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  • Mercoledì 8 giugno 2022

L’imponente operazione antidroga a Trieste

Ha previsto due anni di operazioni sotto copertura e ha portato complessivamente al sequestro di oltre 4 tonnellate di cocaina e a 38 arresti

Il porto di Trieste. (ANSA)
Il porto di Trieste. (ANSA)
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La Guardia di Finanza di Trieste, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha concluso un’imponente operazione antidroga durata circa due anni: sono state arrestate 38 persone tra Italia, Slovenia, Croazia, Paesi Bassi, Albania e Colombia e in totale sono stati sequestrati 4.300 kg di cocaina pagati, dai gruppi criminali acquirenti, 96 milioni di euro. La cocaina arrivava nel porto di Trieste per poi essere smerciata in Italia e in altri paesi europei: sul mercato poi la vendita avrebbe fruttato agli stessi gruppi criminali, secondo stime della Guardia di Finanza, 240 milioni di euro. 

I sequestri sono avvenuti a più riprese e per questo, ha spiegato la Guardia di Finanza al Post, non si può parlare del più grande sequestro di cocaina mai avvenuto in Italia. L’operazione, nel complesso, è comunque una delle più importanti avvenute negli ultimi anni in Europa, anche quantitativamente. In totale le consegne “pilotate”, e cioè avvenute sotto il controllo di agenti infiltrati della Guardia di Finanza, sono state 19. La cocaina che partiva dalla Colombia era prodotta, lavorata e venduta dal Clan del Golfo il cui capo, Dario Antonio Úsuga, soprannominato Otoniel, arrestato il 23 ottobre 2021 al confine tra Colombia e Panama, è stato recentemente estradato negli Stati Uniti.  

Oltre alla cocaina sono stati sequestrati 1,8 milioni di euro in contanti e tir e suv attraverso cui la droga, una volta giunta in Italia, veniva trasportata da Trieste nelle varie regioni del paese. Soci dei colombiani in Italia erano clan della ‘ndrangheta calabrese che a loro volta si affidavano alle loro ramificazioni nel Nord Italia ma anche a gruppi criminali balcanici e olandesi.

Le indagini sono state gestite dalla Guardia di Finanza con la collaborazione della polizia colombiana e dell’HSI americana, la Homeland Security Investigations, uno dei dipartimenti investigativi del Dipartimento di sicurezza statunitense. All’operazione è stato dato il nome in codice Geppo 21 dal nome, sempre in codice, di un celebre agente di Trieste che, all’inizio degli anni Duemila, si infiltrò all’interno di un gruppo criminale balcanico.

A rendere molto importante l’operazione conclusa in questi giorni non è solo il quantitativo di droga sequestrato ma anche il fatto che per oltre due anni agenti in incognito della Guardia di Finanza si sono finti broker della droga facendo affari con elementi di spicco dei narcos. Presentando i risultati dell’operazione, il colonnello Leonardo Erre ha detto: «Provate a immaginare che cosa significhi andare a bere due birre con i narcos». Quelli agganciati dagli agenti sotto copertura non erano criminali qualsiasi: il Clan del Golfo è chiamato anche Autodefensas Gaitanistas de Colombia (Jorge Eliécer Gaitán Ayala fu un politico liberale colombiano assassinato nel 1948) o Los Urabeños, ed è attualmente l’organizzazione criminale più forte in Colombia, composto in larga parte da ex paramilitari dell’organizzazione di estrema destra Autodefensas Unidas de Colombia (AUC) che combatteva le FARC, di sinistra. Entrambe, sia FARC sia AUC, si sono sempre finanziate con il narcotraffico. 

Capo storico del Clan del Golfo fu fino al 2012, quando venne ucciso durante un conflitto a fuoco con le forze di sicurezza colombiane, Juan de Dios Úsuga, soprannominato Giovanni o Don Mario. Al comando era poi subentrato suo fratello Otoniel. Il Clan del Golfo ha un esercito di circa 2mila uomini armati, oltre a una rete logistica imponente tra Colombia, Stati Uniti ed Europa. È in questo contesto, tra paramilitari colombiani, criminali di gruppi balcanici ed esponenti della ‘ndrangheta, storica alleata degli Urabeños, che si sono infiltrati gli agenti della Guardia di Finanza.

Per aiutare gli infiltrati sono state create alcune società ed è stato allestito nel porto di Trieste un magazzino apposito, in cui i narcos avevano fatto un sopralluogo per verificare che fosse adatto e sicuro. Tutte le 19 consegne di droga dalla Colombia all’Italia sono avvenute sotto osservazione, e i sequestri sono stati poi effettuati lontano da Trieste per non destare sospetti. Un sequestro era avvenuto nel trevigiano quando il 28 giugno 2021 era stato arrestato un cittadino moldavo a cui erano stati consegnati 35 kg di cocaina. Un altro sequestro, circa 300 panetti, era avvenuto all’uscita del casello autostradale di Verona Sud. Una consegna era stata effettuata da una agente sotto copertura a un cittadino albanese in un parcheggio di San Donà di Piave.

Illustrando l’operazione la Guardia di Finanza ha spiegato che un carico di cocaina sarebbe dovuto arrivare a Trieste a bordo di una nave; in realtà la droga era stata già individuata in Colombia e portata in Italia attraverso due voli, quindi stipata nel magazzino dove era stata poi consegnata ai clan criminali che l’avevano comprata dai colombiani. Ha detto ancora il colonnello Erre: «Abbiamo compreso che la compravendita è composta da un livello talmente alto tra organizzazioni che a oggi risulta difficile accedere alle transazioni. Si parla proprio di narcos fantasma», che utilizzano sistemi molto sofisticati di comunicazione. Ha spiegato il pubblico ministero di Trieste Federico Frezza: «Ora si tratta di riuscire ad andare oltre e iniziare a capire le dinamiche alla base dei flussi finanziari e chiudere la catena della ricostruzione del sistema e dell’approvvigionamento, dai narcos fino all’ultima strada di spaccio in Italia».