Che fine ha fatto l’anticiclone delle Azzorre

Ci aiutava a tenere sotto controllo le temperature massime d'estate, ma negli ultimi tempi è meno presente a causa del cambiamento climatico

Un tratto del fiume Po a Ostiglia, Mantova (ANSA/RICCARDO DALLE LUCHE)
Un tratto del fiume Po a Ostiglia, Mantova (ANSA/RICCARDO DALLE LUCHE)

Dopo settimane con temperature sensibilmente superiori alla media stagionale in Italia e in buona parte dell’Europa, per i prossimi giorni i meteorologi prevedono una riduzione del caldo grazie a una maggiore influenza dell’anticiclone delle Azzorre. In estate si sente parlare molto di questa area di alta pressione, al punto da essere diventata quasi proverbiale, anche se negli ultimi anni ha spesso latitato rimanendosene sull’Atlantico senza influire più di tanto sulla stagione estiva europea.

In generale, in meteorologia con la parola “anticiclone” si indica un’area atmosferica di alta pressione solitamente di forma ellittica o circolare, dove il meteo rimane sostanzialmente stabile salvo qualche variazione a livello locale. Detto in parole povere e più semplicemente: nelle zone anticicloniche raramente ci sono forti venti o estese piogge, mentre nelle zone cicloniche (cioè zone a bassa pressione) il meteo è sensibilmente più instabile e può portare a precipitazioni di ampio raggio e maggiore durata.

Come suggerisce il nome, l’anticiclone delle Azzorre è presente sull’oceano Atlantico settentrionale e ha il proprio massimo di alta pressione nelle vicinanze delle isole Azzorre. La sua posizione è determinata dalla circolazione atmosferica, cioè da come sono organizzati gli scambi di correnti nell’atmosfera a seconda dei venti e delle masse d’aria che si scaldano e che tendono a raggiungere quote più alte, rispetto a quelle che si raffreddano e si muovono verso il basso.

(Wikimedia)

Per decenni, l’anticiclone delle Azzorre si è espanso e in parte spostato, influenzando le condizioni meteorologiche di buona parte dell’Europa. Negli ultimi anni a causa del cambiamento climatico e di altri fattori è stato invece pressoché assente, sostituito da aree di alta pressione provenienti dall’Africa che hanno contribuito alle ondate di calore che abbiamo vissuto anche nell’ultimo periodo.

In condizioni normali, durante l’estate l’anticiclone tendeva a espandersi verso oriente raggiungendo buona parte del Mediterraneo e dell’Europa centrale, spingendosi inoltre verso nord fino a lambire il Regno Unito meridionale. La sua presenza assicurava estati tutto sommato stabili, con una relativa escursione termica tra il giorno e la notte, temperature massime non troppo alte e temporanee riduzioni della temperatura dovute ai temporali che si sviluppavano localmente, soprattutto nella zona dell’arco alpino.

Erano le estati cui eravamo abituati fino agli anni Ottanta circa, con caldo moderato, qualche pioggia isolata, periodi afosi di breve durata e brezze estive.

Negli ultimi decenni le cose sono cambiate: la capacità dell’anticiclone delle Azzorre di espandersi verso oriente si è ridotta, lasciando sguarnita la porzione di bassa pressione che si trova su parte dell’Europa e che è stata sempre più spesso colmata da un’altra area di alta pressione, l’anticiclone subtropicale africano. In passato, l’influsso di questo anticiclone era già presente su diverse aree europee come la penisola iberica, la Francia e l’Italia meridionali e la Grecia. Ciò determinava aree di maggiore siccità, proprio perché la presenza dell’alta pressione africana riduceva la probabilità di passaggi di correnti d’aria più fredde per generare le piogge.

Ancora più di altri periodi, quest’anno l’anticiclone subtropicale africano ha avuto un ruolo importante nel determinare non solo un aumento delle temperature massime, ma anche il protrarsi di un lungo periodo di siccità. Su parte dell’Europa orientale si è formata un’ampia area di alta pressione, che ha continuato a rafforzarsi man mano che l’aria al suolo scaldata dal Sole si spostava verso l’alto.

Potete immaginarla come una grande montagna di aria calda, che ostacola il passaggio di altre correnti.

Da tempo meteorologi e climatologi studiano gli anticicloni per capire come si siano modificati negli ultimi decenni. Nel caso dell’anticiclone delle Azzorre, la perdita della capacità di espandersi più di tanto verso oriente è derivata in parte dall’indebolimento delle correnti a getto, gli intensi flussi che spostano enormi quantità di aria ad alta quota. Il fenomeno è stato osservato soprattutto nell’Atlantico settentrionale: la corrente a getto in estate risulta essere meno intensa rispetto al passato e la causa, secondo le teorie più condivise, è riconducibile all’aumento della temperatura media nell’Artico.

I blocchi di ghiaccio marino si sciolgono velocemente soprattutto nella stagione estiva, riducendo la capacità di un’ampia area di riflettere i raggi solari e di assorbire meno calore. Ciò determina una riduzione nella differenza di temperatura tra la zona dell’Artico e le aree a medie latitudini, facendo indebolire la portata delle correnti a getto. Il processo contribuisce a estendere la durata delle formazioni di alta pressione, che possono portare alle ondate di calore e ad altre anomalie nelle temperature su ampie porzioni di territorio.

In un certo senso il ritmo con cui cambiano solitamente gli eventi atmosferici rallenta, facendo sì che questi diventino molto più stabili per settimane e a volte mesi.