• Mondo
  • Lunedì 17 gennaio 2022

L’ufficio del primo ministro britannico ha un problema con l’alcol?

Un'ex funzionaria ha scritto sul Guardian che le bevute collettive sono un problema da anni, ben prima che arrivasse Boris Johnson

(Jacob King/PA Wire)
(Jacob King/PA Wire)

Nel Regno Unito ormai da settimane si discute dei party organizzati dall’ufficio del primo ministro Boris Johnson durante le fasi più acute della pandemia da coronavirus, quando al resto dei britannici non era permesso organizzare o partecipare a simili eventi. Negli ultimi giorni in particolare sono emerse varie testimonianze sull’ingente uso di alcol a queste feste: il Telegraph per esempio ha raccontato di quella volta che un funzionario fu mandato a comprare delle bottiglie di vino da stipare in una valigia, il Times ha titolato un recente articolo sui membri dello staff che smaltivano le sbronze sui divani nella sede dell’ufficio del primo ministro, al numero 10 di Downing Street, a Londra.

Un articolo pubblicato domenica dal Guardian e che sta circolando parecchio sostiene che il consumo abituale di alcol faccia parte da anni della cultura condivisa dell’ufficio del primo ministro, e che forse bisognerebbe ammettere che «al numero 10 di Downing Street hanno seri problemi con l’alcol».

L’autrice dell’articolo si chiama Sonia Khan e fra il 2015 e il 2019 è stata consigliera di Sajid Javid, più volte ministro e sottosegretario durante i governi guidati da David Cameron, Theresa May e Boris Johnson, attualmente in carica come ministro della Salute.

Khan racconta che prima di frequentare l’ufficio del primo ministro era pronta a «lunghe ore di lavoro, una paga bassa – chi lavora col primo ministro guadagna meno rispetto ad altri dipartimenti – e la dipendenza dalla caffeina. Ma non ero pronta alla cultura dell’alcol che ho avuto modo di vedere fin dalla mia prima settimana di lavoro».

Contrariamente alle testimonianze che stanno circolando negli ultimi giorni, non si trattava di incontri quotidiani con gente sbronza che vomitava dappertutto, ma di una forma più sottile di ricorso all’alcol: un bicchiere o due fra una riunione e l’altra, una rapida sortita al pub, il Red Lion, per celebrare la fine della settimana, l’addio a un collega o la commiserazione condivisa per essere stati assegnati al turno della morte, quello del weekend. Se la settimana partiva male, poi, ricordo che un gruppo di colleghi in particolare organizzava dei “martedì Prosecco” per annegare i propri dispiaceri. Nessuno le considerava delle “feste”, perché si beveva in ufficio o nei dintorni. Le uniche eccezioni erano i famosi party natalizi e i viaggi “ribelli” all’estero, dove le nuotate di mezzanotte dopo avere bevuto erano comuni.

Un comportamento del genere sarebbe semplicemente inaccettabile nella maggior parte dei paesi europei. Ma il Regno Unito è pur sempre un paese in cui bere assieme ai propri colleghi, magari alla fine di una settimana di lavoro, è spesso la norma. E in cui secondo la ong Drinkaware «a partire dagli anni Ottanta il sempre maggiore consumo di alcol è stato spiegato generalmente con la sua più ampia diffusione e i prezzi sempre più bassi, uniti a una cultura di ingenti bevute episodiche in occasione di weekend e celebrazioni varie».

Khan sostiene poi che alcuni di questi eventi venissero organizzati in maniera benintenzionata: per gratificare e far sentire apprezzati dipendenti e funzionari che guadagnavano meno rispetto ad altri, e per includere tutti i membri dell’ufficio, quindi anche le donne, evitando che il consumo di alcol fosse riservato a gruppetti di uomini.

Khan ricorda anche che in anni recenti il consumo di alcol era ancora superiore: «ai tempi di Tony Blair e di Gordon Brown, per esempio, bere durante il giorno e tenere dei piccoli frigoriferi sotto la scrivania erano abitudini ancora più diffuse». Ancora di recente l’ex portavoce di Gordon Brown, Damian McBride, ha raccontato al Times che ai tempi «ero un alcolista altamente funzionale: l’alcol era la benzina che mi permetteva di lavorare per turni incredibilmente lunghi». Politico ricorda invece che due dei politici del ventesimo secolo più noti per bere alcol erano due primi ministri britannici, Winston Churchill e Herbert Asquith.

È un’abitudine che si ritrova anche nella sede del Parlamento britannico. «Bere alcol è praticamente uno sport, a Westminster», ha notato di recente la rivista New Statesman: «quello che succede nei suoi bar è spesso tanto importante quanto quello che avviene nell’aula della Camera dei Comuni; senza il suo vino bianco consumato tiepido, l’intera classe politica collasserebbe».

Khan conclude il suo articolo scrivendo che molte persone intelligenti potrebbero chiedersi perché i dipendenti del primo ministro possano aver pensato che comportamenti del genere fossero accettabili: e la risposta è che per molto tempo sono stati la norma, e che non hanno mai causato problemi, nemmeno di immagine.

«Dovremmo anche decidere che non è sostenibile, per nessun luogo di lavoro, ricompensare dei dipendenti stressati e malpagati con dell’alcol; né dovrebbe essere l’esempio che il governo decide di dare alle aziende di tutto il paese», ha scritto Khan.