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  • Mercoledì 5 gennaio 2022

Un mese alle Olimpiadi invernali di Pechino

Le misure contro la pandemia sono rigidissime, e mentre gli atleti provano a immaginarsi le piste si tenta di risolvere il problema della neve

La fiamma olimpica di Pechino dietro a una scultura della rivoluzione comunista cinese (Andrea Verdelli/Getty Images)
La fiamma olimpica di Pechino dietro a una scultura della rivoluzione comunista cinese (Andrea Verdelli/Getty Images)

Il prossimo 4 febbraio, a pochi giorni dal Capodanno cinese e a soli sei mesi dalle ultime Olimpiadi estive di Tokyo, si apriranno ufficialmente i Giochi invernali di Pechino 2022. La capitale cinese diventerà la prima città al mondo ad aver ospitato entrambe le edizioni delle Olimpiadi, dopo quelle estive del 2008. Lo diventerà al termine di una lunga e difficile organizzazione, resa ancora più complicata dall’evolversi della pandemia da coronavirus che ha avuto come epicentro proprio la Cina, dove di recente si è tornati a imporre lockdown locali.

Rispetto alle già rigide misure di prevenzione adottate la scorsa estate a Tokyo, che nel loro complesso funzionarono e permisero di svolgere la manifestazione praticamente senza intoppi, a Pechino gli organizzatori hanno predisposto delle misure ancora più stringenti.

Le tre bolle
I Giochi verranno divisi in tre cosiddetti “cluster”, delle “bolle” non comunicanti comprese nel raggio di circa 200 chilometri, ognuna delle quali avrà un suo villaggio olimpico. Nella bolla di Pechino si terranno le cerimonie e le competizioni sul ghiaccio; in quella di Yanqing, distante circa 75 chilometri dalla capitale cinese, si terranno le gare di sci alpino e di scivolamento (bob, slittino e skeleton); a Zhangjiakou, comprensorio sciistico a circa 200 chilometri da Pechino, si disputeranno le gare di freestyle, sci di fondo, salto con gli sci, combinata nordica e biathlon.

Restrizioni e prevenzione
Per la durata della loro permanenza gli atleti avranno contatti ravvicinati quasi esclusivamente con i loro entourage. I movimenti dei partecipanti saranno ridotti all’indispensabile tramite la predisposizione di cosiddetti “loop”, ossia spostamenti regolari e pianificati che si ripeteranno più volte al giorno nella stessa maniera. La loro permanenza in Cina durerà giusto il tempo necessario alla preparazione e allo svolgimento delle gare. Ciascuna bolla avrà delle strutture adibite all’isolamento e protocolli immediati per contenere eventuali focolai.

(Getty Images)

Non ci saranno spettatori stranieri, e a quelli cinesi il governo ha consigliato di limitarsi ad applaudire, senza urlare o cantare sugli spalti. I circa 2.900 atleti attesi in Cina dovranno essere vaccinati o affrontare una quarantena di ventuno giorni al loro arrivo, così come allenatori, preparatori e giornalisti. Saranno poi testati quotidianamente. Gli organizzatori e i lavoratori impiegati nelle tre bolle dovranno sottoporsi a test ogni tre giorni. Per la durata dei Giochi non potranno lasciare gli impianti, neanche per congiungersi con i familiari.

Oltre alle normali precauzioni, squadre di addetti verranno impiegate per raccogliere e trasferire in luoghi sicuri i rifiuti prodotti all’interno delle bolle per prevenire il rischio di contagi nel mondo esterno. La stessa attenzione verrà usata nel gestire le scorte e i materiali che entreranno nelle bolle nel corso dei Giochi. Questa eventualità è presa molto sul serio dal governo cinese, dopo i focolai emersi nei mercati di Pechino e tra i lavoratori portuali di Qingdao attribuiti alla catena del freddo per il mantenimento dei prodotti surgelati.

Le sedi dei Giochi
Come quattordici anni fa, le cerimonie di apertura e chiusura si terranno allo Stadio Nazionale di Pechino, talvolta soprannominato il “Nido d’uccello” per la sua forma esterna. Lo stadio sarà una delle cinque strutture ereditate dal 2008 a essere riutilizzate per i Giochi invernali. Le altre sono il Centro Acquatico Nazionale (le cui vasche olimpiche sono diventate piste di ghiaccio per il curling), il Centro Sportivo Wukesong e i due stadi indoor della capitale, anche questi diventati palazzetti del ghiaccio.

