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  • Mercoledì 27 aprile 2022

La lunga storia della breve vita della piattaforma di streaming di CNN

CNN+ è nata a fine marzo e chiuderà il 30 aprile, dopo un cambio di proprietà e nella generale incertezza sul futuro dei media

(Spencer Platt/Getty Images)
(Spencer Platt/Getty Images)
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Il 28 marzo, al 101esimo piano del grattacielo di Manhattan che ospita CNN, il principale network statunitense di news via cavo, si era tenuta la festa di presentazione di CNN+, una piattaforma streaming su abbonamento dedicata all’approfondimento delle notizie. Non è passato neanche un mese che la nuova azienda che la possiede – nata all’inizio di aprile, dopo una fusione – ha annunciato che CNN+ chiuderà definitivamente il 30 aprile, e che rimborserà tutte le persone che si sono abbonate nel suo primo e unico mese di attività. I dipendenti di CNN+ sono stati incoraggiati a candidarsi per altre posizioni interne all’azienda, ma si prevede che una buona metà (circa 350 persone) perderà il lavoro. Sul progetto erano stati investiti 300 milioni di dollari.

CNN+ era stata definita l’impresa più importante di CNN da quando Ted Turner lanciò il network nel giugno del 1980. Per capire come sia fallita così rapidamente bisogna ripercorrere quello che è successo nell’ultimo anno a WarnerMedia, l’azienda di cui CNN faceva parte, e capire alcune cose sull’affollatissimo e incerto mercato dell’informazione e dell’intrattenimento americano.

Quando nacque, quarant’anni fa, CNN fu la prima emittente televisiva a proporre una rete intera di canali dedicati unicamente alle notizie ed è ancora oggi tra le più seguite negli Stati Uniti. Si può vedere a pagamento come parte dell’offerta di un pacchetto pay tv. CNN+ sarebbe dovuto essere il tentativo di CNN di entrare nel mercato dello streaming su abbonamento (quello che fanno Netflix, Prime Video, Disney+, per intenderci) e di recuperare i molti spettatori che negli ultimi anni avevano fisiologicamente abbandonato la tv. Questo progetto era stato fortemente voluto dall’ex presidente di CNN Jeff Zucker ed era stato rivelato pubblicamente nel luglio del 2021.

Non sarebbe stato un servizio per chi voleva vedere la vera CNN, che sarebbe rimasta invariata: doveva essere qualcosa d’altro, che non portasse via spettatori alla tv, ma che facesse arrivare nuovi ricavi, con approfondimenti sulle notizie e qualche nome famoso. Per questo erano stati ingaggiati, tra gli altri, il noto conduttore di Fox News Chris Wallace, l’apprezzata giornalista di CNN Kasie Hunt e l’attrice Eva Longoria, che avrebbe dovuto fare un programma di viaggi dal Messico.

Come aveva fatto notare qualcuno già allora, il motivo per cui CNN voleva CNN+ era chiaro, ma perché lo avrebbero dovuto volere gli spettatori era un altro discorso. CNN+ sarebbe stata di fatto una piattaforma solo di notizie e approfondimenti, ma senza la possibilità di offrire programmi in diretta (i più interessanti per un pubblico che segue le notizie), 0 i suoi programmi più famosi on demand, visto che questo avrebbe violato il contratto di esclusiva con i fornitori di pay tv. Il costo dell’abbonamento a CNN+ era stato fissato a 6 dollari al mese o 60 all’anno.

Alla generale debolezza del progetto iniziale si era aggiunto il fatto che tra l’estate 2021, quando era stato annunciato il progetto, e la notizia della chiusura, qualche giorno fa, ne sono successe un po’ di tutti i colori.

Prima fra tutte, l’8 aprile l’azienda WarnerMedia – che controllava CNN e altre emittenti come per esempio HBO – si è fusa con l’azienda di canali televisivi Discovery, Inc., quella di Discovery Channel. La nuova società si chiama Warner Bros. Discovery, Inc. ed è guidata da quello che era già l’amministratore delegato di Discovery, David Zaslav.

Jason Kilar, che era amministratore delegato di WarnerMedia dal maggio 2020 e tra i principali sostenitori del progetto di CNN+, si è dimesso pochi giorni prima della fusione dopo aver fatto sapere fin dall’inizio di non essere d’accordo.

Prima della fusione, WarnerMedia era controllata dall’azienda telefonica AT&T, che a giugno 2021 aveva acconsentito a investire un miliardo di dollari per i primi quattro anni del progetto di CNN+, pur essendosi già espressa a favore della fusione con Discovery e avendo già di fatto deciso che in quel modo sarebbe uscita dal mercato dell’intrattenimento e dell’informazione.

L’altro grande promotore di CNN+ era Jeff Zucker – che tra le altre cose era da anni amico stretto di Zaslav –, che però si era inaspettatamente dimesso da presidente della CNN il 2 febbraio. Il motivo dichiarato era la relazione segreta con una dirigente dell’azienda, ma l’ipotesi di molti è che in realtà fosse coinvolto (insieme a lei) in un sistema di “coperture” architettato dal presentatore e amico Chris Cuomo. Cuomo era il conduttore di punta di CNN ed era stato sospeso e poi licenziato da Zucker a dicembre, per aver sfruttato la sua posizione dentro CNN per aiutare il fratello Andrew, l’ex governatore dello stato di New York, a preparare la sua difesa da alcune accuse di molestie sessuali. Dopo Zucker si era dimessa anche la dirigente Allison Gollust, cosa che aveva portato a concludere che fosse lei la collega con cui Zucker aveva una relazione.

