Conte ha fatto di nuovo le nove richieste a Draghi

Il leader del M5S ha riproposto una serie di condizioni per rimanere al governo, prendendo tempo in vista di mercoledì

(Mauro Scrobogna /LaPresse)
(Mauro Scrobogna /LaPresse)
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Sabato sera il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha ribadito in un video pubblicato su Facebook nove richieste che aveva già presentato al presidente del Consiglio Mario Draghi una decina di giorni fa, presentandole come fondamentali perché il suo partito rimanga nella maggioranza che sostiene il governo dopo la crisi politica che si è sviluppata negli ultimi giorni.

«Senza risposte chiare, e senza che ci saranno garantite condizioni di rispetto, è evidente che il M5S non potrà condividere una responsabilità diretta di governo» ha detto Conte, che in sostanza ha preso un po’ di tempo in vista del ritorno di Draghi alle camere previsto per mercoledì, senza escludere la possibilità di votare un’eventuale fiducia al governo ma mantenendo una serie di rivendicazioni identitarie in vista delle possibili trattative in questi giorni.

I nove punti citati da Conte sono gli stessi su cui lui e Draghi avevano discusso all’inizio della crisi, e su cui a un certo punto sembravano potersi mettere d’accordo. Riguardano vari temi, dal rafforzamento del superbonus edilizio e del reddito di cittadinanza all’introduzione del salario minimo. Non è insomma emerso granché di nuovo, e l’impressione è che il M5S non voglia ancora ritirare ufficialmente il sostegno al governo, anche perché le cronache politiche raccontano che ci sono alcune decine di parlamentari, soprattutto deputati, che non condividono le decisioni di questi giorni e che sono intenzionati a votare la fiducia a Draghi, a costo di uscire dal partito.

Mercoledì Draghi parlerà alle camere, e per allora dovrà decidere se vuole rimanere presidente del Consiglio con una maggioranza senza il M5S, come gli stanno chiedendo partiti come Forza Italia e Italia Viva, e come probabilmente accetterebbe anche la Lega, o se confermare le sue dimissioni. La terza ipotesi, che cioè si sviluppino trattative che riportino il M5S nella maggioranza, sembra ancora complicata: il segretario del Partito Democratico Enrico Letta ha detto di auspicarlo e forse proverà a facilitarlo, ma non è chiaro se Draghi sia eventualmente disposto a provarci, né quale tipo di condizioni richiederebbe davvero il M5S, al di là delle richieste formali.

I giornali descrivono come “ultimatum” quelli di Conte, che in realtà sono gli ennesimi: nei giorni scorsi peraltro aveva definito quelle nove richieste come «urgenze che non richiedono una pronta risposta». Da allora però le cose sono cambiate, e l’ala del partito più radicale, che vuole uscire dalla maggioranza, sembra più forte nonostante i tentativi dei parlamentari più moderati e dei ministri del M5S di trovare un compromesso.

«Senza risposte chiare ci sentiremo liberi di votare di volta in volta quel che serve al Paese, senza alcuna contropartita e in maniera disinteressata» ha detto Conte, delineando uno scenario in cui il M5S uscirebbe dal governo e dalla maggioranza per sostenere eventualmente alcuni singoli provvedimenti. Questo sarebbe tecnicamente possibile, perché il governo avrebbe la maggioranza anche senza il M5S, ma Draghi lo aveva escluso nel comunicato con cui aveva presentato le dimissioni, poi respinte, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Intanto si cominciano a fare ipotesi su cosa succederà se mercoledì Draghi confermerà di volersi dimettere. La prima possibilità è che Mattarella affidi a qualcun altro il compito di provare a formare un governo, probabilmente tecnico, fino alla fine della legislatura all’inizio del 2023. Questo aiuterebbe a gestire le importanti scadenze di fine anno come la Legge di Bilancio, che finora hanno sempre di fatto impedito che in Italia ci fossero delle elezioni politiche dopo giugno.

Giuristi e analisti politici stanno immaginando in questi giorni come potrebbe funzionare invece un rinnovo delle camere e l’insediamento di un governo nei prossimi mesi, individuando come prima data utile per le eventuali elezioni – per via di tempi tecnici e altre contingenze – in domenica 2 ottobre.