Che cos’è una “Bicamerale”

L'ha proposta Meloni per discutere del presidenzialismo: in passato ce ne sono state tre, di scarsi successi

(ANSA/ FABIO FRUSTACI)
(ANSA/ FABIO FRUSTACI)

Martedì la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni è stata ospite alla trasmissione Porta a Porta e ha parlato tra le altre cose del modo in cui vorrebbe cambiare il sistema istituzionale italiano, introducendo una riforma in senso presidenzialista. Meloni ha detto che pur di riuscire in questo intento sarebbe disposta a utilizzare «tutti gli strumenti dai quali ciascuno si senta garantito», compresa eventualmente una commissione parlamentare bicamerale. «Io ho proposto il semi-presidenzialismo alla francese. Ho detto subito che ero pronta a discutere altri modelli. […] La Bicamerale è una delle soluzioni. Sono aperta al dialogo su una materia sulla quale penso si debba intervenire coinvolgendo tutti al massimo».

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Le commissioni sono organi parlamentari, alcuni permanenti e altri straordinari, istituiti per seguire determinate e specifiche questioni. Le commissioni permanenti sono 14, sia alla Camera che al Senato, e ciascuna ha una specifica materia di competenza: ci sono quelle che si occupano di Affari costituzionali, di Agricoltura, Affari sociali, Lavoro, Difesa, Bilancio o Giustizia, ad esempio. Alcune commissioni, inoltre, possono essere bicamerali. Ne fanno parte sia deputati che senatori (da qui il nome) e possono avere varie funzioni: vigilanza e controllo, funzioni consultive, funzioni di inchiesta. La cosiddetta commissione di Vigilanza Rai, per esempio, che si occupa di monitorare il servizio pubblico televisivo e radiofonico, è bicamerale.

Meloni tuttavia si riferiva a una specifica commissione, quella per le riforme costituzionali, che viene spesso identificata con il solo nome “Bicamerale”. È una commissione che nella storia italiana è stata istituita tre volte ed è stata invocata assai di frequente per tentare una riforma della Costituzione e rendere più stabile la durata dei governi, ma in nessuna occasione i lavori della Bicamerale hanno prodotto risultati concreti, principalmente per via del disaccordo tra le forze politiche.

La prima Bicamerale “Bozzi” (1983-1985) formulò solo alcune proposte di revisione costituzionale che poi non vennero discusse in Parlamento; la Bicamerale “De Mita-Iotti” (1993-1994) formulò invece una proposta di revisione più articolata modellata sul sistema tedesco, che prevedeva una figura simile a quella del cancelliere, ma non fece in tempo a essere votata dal Parlamento per lo scioglimento anticipato delle Camere, nel 1994.

Infine la Bicamerale “D’Alema” (1997) proponeva di introdurre un semipresidenzialismo e una riduzione del numero dei parlamentari, ma al momento della votazione nacque un dissidio tra i leader di centrodestra e di centrosinistra, Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, che presiedeva la Bicamerale. La riforma venne quindi accantonata. Oggi viene ricordata soprattutto per il cosiddetto “patto della crostata” con cui i principali esponenti di centrodestra e di centrosinistra si erano messi d’accordo per avviare la Commissione, durante una cena a casa di Gianni Letta (secondo le cronache, la moglie di Letta era solita preparare una crostata in queste occasioni).

Introdurre il presidenzialismo come vorrebbe fare la destra necessita di modificare la Costituzione, ma la Bicamerale non è l’unico modo per farlo. Secondo l’articolo 138, infatti, le leggi di revisione costituzionale possono essere adottate «da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione». Inoltre, se le Camere approvano la modifica con una maggioranza di due terzi dei membri, per confermarla non è neanche necessario indire un referendum popolare, che può essere invece richiesto in caso di maggioranza assoluta da cinquecentomila elettori, o da cinque consigli regionali, o da un quinto dei membri di Camera o Senato.

L’ultimo tentativo di riforma istituzionale, quello della legge “Boschi” voluta da Matteo Renzi, non fu il prodotto di una commissione ma la scrisse il governo e venne poi bocciata da un referendum, nel 2016.

Tuttavia, appellarsi alla Bicamerale è un modo per mostrare apertura nei confronti delle altre forze politiche, poiché si tratta di uno strumento più inclusivo e considerato più adatto a discutere una riforma così radicale come quella che vorrebbe introdurre la destra. Con la Bicamerale però, come dimostrano i precedenti, è anche complicato raggiungere un accordo, specialmente in un clima politico litigioso e polarizzato come quello attuale, riscontrabile non solo tra gli schieramenti avversari ma anche all’interno delle stesse coalizioni.

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