L’ultimo cittadino sovietico

30 anni fa, la fine dell'Unione Sovietica complicò la vita a Sergei Krikalev, che partì per lo Spazio come sovietico e tornò sulla Terra come russo

Sergei Krikalev (Roscosmos)
Sergei Krikalev (Roscosmos)

Alla fine di dicembre di 30 anni fa, Sergei Krikalev scoprì insieme a milioni di propri connazionali che lo stato in cui era nato non esisteva più. A differenza di tutti gli altri, la notizia della dissoluzione dell’Unione Sovietica (URSS) lo raggiunse mentre si trovava lontano dalla Terra, in orbita sulla stazione spaziale MIR, il più importante avamposto orbitale dell’epoca fatto costruire proprio dal governo sovietico. Era il 26 dicembre del 1991 e Krikalev stava inconsapevolmente per diventare “l’ultimo cittadino sovietico”, come sarebbe stato definito in seguito in numerosi articoli e racconti sulla sua avventura.

Krikalev aveva iniziato la propria carriera da cosmonauta nella seconda metà degli anni Ottanta quando la cosiddetta “corsa allo Spazio” tra Stati Uniti e Unione Sovietica sembrava essersi ormai esaurita. I sovietici avevano eccelso subito nel secondo dopoguerra, portando in orbita il primo satellite e il primo essere umano, ma avevano poi perso via via terreno nei confronti degli statunitensi, con le loro missioni lunari del programma Apollo.

La MIR (che in russo significa sia “mondo” sia “pace”) era probabilmente il risultato più importante della tecnologia spaziale sovietica. La sua costruzione in orbita era iniziata nel 1986 e avrebbe richiesto una decina di anni per essere completata. L’idea era di avere una base orbitale dove si potessero effettuare esperimenti e verificare gli effetti della vita nello Spazio sugli equipaggi, anche nel corso di missioni di lunga durata.

La MIR nel 1999 (NASA)

La logica non era molto diversa da quella seguita oggi per la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), frutto della collaborazione tra numerose agenzie spaziali e che può essere considerata per molti aspetti l’erede della MIR.

Krikalev aveva raggiunto per la prima volta la MIR nel 1988 ed era rimasto a bordo della stazione per cinque mesi circa, il tempo massimo previsto dall’addestramento. Tre anni dopo, il 19 maggio 1991, era partito per una nuova missione che sarebbe diventata la più lunga e memorabile della sua vita.

A poco meno di un mese dal suo arrivo in orbita, Krikalev ebbe notizia di un nuovo segno di sfaldamento dell’Unione Sovietica. Oltre alle prime elezioni presidenziali della Russia, nella città dove era nato, Leningrado, era stato indetto un referendum per adottare nuovamente il nome San Pietroburgo. La decisione era stata approvata e a settembre la città aveva assunto il proprio antico nome, dopo essere stata Leningrado dal 1924 e prima ancora Pietrogrado.

Sergei Krikalev durante la preparazione di una missione spaziale in epoca sovietica (Roscosmos)

Il cambiamento era solo uno dei numerosi segnali del progressivo sfaldamento dell’Unione Sovietica: vari paesi un tempo sotto il suo controllo si erano mossi o si stavano muovendo per l’indipendenza e ad agosto era avvenuto il fallito colpo di stato, considerato uno dei punti chiave del crollo dell’URSS.

A guardare la Terra da 400 chilometri di distanza, a Krikalev non doveva apparire così drastico il cambiamento: la Russia e gli altri territori erano uguali a prima. Del resto dallo Spazio non si vedono i confini, ma col passare dei giorni nell’autunno si iniziò a capire che i problemi economici e di stabilità politica sul pianeta avrebbero interessato anche gli equipaggi della MIR.

Durante quella fase tumultuosa la stazione spaziale doveva essere presidiata e a Krikalev fu chiesto di estendere la propria permanenza a bordo, perché era l’unico dei quattro sulla stazione in quel momento ad avere ricevuto una preparazione adeguata per missioni orbitali di lunga durata.

Totkar Aubakirov, un cosmonauta russo, e il primo astronauta austriaco, Franz Viehböck, lasciarono la MIR e tornarono sulla Terra a inizio ottobre del 1991, lasciandosi alle spalle Krikalev e il suo collega Alexander Volkov, che aveva raggiunto la stazione spaziale in una missione successiva rispetto a quella di Krikalev quando ormai informalmente l’URSS era già finita.

Sergei Krikalev prima della partenza per la sua missione nel 1991 (Roscosmos)

Dopo la formazione della Comunità degli stati indipendenti, il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica fu infine sciolta formalmente e il primo gennaio del 1992 la Russia ufficializzò la propria indipendenza, segnando la fine vera e propria dell’URSS e di tutte le sue principali attività, compreso il programma spaziale di cui facevano parte Krikalev e Volkov. I due cosmonauti non erano più sovietici, ma non sapevano come e quando sarebbe finita la loro missione spaziale. I giorni intanto passavano e Krikalev aveva ormai trascorso circa otto mesi in orbita, rispetto ai cinque inizialmente previsti.

Un’ulteriore complicazione era data dal fatto che il Cosmodromo di Baikonur, il punto di accesso allo Spazio dell’Unione Sovietica, era in Kazakistan, che aveva recuperato la propria indipendenza. C’erano diverse formalità da chiarire sulla gestione della base di lancio e sui rapporti da mantenere con la Russia.

Krikalev e Volkov sarebbero potuti tornare sulla Terra utilizzando una capsula spaziale Soyuz attraccata alla MIR, ma questo avrebbe comportato abbandonare la stazione e lasciarla sguarnita senza equipaggio, compromettendone con ogni probabilità il futuro. Trascorsero ancora diversi mesi prima che la Russia trovasse risorse e capacità per riattivare i viaggi verso e dalla MIR.

Alla fine di marzo del 1992, dopo 311 giorni in orbita, Krikalev poté infine tornare sulla Terra insieme a Volkov, lasciando il posto a un nuovo equipaggio. Una volta rientrato, fu insignito del più alto titolo onorifico concesso dalla Russia, quello di “Eroe della Federazione Russa”, per non avere abbandonato la MIR. Krikalev tornò nello Spazio per altre missioni e fu anche il primo russo a entrare nella Stazione Spaziale Internazionale.

Ancora oggi Krikalev lavora per il programma spaziale russo e fu tra i sostenitori della necessità di salvare la MIR, quando circolarono le prime proposte di abbandonarla perché ormai datata e troppo costosa da mantenere. La stazione fu abbandonata e fatta distruggere nell’atmosfera con un rientro controllato sopra l’oceano Pacifico meridionale il 23 marzo 2001. Fu l’ultimo occupante sovietico della MIR e il primo russo ad abbandonarla.