Prima o poi Saturno perderà i suoi anelli

Ci vorranno ancora milioni e milioni di anni, ma alla fine le strutture che rendono più riconoscibile il pianeta saranno risucchiate

Saturno e i suoi anelli (NASA)
Saturno e i suoi anelli (NASA)
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Quando all’inizio del Diciassettesimo secolo Galileo Galilei osservò con il proprio telescopio Saturno notò alcune strane protuberanze intorno al pianeta, che non riuscì a spiegare a causa della scarsa potenza dello strumento di osservazione. Fu intorno alla metà del Seicento che il mistero delle protuberanze fu risolto dall’astronomo olandese Christiaan Huygens, il primo a ipotizzare che Saturno fosse circondato da «un anello piatto e sottile, non aderente al pianeta e inclinato rispetto all’eclittica». Nei secoli seguenti avremmo scoperto che Saturno è circondato da più anelli, eppure ancora oggi non sappiamo di preciso come si siano formati, mentre abbiamo qualche elemento per prevedere che presto spariranno, rendendo meno particolare uno dei pianeti più riconoscibili del sistema solare.

Negli ultimi anni è infatti diventato evidente che gli anelli di Saturno sono destinati a scomparire, risucchiati dal pianeta che si trova al loro centro. Il processo di estinzione dovrebbe avvenire entro 300 milioni di anni, un intervallo di tempo enorme se rapportato a quello dell’esistenza di ciascuno di noi e più in generale dell’umanità, ma relativamente breve se rapportato ai 13,7 miliardi di anni di esistenza dell’Universo.

Gli anelli di Saturno sono formati da una miriade di oggetti microscopici e più grandi, con un diametro massimo intorno al metro: per lo più polveri di materiale roccioso che, complice la radiazione solare, col tempo assumono una carica elettrica e diventano più soggetti all’attrazione del campo magnetico del pianeta. Le particelle si avvicinano sempre di più, al punto da non poter sfuggire alla gravità di Saturno e finiscono nella sua atmosfera, dove si disintegrano.

Il pianeta Terra (indicato dalla freccia), visto da Cassini a 1,5 miliardi di chilometri di distanza (NASA)

È una sorta di “pioggia degli anelli”, termine che utilizzano alcuni astronomi per descrivere il fenomeno. E a quanto pare è un processo inesorabile, ma potrebbe offrire qualche spunto importante per comprendere meglio l’origine stessa degli anelli e la loro età.

Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, la maggior parte degli astronomi riteneva che gli anelli risalissero al periodo stesso di formazione di Saturno, avvenuto circa 4,6 miliardi di anni fa, in una fase piuttosto tumultuosa del sistema solare che aveva portato anche alla formazione della Terra. L’ipotesi era che, a causa della gravità di Saturno, del materiale fosse rimasto in orbita intorno al pianeta, costituendo poi gli anelli.

A partire dagli anni Ottanta quell’ipotesi fu messa alla prova dalle prime evidenze raccolte dalle sonde Voyager 1 e Voyager 2 della NASA, un ambizioso progetto per esplorare il sistema solare. Divenne evidente che gli anelli avevano una massa molto inferiore a quella ipotizzata e che quindi non potessero essere antichi quanto Saturno.

Nel 2017 la sonda spaziale Cassini raccolse nuovi dati sugli anelli di Saturno nel proprio ultimo volo ravvicinato, prima di polverizzarsi nell’atmosfera del pianeta. La sonda della NASA si chiamava così in onore dell’astronomo italiano Gian Domenico Cassini, tra i primi a studiare estesamente Saturno a fine Seicento e lo scopritore della divisione più grande degli anelli, ciò che divide una fascia anulare dall’altra (gli anelli sono divisi in sette fasce).

La divisione di Cassini è l’ampia separazione nel sistema di anelli di Saturno, tra i due più brillanti del pianeta, e ha un’ampiezza di circa 4.800 chilometri: a inizio anno è stata fotografata dalla sonda Cassini della NASA, a una distanza di circa 1,2 milioni di chilometri da Saturno (NASA)

I dati raccolti fino all’ultimo istante di esistenza dalla sonda confermarono le prime e più rudimentali osservazioni della missione Voyager: gli anelli sono sottili con uno spessore medio di 10 metri, di conseguenza difficilmente antichi quanto Saturno.

Il tuffo finale di Cassini rese inoltre possibile la raccolta di dati sulla “pioggia degli anelli”, il fenomeno che porterà alla loro scomparsa nel corso dei prossimi 300 milioni di anni. Proprio le informazioni ottenute grazie a Cassini hanno permesso di formulare ipotesi sui tempi di estinzione di queste strutture.


Nonostante le analisi e gli studi condotti finora, non c’è ancora un consenso intorno all’origine degli anelli del pianeta. Secondo alcuni gruppi di ricerca hanno un’età tra i 10 e i 100 milioni di anni. C’è chi continua a ritenere più plausibile la spiegazione del materiale agganciato dall’orbita di Saturno e chi invece ipotizza un evento di qualche altro tipo che portò alla formazione degli anelli. Un’ipotesi condivisa da diversi astronomi è che forse una piccola luna di Saturno si avvicinò un po’ troppo al pianeta, disintegrandosi e formando la grande quantità di detriti che col tempo si sarebbe distribuita nell’attuale conformazione ad anello.

Nella nostra percezione quotidiana il sistema solare è più o meno sempre uguale a sé stesso, ma in realtà è in una lenta e continua evoluzione, che i tempi relativamente rapidi della nostra esistenza non ci permettono di cogliere. Eppure sappiamo che la Luna si sta lentamente allontanando dalla Terra e che invece Fobos, un piccolo satellite naturale di Marte, ogni secolo si avvicina di quasi 2 metri al proprio pianeta di riferimento. Tra 20-80 milioni di anni, a seconda delle stime, la forza gravitazionale di Marte lo porterà a disgregarsi formando un piccolo anello di detriti intorno al pianeta. Un nuovo set di anelli per il sistema solare.