione dell’organizzazione centrale.

Matteo Salvini, forse il più attivo in questa campagna città per città, raramente è impegnato in veri e propri comizi: per i suoi eventi spesso bastano il gazebo della Lega e un microfono. Tutto è documentato sui social e un momento fondamentale è quello dei selfie. Si è dovuta affinare l’organizzazione, raccontano fonti dello staff che preferiscono rimanere anonime, perché rischiava di far saltare le strettissime tabelle di marcia. Viene delimitata un’area con entrata e uscita, scelta anche per la giusta illuminazione in modo da evitare che le foto vengano male: le persone devono entrare con il cellulare già in “modalità foto” per ridurre i tempi, ma tutti vengono accontentati. Una vecchia convinzione della politica diceva che ogni stretta di mano da parte del candidato in campagna elettorale valesse un voto.

È diverso l’approccio di Giorgia Meloni: la leader di Fratelli d’Italia ha un programma più definito di comizi tradizionali, con strutture fisse, palchi e piazze da riempire. Dal 23 agosto, quando la campagna è partita con il primo incontro ad Ancona, fino all’ultima tappa attualmente prevista, a Matera il 18 settembre (seguiranno quelle dell’ultima settimana pre-elettorale), il suo tour prevede 18 appuntamenti classici, con un’organizzazione standard e centralizzata.

Le uniche variazioni sono state un evento in spiaggia in un lido di Termoli, in Molise, e uno spostamento in un palazzetto per questioni meteorologiche. Sono previsti tre appuntamenti in un solo giorno sabato 10 settembre (Trento, Bolzano, Mestre), poi nella settimana seguente le grandi città del Nord, con sedi ambiziose come piazza del Duomo a Milano.

Il comizio di Giorgia Meloni a Ancona (AP Photo/Domenico Stinellis)

Fratelli d’Italia organizza anche alcune cene elettorali con Meloni: si tratta di uno strumento di finanziamento in passato molto usato da Forza Italia e Silvio Berlusconi e poi da molti, se non tutti, i partiti. I concomitanti impegni di queste settimane hanno ridotto le cene un po’ per tutti: gli orari serali sono anche quelli della prima serata televisiva e le partecipazioni ai programmi di approfondimento politico hanno sempre la precedenza.

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