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  • Mercoledì 9 marzo 2022

Si sa ancora poco della detenzione in Russia di Brittney Griner

La cestista americana era stata fermata all’aeroporto di Mosca, le autorità temono sia una ritorsione e rimangono caute

Brittney Griner con le Phoenix Mercury lo scorso anno (Mike Mattina/Getty Images)
Brittney Griner con le Phoenix Mercury lo scorso anno (Mike Mattina/Getty Images)

Lo scorso fine settimana si è venuti a conoscenza della detenzione in Russia della cestista statunitense Brittney Griner, arrestata all’aeroporto di Mosca presumibilmente verso metà febbraio. Secondo le ricostruzioni, Griner sarebbe stata trovata in possesso di cartucce per un vaporizzatore che contenevano olio di hashish, un derivato della cannabis, all’arrivo dagli Stati Uniti. A giorni di distanza, ancora non si sa esattamente dove sia detenuta.

La notizia dell’arresto di Griner — una delle sportive più famose in Nord America — era stata resa pubblica tra venerdì e sabato. Appena pochi giorni prima, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti aveva consigliato ai suoi cittadini di lasciare la Russia il prima possibile, per pericolo di ritorsioni nei loro confronti e per la limitata capacità dell’ambasciata di fornire assistenza ai civili.

Gli Stati Uniti sono infatti tra i paesi che più si stanno opponendo all’invasione russa dell’Ucraina, e stanno infliggendo pensanti sanzioni economiche alla Russia: martedì il presidente Joe Biden ha annunciato la più recente, vietando tutte le importazioni di gas e petrolio. Per questo motivo il Dipartimento di Stato teme ritorsioni sempre più dure contro i suoi cittadini, cosa che peraltro succedeva occasionalmente già da prima dell’inizio della guerra. Da tempo infatti funzionari americani accusano il paese di detenere illegalmente cittadini statunitensi: uno dei casi più noti riguarda un ex militare, Trevor Reed, bloccato in Russia dal 2019 con una condanna a nove anni per l’aggressione di un pubblico ufficiale.

Da quando è circolata la notizia dell’arresto di Griner non ci sono state grosse novità. Martedì la televisione di stato russa ha pubblicato per la prima volta una sua foto in stato di arresto. In precedenza il suo nome non era mai stato citato esplicitamente nei rapporti resi pubblici: in Russia soltanto l’agenzia di stampa Tass ne aveva scritto. Lunedì la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha continuato a mantenere il riserbo, con ogni probabilità per tenere un basso profilo in un caso che nella peggiore delle ipotesi potrebbe complicarsi ancora e durare parecchio: il New York Times scrive che, se condannata, Griner rischia fino a dieci anni di carcere. Psaki ha inoltre riferito alla stampa di aver letto i rapporti sul caso e che la legge federale sulla privacy impedisce al governo statunitense di discutere della detenzione di una persona senza il suo consenso.

Mentre stava lasciando Mosca per fare ritorno negli Stati Uniti, Griner era con ogni probabilità la cittadina americana più nota rimasta in Russia. Si trovava ancora lì perché nella pausa del campionato di basket WNBA le cestiste americane erano solite trasferirsi in Russia e in Ucraina per continuare a giocare e guadagnare compensi spesso maggiori di quelli percepiti negli Stati Uniti. Era dal 2015 che Griner passava gran parte dell’anno, da novembre ad aprile circa, giocando per la squadra femminile di Ekaterinburg, nella regione degli Urali.

A due giornate dal termine l’Ekaterinburg si trovava in testa al campionato, e non a caso. Griner è infatti una delle cestiste più note e influenti della WNBA, il campionato femminile americano che da alcuni anni sta crescendo molto per popolarità e investimenti. Nel 2013 era stata scelta come prima chiamata al draft dalle Phoenix Mercury, diventando negli anni successivi una delle giocatrici più dominanti del campionato: già quando era all’università il proprietario dei Dallas Mavericks Mark Cuban aveva addirittura ipotizzato un suo ingaggio nella NBA maschile.

Proprio nel 2013 la WNBA sfruttò la sua immagine — insieme a quella di altre due grandi giocatrici, Elena Delle Donne e Skylar Diggins — per rilanciare l’identità del campionato. Nei dieci anni trascorsi a Phoenix, Griner ha vinto il titolo WNBA nel 2014 e messo insieme una lunga serie di riconoscimenti personali, sia difensivi che offensivi, a dimostrazione delle sue grandi qualità. Di successi ne ha ottenuti molti anche in Russia, vincendo tre campionati e quattro edizioni dell’EuroLeague con l’Ekaterinburg, e con la nazionale statunitense, con cui è stata campionessa olimpica nel 2016 e nel 2020.

Il basso profilo tenuto dalle autorità da quando è detenuta in Russia non sta impedendo a tifosi e non di chiedere notizie sul suo conto, o manifestare per la sua liberazione. Sta succedendo per esempio in questi giorni tra il pubblico della squadra di basket universitaria della Baylor, l’università texana che frequentò Griner. Debbie Jackson, sua ex allenatrice, ha detto invece al New York Times: «È difficile credere che Brittney, come qualsiasi altra atleta professionista che conosce le leggi e le differenze culturali di un paese che frequenta da tempo, abbia pensato di mettere nel bagaglio una sostanza vietata».

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