La sonda Cassini non esiste più

Intorno alle 12:30 si è polverizzata nell'atmosfera di Saturno a 1,5 miliardi di chilometri da noi, dopo 20 anni di onoratissimo servizio

di Emanuele Menietti – @emenietti

La sonda Cassini sorvola Saturno, in un'elaborazione grafica (NASA.gov)
La sonda Cassini sorvola Saturno, in un'elaborazione grafica (NASA.gov)

La sonda spaziale Cassini non esiste più. Dopo avere inviato verso la Terra informazioni preziose e fotografie spettacolari del pianeta Saturno nei suoi 20 anni di missione nello Spazio profondo, la sonda della NASA è precipitata nell’atmosfera del pianeta fino a polverizzarsi. Nella sua caduta a 1,5 miliardi di chilometri da noi, Cassini ha continuato fino all’ultimo a raccogliere dati e a inviarceli, poi intorno alle 12:30 (ora italiana) ha smesso per sempre di comunicare con noi. A causa della grande distanza, l’ultimo segnale – e quindi la conferma sulla fine della sonda – è arrivato sulla Terra alle 13:55, quando Cassini non esisteva più da oltre 80 minuti. La fine della sonda era attesa con interesse e ansia da ricercatori e semplici appassionati non solo per i preziosi dati inviati fino all’ultimo minuto, ma anche per cosa rappresentava: la sua affidabilità e il fatto di trovarsi in un punto così remoto del Sistema Solare hanno reso Cassini uno degli oggetti più popolari inviati nello Spazio negli ultimi decenni.

La sonda Cassini
Cassini fu lanciata nell’ottobre del 1997 e raggiunse Saturno nel 2004, dopo un lungo viaggio attraverso le orbite di vari pianeti del Sistema solare. La sonda fu costruita dalla NASA con la collaborazione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e di quella italiana (ASI). In questi anni, Cassini ha avuto il compito di studiare le caratteristiche di Saturno, della sua famosa serie di anelli concentrici e delle sue innumerevoli lune. La sonda si chiamava così in onore dell’astronomo italiano Gian Domenico Cassini, tra i primi a studiare Saturno a fine Seicento. Aveva più o meno le dimensioni di un minibus ed era tra le sonde più grandi e ingombranti mai lanciate nella storia delle esplorazioni spaziali.

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In quasi 20 anni, Cassini ha raccolto dati molto importanti su Saturno: ci ha permesso di avere immagini spettacolari e dettagliate del pianeta, ma anche di analizzare la polvere interstellare e di scoprire un intero oceano sotto Encelado, la sesta luna del pianeta per dimensioni.

L’ultima missione di Cassini
Nei primi mesi di quest’anno, Cassini aveva quasi terminato il propellente per regolare la sua orbita intorno a Saturno, e per questo già nel 2010 i tecnici della NASA avevano lavorato a un nuovo piano per sfruttare la sonda fino all’ultimo, programmando un suo tuffo verso Saturno. La distruzione di Cassini ha avuto lo scopo di preservare le lune intorno al pianeta in vista di future esplorazioni: la sonda avrebbe potuto contaminarle perdendo pezzi in seguito al suo deterioramento. L’obiettivo principale era conservare intatta Encelado, che con la sua riserva d’acqua allo stato liquido è considerata una luna potenzialmente abitabile da qualche forma di vita.

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Negli ultimi mesi a Cassini era stata quindi affidata una sorta di nuova missione, con l’obiettivo di farle percorrere 22 passaggi nello spazio ampio 2.400 chilometri tra Saturno e il punto dove iniziano i suoi anelli interni. Le manovre avevano permesso di avere immagini ancora più ravvicinate dei sistemi nuvolosi nell’atmosfera e di approfondire le conoscenze sugli anelli, utili per ricostruire le loro origini. Cassini aveva fatto il suo dovere e la missione era stata un successo, senza che ci fossero imprevisti come le temute collisioni con detriti spaziali provenienti dagli anelli, che avrebbero potuto danneggiare le strumentazioni della sonda.

La fine di Cassini
L’arrivo di settembre è coinciso con gli ultimi giorni di Cassini. Poco prima delle 12:30 di oggi, Cassini ha compiuto una manovra per iniziare l’attraversamento dell’atmosfera di Saturno, raggiungendo una velocità massima intorno ai 113mila chilometri orari. Fino all’ultimo, la sonda ha cercato di opporsi alle sollecitazioni cui era sottoposta, attivando i suoi razzi stabilizzatori per mantenere la sua grande antenna puntata verso la Terra e trasmettere i dati che stava raccogliendo. Man mano che l’atmosfera diventava più densa, i razzi sono passati dal 10 per cento al massimo della potenza in meno di un minuto, poi non hanno più avuto la capacità di mantenere stabile Cassini, che ha iniziato a ruotare su se stessa mentre precipitava nell’atmosfera.

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L’antenna si è spostata di pochi gradi fuori asse rispetto alla Terra, sufficienti per rendere impossibili nuove comunicazioni. I tecnici della NASA hanno calcolato che la perdita di segnale sia avvenuta quando Cassini era a circa 1.500 chilometri di altitudine. La sonda si è scaldata sempre di più fino a incendiarsi come una meteora e dopo meno di 30 secondi ha iniziato a cadere a pezzi, che si sono polverizzati dissolvendosi nell’atmosfera di Saturno.

Gli ultimi dati inviati sono arrivati sulla Terra circa 83 minuti più tardi, quando di Cassini non resteranno altro che polvere e un archivio di dati senza precedenti su quello strano pianeta con gli anelli intorno.

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