Le dimissioni della più importante dirigente di Facebook

Dopo 14 anni, Sheryl Sandberg lascia il social network tra grandi successi economici e critiche per come ha gestito alcune delle più gravi crisi dell'azienda

Sheryl Sandberg e Mark Zuckerberg (Kevin Dietsch/Getty Images)
Sheryl Sandberg e Mark Zuckerberg (Kevin Dietsch/Getty Images)
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Sheryl Sandberg, per anni la più importante dirigente all’interno di Facebook dopo il CEO Mark Zuckerberg, ha annunciato che entro il prossimo autunno lascerà Meta, la holding che controlla il social network e diverse altre attività come Instagram, WhatsApp e Messenger. Sandberg ha lavorato nell’azienda per 14 anni, mantenendo per buona parte della propria esperienza lavorativa il ruolo di direttore operativo (COO), assumendo alcune delle decisioni più importanti sulle politiche e il funzionamento di Facebook, a cominciare dalle strategie per la gestione degli annunci pubblicitari, la principale fonte di ricavo per il social network.

Commentando la notizia dell’abbandono di Sandberg, Zuckerberg ha parlato della «fine di un’era», che era iniziata nel 2008 quando aveva deciso di assumerla. All’epoca Sandberg aveva lavorato per qualche anno a Google e aveva 38 anni, mentre Zuckerberg ne aveva appena 23 con davanti a sé la sfida di trasformare Facebook in un’azienda vera e propria. Ora Meta è una delle aziende più ricche del mondo e Zuckerberg ha l’età che aveva Sandberg quando fu assunta per lavorare al social network.

Sandberg ha spiegato che quando fu assunta si aspettava di non trascorrere più di cinque anni a Facebook, ma le cose sono andate diversamente anche a causa delle numerose crisi affrontate in questi anni dal social network. Nel 2016, per esempio, Sandberg fu tra i dirigenti più criticati di Facebook per non avere fatto abbastanza per contrastare la diffusione di notizie false sul social network, che ebbero un ruolo centrale nel corso delle elezioni presidenziali statunitensi poi vinte da Donald Trump. Sandberg era responsabile del gruppo di lavoro che si occupava di sicurezza e delle politiche da adottare per ridurre fenomeni di quel tipo, ma secondo molti osservatori la sua risposta fu tardiva e scarsamente organizzata.

Nel 2018 lo scandalo di Cambridge Analytica, una società che aveva utilizzato un’enorme quantità di dati privati degli utenti di Facebook, aveva portato a ulteriori critiche nei confronti di Sandberg. Da responsabile delle relazioni pubbliche della società, aveva provato a sminuire il problema e non aveva introdotto cambiamenti significativi nel sistema di funzionamento del social network.

Nel corso di queste e altre crisi, Sandberg aveva comunque ricevuto sempre il sostegno di Zuckerberg. Entrambi i dirigenti facevano le stesse dichiarazioni e non erano mai in contraddizione tra loro, al punto da far sorgere qualche dubbio sul livello di conversazione e confronto interno alla società. Sui giornali affiorava talvolta qualche commento critico di Sandberg su Zuckerberg, ma erano sempre dichiarazioni non ufficiali e riferite da qualche fonte anonima interna a Facebook.

Dopo il proprio ingresso nell’azienda nel 2008, Sandberg si era dedicata per lungo tempo allo sviluppo della piattaforma per gestire gli annunci pubblicitari su Facebook e che in seguito sarebbero comparsi anche all’esterno del social network. Lavorò in una prima fase al sistema per le pubblicità sulla versione desktop e in seguito per il sito da smartphone e tramite le applicazioni ufficiali della società.

Nel 2016, Facebook produsse ricavi per 27,6 miliardi di dollari, rispetto ai 153 milioni di ricavi prodotti nel 2007, l’anno prima dell’arrivo di Sandberg. Ancora oggi la piattaforma pubblicitaria di quella che ora si chiama Meta è la principale fonte di ricavo del social network e di altri servizi, a cominciare da Instagram.

In più occasioni negli anni scorsi Sandberg aveva espresso il desiderio di lasciare Facebook per dedicarsi ad altro, secondo le notizie trapelate nel tempo dall’azienda e raccolte dai giornali statunitensi. Le crisi legate alle presidenziali del 2016 e in seguito a Cambridge Analytica l’avevano però spinta a non lasciare, in attesa di momenti più tranquilli in cui annunciare le proprie dimissioni.

Negli ultimi anni i rapporti di potere all’interno di Meta erano comunque cambiati, soprattutto dopo la decisione di Zuckerberg di scommettere su una nuova evoluzione di Facebook verso il cosiddetto “metaverso”, scelta da cui derivò anche la costituzione di Meta. Sandberg non aveva avuto un ruolo particolare nell’annuncio e non è mai sembrata essere molto interessata alla nuova evoluzione dell’azienda, per lo meno non nei termini descritti da Zuckerberg.

La transizione prospettata da Zuckerberg nel metaverso per ora non si è rivelata semplice, con spese enormi per lo sviluppo di nuovi prodotti per i quali non è ancora certo che ci sarà un particolare interesse da parte degli utenti. I nuovi investimenti sono stati effettuati proprio nel momento in cui Meta ha assistito a una parziale riduzione dei ricavi, derivante soprattutto dall’adozione da parte di Apple di sistemi più rigidi per la gestione delle impostazioni della privacy sugli iPhone, che hanno influito sulla possibilità per aziende come Meta di sfruttare pienamente le proprie piattaforme pubblicitarie.

La notizia dei minori ricavi ha determinato lo scorso febbraio un crollo delle azioni di Meta, con il loro valore che si è ridotto di oltre 230 miliardi di dollari. Sandberg nell’annunciare le proprie dimissioni ha detto di essere comunque fiduciosa sul futuro dell’azienda che ha contribuito a far crescere, ricordando i primi tempi in cui non c’erano nemmeno le pubblicità per i dispositivi mobili su Facebook.

Abbandonata Meta, Sandberg si dedicherà a tempo pieno a “Lean In”, la propria fondazione che si occupa di varie attività filantropiche legate soprattutto ai temi della parità di genere. Il nome dell’iniziativa deriva dal libro che la stessa Sandberg aveva scritto nel 2013 sul ruolo delle donne nelle aziende e sulle loro opportunità di carriera. Il libro ebbe un grande successo negli Stati Uniti, ma in molti segnalarono come le esperienze raccontate derivassero da un’autrice con non pochi privilegi.