Un po’ di posti da tenere d’occhio ai ballottaggi delle amministrative

Fra candidati che al primo turno hanno ottenuto lo stesso numero di voti, possibili rimonte e contesti ingarbugliatissimi

(LaPresse - Mauro Ujetto)
(LaPresse - Mauro Ujetto)
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In vista del turno di ballottaggio delle elezioni amministrative in Italia, previsto per domenica 26 giugno, le attenzioni dei giornali e dei principali commentatori si stanno concentrando soprattutto su Verona: una città storicamente di destra dove però al primo turno il candidato più votato è stato l’ex calciatore Damiano Tommasi, sostenuto dal centrosinistra. Ma fra i 65 comuni in cui si voterà per il ballottaggio fra due candidati sindaci ci sono diverse altre storie interessanti.

A Lucca, per esempio, la campagna elettorale in vista del ballottaggio ha avuto un risvolto nazionale. Al primo turno il candidato del centrosinistra, l’attuale assessore ai Lavori pubblici Francesco Raspini, era risultato il più votato col 42,65 per cento dei voti. Per cercare di avere qualche possibilità in più di vincere al ballottaggio il centrodestra ha deciso di apparentarsi ufficialmente – cioè di formare un’unica coalizione, con cui spartirsi il premio di maggioranza in caso di vittoria – con Fabio Barsanti, ex attivista di CasaPound. Al primo turno Barsanti si era candidato a sindaco con ItalExit, il partito di estrema destra del senatore Gianluigi Paragone, ottenendo il 9,46 per cento dei voti. Il candidato del centrodestra, Mario Pardini, si era fermato al 34,35 per cento.

L’alleanza fra il centrodestra e CasaPound ha generato un certo trambusto sia a livello locale sia in Parlamento: il deputato Elio Vito l’ha citata come la «classica goccia che ha fatto traboccare il vaso» nella lettera in cui ha deciso di lasciare Forza Italia, partito con cui comunque era da tempo in disaccordo su quasi tutti i temi più rilevanti.

Fra i vari comuni in cui si voterà domenica ce ne sono due in cui i candidati sindaci arrivati al ballottaggio hanno preso esattamente lo stesso numero di voti. Sono Castelbottaccio, in provincia di Campobasso, in Molise, e Villafranca Sicula, in provincia di Agrigento, in Sicilia. Entrambi hanno meno di 15mila abitanti: per come funziona la legge elettorale, quindi, se uno dei candidati avesse preso anche un solo voto più degli altri, sarebbe stato eletto.

A Castelbottaccio hanno preso 93 voti a testa il sindaco uscente Nicola Marrone, veterinario, e il suo avversario Mario Disertore, poliziotto in pensione. Il sito di news Primo Numero scrive che ci sono state tre schede annullate e due bianche. Sulla carta l’affluenza è stata bassissima, il 21,72 per cento, ma solo perché la maggior parte degli aventi diritto al voto vive all’estero ed è iscritto all’AIRE, l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Fra le 261 persone che realmente vivono a Castelbottaccio hanno votato in 192. Nessuna di loro ha votato il terzo candidato sindaco, Giuseppe Tozzi. Per arrivare all’elezione del sindaco non è necessario che qualcuno cambi idea. Le regole prevedono che in caso di nuova parità al ballottaggio venga eletto il candidato più anziano, in questo caso Disertore.

A Villafranca Sicula invece il sindaco uscente e ricandidato per il terzo mandato Domenico Balsamo ha ottenuto 481 voti, gli stessi del suo avversario, il farmacista Gaetano Bruccoleri. Non c’è stata parità, invece, riguardo ai voti di lista: quella di Bruccoleri ha ottenuto 479 voti contro i 474 di Balsamo. Dato che nei comuni con meno di 15mila abitanti non è previsto il premio di maggioranza in caso di vittoria al ballottaggio, se vincesse Balsamo dovrebbe comunque governare senza una maggioranza in consiglio comunale.