Insomma, a ridosso della fusione dell’8 aprile, senza Zucker, Kilar e con AT&T pronta a farsi da parte, delle persone che avevano creduto nel progetto di CNN+ fin dall’inizio era rimasto solo Andrew Morse, il responsabile digitale di CNN.

Nelle settimane prima della fusione, Morse aveva chiesto più volte a chi stava lavorando al progetto di CNN+ di presentare un’anteprima ai dirigenti di Discovery per coinvolgerli nel progetto, ma questo non era mai avvenuto (prima di una fusione, le aziende non sono tenute a condividere i propri affari interni). Nel frattempo, a metà marzo, due settimane prima dell’attivazione di CNN+ e tre settimane prima della fusione, il direttore finanziario di Discovery, Gunnar Wiedenfels, aveva fatto un discorso pubblico in cui aveva detto che dalla fusione sarebbe nata una piattaforma di streaming gigante con tutti i contenuti di Discovery+ e HBO Max, la piattaforma di streaming di HBO che era gestita da WarnerMedia. Non aveva accennato però a CNN+, facendo intendere che non fosse tra i progetti di punta della nuova azienda.

La dirigenza di Discovery era stata scettica fin dall’inizio rispetto a CNN+, soprattutto perché si trattava di una piattaforma monotematica e l’azienda aveva già fatto diversi tentativi in questo senso, tutti andati male. L’obiettivo di Zaslav dopo la fusione era esattamente il contrario di quello di CNN: cioè di creare un’offerta il più possibile variegata di servizi streaming tutti insieme, e non solo; voleva riportare CNN a un tipo di informazione e di giornalismo più incentrato sui fatti.

Da qualche anno infatti CNN non è più considerata la rete del giornalismo “distaccato”, come invece era avvenuto per un lungo periodo, ma una testata tra quelle divenute più vivacemente partigiane soprattutto durante l’amministrazione Trump, contro Trump. Zucker aveva favorito una forte personalizzazione ed emotività dei conduttori e dei giornalisti, ritenendo questo indirizzo più adeguato ai tempi e ai gusti del pubblico. Inizialmente questo approccio si era rivelato vincente, ma negli ultimi mesi CNN era stata penalizzata anche più delle altre organizzazioni giornalistiche dal calo di interesse sulla politica dopo l’elezione di Joe Biden.

Nonostante questo però, fino all’inizio di febbraio il progetto di CNN+ non era stato messo in discussione perché fortemente sostenuto Zucker, che era amico di Zaslav. Quando Zucker se n’era andato, anziché rimandare il rilascio della piattaforma a dopo la fusione, come sembrava logico fare con un progetto così grande e senza la persona che l’aveva portato avanti dall’inizio, Kilar – che era ancora a capo di WarnerMedia, ma sapeva che se ne sarebbe andato a breve – aveva insistito per confermare la data di lancio di CNN+. Secondo alcuni, Kilar considerava CNN+ la sua eredità come capo di WarnerMedia.

Discovery e WarnerMedia erano arrivati quindi al momento della fusione con due intenzioni completamente diverse; e con le dimissioni di Zucker e Kilar, le intenzioni di Discovery avevano avuto la meglio.

Il primo report sull’andamento di CNN+ era arrivato a Zaslav l’11 aprile, dopo due settimane dall’apertura degli abbonamenti alla piattaforma e appena tre giorni dopo la fusione: i dati mostravano che il numero di spettatori della piattaforma streaming non superava i 10mila al giorno e i download della piattaforma stavano diminuendo nonostante la grossa campagna di marketing che era stata architettata per il lancio. Il giorno dopo erano usciti alcuni articoli che riportavano questi numeri parlando di un fallimento della piattaforma: all’interno di CNN si era sospettato che i dati fossero stati diffusi dal gruppo di Discovery, per fare pressioni contro CNN+ a loro favore.

I responsabili del progetto CNN+ avevano detto ai dirigenti nella nuova azienda appena nata dalla fusione di avere raggiunto 150mila abbonati: un numero ritenuto da loro in linea con l’obiettivo fissato per il primo anno (2 milioni). Questo risultato però era stato giudicato non sufficiente e gli investimenti di marketing previsti per le prime settimane di CNN+ erano stati sospesi. Per fare un esempio, quando andò online, Disney+ fece un milione di abbonati solo nel primo giorno.

Tre giorni dopo Zaslav aveva riunito i suoi diretti sottoposti, che avevano fatto notare che i risultati delle prime settimane di CNN+ non giustificavano gli enormi costi. Era stato quindi proposto di chiudere la piattaforma. Zaslav si era detto d’accordo.

La notizia è stata comunicata giovedì 21 aprile ai dirigenti di CNN e ai dipendenti di CNN+ da Chris Licht, nuovo amministratore delegato di CNN (al posto di Zucker), esterno a CNN fino a prima dell’incarico e considerato un alleato di Zaslav. Il suo incarico non sarebbe dovuto cominciare prima di maggio, ma da qualche giorno si è ritrovato a dover gestire la crisi. Nella comunicazione mandata ai dipendenti, Licht ha scritto che «questa decisione è in linea con la più ampia strategia di WBD. In un mercato dello streaming così complesso, i consumatori vogliono semplicità e un servizio “tutto in uno”, che offre una migliore esperienza e più valore rispetto a tante offerte autonome». Lo stesso giorno Andrew Morse ha fatto sapere che lascerà l’azienda.