Buttate quelle mascherine di tessuto

In molte circostanze non offrono una protezione adeguata e danno un falso senso di sicurezza, soprattutto rispetto alle FFP2

 (AP Photo/Sakchai Lalit)
(AP Photo/Sakchai Lalit)

In Italia da fine dicembre è obbligatorio l’impiego delle mascherine FFP2 sui trasporti pubblici e in vari luoghi al chiuso, con l’obiettivo di contenere la circolazione del coronavirus e incentivare l’impiego di sistemi più efficaci per ridurre il rischio di contagio. Dopo quasi due anni di pandemia, è ormai diventata evidente la capacità delle FFP2 di proteggere meglio chi le indossa e gli altri, in alcune circostanze, rispetto alle mascherine chirurgiche e soprattutto a quelle di tessuto, il cui uso è stato sconsigliato dagli esperti.

Le mascherine di tessuto avevano avuto un certo successo all’inizio della pandemia, quando era molto difficile trovare mascherine chirurgiche e ancora più complicato reperire le FFP2. In Italia l’utilizzo di protezioni di stoffa, anche solo sciarpe e foulard, era stato consigliato da varie autorità sanitarie, proprio per avere un minimo sistema di protezione in attesa che aumentasse l’offerta delle mascherine vere e proprie.

Nei primi mesi del 2020, quando evidenze scientifiche e dati scarseggiavano ancora, si riteneva che il coronavirus si diffondesse soprattutto attraverso la contaminazione delle superfici, da parte degli infetti. Per esempio tramite un colpo di tosse riparato con una mano, usata poi per toccare una maniglia o un tasto dell’ascensore, successivamente utilizzati da qualcun altro che toccandosi a sua volta naso e bocca con le mani sporche avrebbe subìto il contagio. Da ciò derivava il consiglio di lavare spesso le superfici e le mani, in maniera approfondita e indugiando più del solito con acqua e sapone.

Sulla base di quelle conoscenze e supposizioni, il consiglio di utilizzare anche solo mascherine di tessuto aveva senso: sarebbero state sufficienti per fermare e assorbire le gocce di saliva più grandi (droplet), impedendo a queste di contaminare le superfici.

Nei mesi successivi era però emerso che il coronavirus è per lo più un virus che si trasmette per via aerea, e che i droplet sono solo una parte della storia. Le particelle virali si diffondono infatti con facilità anche attraverso le minuscole gocce di vapore acqueo che emettiamo respirando, e che rimangono a lungo sospese nell’aria (aerosol). Sono talmente minuscole da passare facilmente attraverso la trama delle mascherine di tessuto, che non ne ostacolano quindi il passaggio né per quanto riguarda chi le emette né chi potrebbe respirarle, condividendo per esempio lo stesso luogo al chiuso.

Le mascherine chirurgiche offrono una migliore protezione rispetto a quelle di tessuto, ma dai test e le conoscenze pregresse è evidente che in molte situazioni le FFP2 offrono un maggior livello di protezione, sia per ridurre il rischio di contagio sia per ridurre il rischio di contagiare qualcuno, se si è inconsapevolmente positivi.

Stabilire con esattezza il livello di protezione offerto dai vari tipi di mascherine non è semplice, ma nell’ultimo paio di anni sono stati svolti diversi studi che possono aiutare a farsi un’idea. Una ricerca ha per esempio stimato che una mascherina di tessuto trattenga circa la metà degli aerosol emessi parlando, cantando o semplicemente respirando. Le mascherine FFP2 filtrano maggiori quantità di aerosol, grazie al diverso materiale di cui sono fatte, alla trama irregolare del tessuto e alle cariche elettrostatiche che si formano, che contribuiscono a trattenere meglio alcune sostanze in sospensione nell’aria.

La valutazione dell’efficacia delle mascherine è resa complicata dalle numerose variabili che si possono incontrare. Incidono per esempio il tempo di esposizione a un infetto, la sua carica virale, la qualità dell’aria nell’ambiente in cui ci si trova, il fatto di essere o meno vaccinati e di avere particolari predisposizioni. Non c’è infatti una soglia certa e unica per tutti di particelle virali respirate per stabilire se possa avvenire o meno un contagio.

Grazie alla loro struttura semirigida e alla maggiore tensione degli elastici, le FFP2 hanno inoltre il pregio di aderire molto meglio al viso, riducendo sensibilmente gli spazi tra pelle e mascherina dove potrebbe passare l’aria non filtrata. Le mascherine chirurgiche rimangono meno aderenti sul viso e quelle di tessuto ancora meno, anche se si possono adottare alcuni accorgimenti come annodare gli elastici per fare aumentare l’aderenza del tessuto alla faccia.

La forma delle FFP2 rende inoltre molto scomodo il loro impiego per coprire solamente la bocca, come continuano a fare diverse persone esponendo loro stesse e gli altri a maggiori rischi. In generale, per essere utili, le mascherine di qualsiasi tipo devono essere indossate coprendo bene sia la bocca sia il naso, e le FFP2 aiutano a farlo meglio, perché non possono essere aggiustate sotto al naso come si riesce a fare con le mascherine chirurgiche o quelle di tessuto.

Le FFP2 sono però più costose rispetto ad altre soluzioni, anche se di recente il governo ha deciso di stabilire un prezzo massimo di vendita, e non si trovano sempre facilmente in farmacia, nei negozi e online. Il loro impiego è utile soprattutto negli ambienti al chiuso e nei quali c’è scarsa aerazione, mentre non è necessario all’aperto, specialmente se si può praticare il distanziamento fisico. In questo caso una mascherina chirurgica o di tessuto può essere sufficiente per rispettare l’obbligo di utilizzo attualmente in corso, tenendo le FFP2 da parte per il loro impiego al chiuso.