Ci sono altri due posti che vanno tenuti d’occhio per una ragione diversa, e cioè per una possibile rimonta del candidato arrivato secondo a grande distanza dal primo. A Sesto San Giovanni, ex città operaia nella provincia nord di Milano, il sindaco uscente di centrodestra Roberto Di Stefano ha ottenuto il 48,89 per cento dei voti, sfiorando di circa 300 voti l’elezione al primo turno. Il candidato del centrosinistra Michele Foggetta si è fermato al 38,43 per cento, ma l’eventualità che riesca a vincere non è così remota. Sesto è una storica città di sinistra e il suo elettorato potrebbe essere più motivato di quello di Di Stefano a tornare a votare per battere il sindaco uscente. Al primo turno oltre a Foggetta si erano presentati diversi candidati di centrosinistra, uno dei quali, Paolo Vino, ha da poco firmato l’apparentamento con Foggetta.

Anche Castellaneta, in provincia di Taranto, si trova in una situazione simile. Il vicesindaco uscente e candidato del centrodestra, Alfredo Cellamare, ha ottenuto il 49,91 per cento dei voti, e non ha vinto per soli dieci voti. Il candidato del centrosinistra Giambattista Di Pippa si era fermato al 36,14 per cento, ma in vista del ballottaggio potrebbe pescare da un bacino di voti più ampio di quello di Cellamare. Al primo turno il candidato del Movimento 5 Stelle Simone Giungato aveva infatti ottenuto il 13,95 per cento dei voti, cioè 1.380. Nei giorni scorsi la coalizione che sostiene Giungato ha ribadito di essere «alternativi ad entrambi i candidati ammessi al ballottaggio», nonostante nei giorni scorsi si fosse vociferato di una possibile alleanza con Di Pippa. Probabilmente ha pesato il fatto che nella coalizione che sostiene Giungato ci sia anche Fratelli d’Italia, seppure con una lista di nome diverso.

Anche a Piacenza, tornando a città più grandi, si prevede un ballottaggio piuttosto serrato. La candidata del centrosinistra Katia Tarasconi è arrivata davanti alla sindaca uscente Patrizia Barbieri, di centrodestra, di soli due punti. È difficile fare previsioni su come possa andare a finire.

Per essere in Emilia Piacenza non è mai stata una città di sinistra – nel Dopoguerra ha avuto sindaci comunisti ma anche democristiani, socialisti e liberali – ma Barbieri non sembra particolarmente apprezzata, tanto che anche la sezione locale di Forza Italia ha ammesso di recente che «probabilmente poteva fare anche meglio». In vista del ballottaggio proverà a pescare soprattutto nell’elettorato di Corrado Sforza Fogliani, storico presidente della Banca di Piacenza, che al primo turno si era presentato con una lista di ispirazione liberale ottenendo l’8,3 per cento dei voti. Tarasconi invece conterà soprattutto sui voti di chi al primo turno aveva votato per Stefano Cugini, sostenuto dal Movimento 5 Stelle, dai Verdi e dalla sinistra.

La sindaca di Piacenza Patrizia Barbieri durante una messa in ricordo delle persone morte durante la pandemia da coronavirus (ANSA/Comune di Piacenza)

Non ci saranno invece ballottaggi in Sardegna – si votava in appena due comuni con più di 15mila abitanti, Oristano e Selargius – mentre ce ne sarà uno in Liguria e uno in Basilicata. In Liguria si voterà a Chiavari, in provincia di Genova, dove il grande favorito è il sindaco uscente Federico Messuti, sostenuto da varie liste civiche di centrodestra. Al primo turno aveva ottenuto il 48,54 per cento. Il suo avversario sarà il candidato di centrosinistra Mirko Bettoli, che però si era fermato appena al 16,85 per cento. In Basilicata invece si voterà solo a Policoro, in provincia di Matera, dove il candidato del centrodestra Enrico Bianco era arrivato al 48,44 per cento di voti contro il 37,54 per cento di Nicolino Lopatriello, sostenuto da cinque liste civiche.

C’è infine una situazione particolarmente ingarbugliata a Sabaudia, in provincia di Latina. La sindaca uscente Giada Gervasi era stata arrestata a febbraio nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione delle concessioni balneari, e non si era ricandidata. Al ballottaggio ci andranno Alberto Mosca, candidato di Forza Italia e di Azione, e l’ex sindaco Maurizio Lucci, vicino al centrodestra ma sostenuto da liste civiche. Sono rimasti fuori dal ballottaggio con percentuali vicine al 15 per cento dei voti ben tre candidati: Enzo Di Capua, candidato della Lega e di Fratelli d’Italia, Giancarlo Massimi del Partito Democratico e Paolo Mellano, ufficiale dell’esercito e vicino alla sindaca uscente Gervasi.