A Yanqing è stato costruito il primo centro di scivolamento in Cina e il terzo in tutta l’Asia: un “serpentone” lungo quasi 2 chilometri ricoperto interamente da un tetto di legno. Gli impianti di scivolamento sono uno dei problemi maggiori per i comitati organizzatori dei Giochi invernali. Nei paesi con poca tradizione nelle discipline di scivolamento vengono usati raramente e da pochi atleti, ma alle Olimpiadi servono e la loro costruzione può costare molto, come nel caso della contestata pista da bob a Cortina d’Ampezzo per i giochi del 2026.

Il Centro Nazionale Scivolamento di Yanqing (Getty Images)

Le piste principali dello sci alpino e dello sci di fondo, costruite dal nulla, non le conosce nessuno. Per la prima volta nella storia dei Giochi invernali, nessun atleta ha potuto testarle in questi mesi per le complicazioni legate agli ingressi delle persone straniere in Cina. La biatleta norvegese Ingrid Landmark Tandrevold ha detto: «Non sappiamo cosa aspettarci. Abbiamo potuto vedere qualcosa in video, ma i cinesi hanno filmato così male che non abbiamo avuto l’opportunità di imparare molto sulla pista». L’italiano Dominik Paris ha invece raccontato: «La pista non l’abbiamo studiata, non sappiamo niente. È tutto nuovo ma sarà così per tutti».

Il problema con temperature e neve
Quattro anni fa a Pyeongchang furono le Olimpiadi più fredde di sempre, con molte gare rinviate per condizioni climatiche troppo rigide e ghiaccio sulle piste. A Pechino gli organizzatori hanno avuto invece due problemi opposti: le temperature troppo alte in zone per giunta aride, e la mancanza di neve. Per risolverli, negli ultimi anni il Comitato organizzatore ha costruito le piste nelle zone più adatte possibili, arrivando a spingersi a oltre 200 chilometri da Pechino, in luoghi dove prima non c’era nulla. Ha inoltre immagazzinato centinaia di migliaia di tonnellate d’acqua (le stime arrivano a 222 milioni di litri) con cui ha creato milioni di metri cubi di neve artificiale, la cui distribuzione sugli impianti è già iniziata.

I cannoni sparaneve in azione sulle piste di Zhangjiakou (Kevin Frayer/Getty Images)

Secondo il Comitato organizzatore, i Giochi di Pechino sarebbero dovuti essere all’insegna della sostenibilità ambientale, tra l’uso di impianti già esistenti, la diffusione di mezzi elettrici e fonti di alimentazioni alternative, tutte cose effettivamente predisposte. Ma nel complesso risulta difficile associare questa edizione delle Olimpiadi alla sostenibilità ambientale, tra l’occupazione del suolo per la costruzione dal nulla di nuovi impianti e le drastiche soluzioni adottate per risolvere i problemi legati a temperature e neve.

Nei primi mesi dopo l’assegnazione, persino la raccolta d’acqua aveva dato dei problemi, perché le zone scelte per la costruzione degli impianti erano piuttosto aride e secondo gli studi le riserve idriche in quella parte di Cina erano già sfruttate a un tasso troppo elevato. Il governo cinese aveva spiegato però che dopo le Olimpiadi l’economia della regione verrà focalizzata principalmente sul turismo, e non più su industria e agricoltura, con un conseguente risparmio idrico.

I boicottaggi diplomatici
In Cina non ci saranno rappresentanti del governo statunitense, come annunciato a inizio dicembre dalla Casa Bianca. Il boicottaggio “diplomatico” è una protesta contro i genocidi e i crimini contro l’umanità commessi nello Xinjiang nei confronti della popolazione uigura, e altre violazioni dei diritti umani di cui il governo cinese è accusato. Anche Australia, Nuova Zelanda, Canada e Regno Unito hanno aderito al boicottaggio.

Come si presenta l’Italia
Gli atleti italiani stanno ancora ultimando le qualificazioni. In Cina dovrebbero andare tra i 100 e i 120 partecipanti, all’incirca come quattro anni fa in Corea del Sud. La portabandiera alla cerimonia inaugurale sarà la campionessa olimpica Sofia Goggia, mentre alla cerimonia di chiusura sarà Michela Moioli, altra campionessa olimpica (di snowboard). Alla chiusura ci sarà inoltre il passaggio della bandiera olimpica ai sindaci di Milano e Cortina, Beppe Sala e Gianpietro Ghedina, in vista delle Olimpiadi del 2026.

Per il presidente del Coni Giovanni Malagò la delegazione italiana può superare il numero di medaglie di Pyeongchang, dove ne ottenne dieci di cui tre d’oro, classificandosi al dodicesimo posto complessivo nel medagliere. Ci sono grandi aspettative specialmente sullo sci alpino femminile, con Sofia Goggia, Federica Brignone, Marta Bassino e le altre atlete della nazionale che hanno iniziato alla grande la stagione in Coppa del Mondo.