In Italia ci sono almeno 15 ospedali con il 100% di ginecologi obiettori

Nonostante la legge sull’aborto vieti l’obiezione di struttura: è emerso da una mappa presentata dall’Associazione Luca Coscioni

 Manifestazione di Non Una di Meno contro l'obiezione di coscienza, Roma, 2018 (Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)
Manifestazione di Non Una di Meno contro l'obiezione di coscienza, Roma, 2018 (Matteo Nardone/Pacific Press via ZUMA Wire)

Nonostante la legge 194, quella che regola l’aborto, vieti l’obiezione di coscienza di struttura, in Italia esistono almeno 15 ospedali con il 100 per cento di ginecologi obiettori, che si sottraggono cioè per motivi religiosi o di altro tipo a praticare gli interventi di interruzione volontaria di gravidanza (IVG). I dati risultano da una mappatura ancora parziale realizzata da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina, e Sonia Montegiove, informatica e giornalista. È stata presentata qualche giorno fa durante il Congresso Nazionale dell’Associazione Luca Coscioni.

La legge 194 del maggio del 1978 prevede uno specifico articolo per garantire l’obiezione di coscienza, il numero 9, che dice:

«Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione»

Nella legge ci sono però altre indicazioni: l’obiezione di coscienza può essere revocata, lo status di obiettore non esonera dall’assistenza antecedente e conseguente alla procedura vera e propria di interruzione e non può essere invocato quando il proprio intervento «è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo».

La legge dice anche esplicitamente che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute «in ogni caso ad assicurare» che l’IVG si possa svolgere. L’obiezione legale deve cioè riguardare il singolo e non l’intera struttura. Questo significa che ognuna di queste strutture dovrebbe essere in grado di garantire comunque il servizio. La legge dice infine che sono le singole Regioni a dover controllare e garantire l’attuazione del diritto all’aborto «anche attraverso la mobilità del personale».

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Ogni anno il ministero della Salute pubblica una relazione sull’attuazione della legge 194. L’ultima è relativa al 2019. Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza vengono presentati i dati nazionali e regionali e le percentuali generali per ciascuna categoria professionale (ginecologi, anestesisti e personale non medico). Nella relazione si spiega che questi dati vengono richiesti annualmente dal Sistema di Sorveglianza ISS, una rete di raccolta dati dell’Istituto superiore di sanità, attraverso un questionario trimestrale nel quale ciascuna regione indica il numero complessivo di obiettori e non obiettori.

Nel 2019, la quota di obiezione di coscienza tra i ginecologi, ad esempio, risultava pari al 67 per cento a livello nazionale.

Nell’inchiesta di Lalli e Montegiove presentata dall’Associazione Luca Coscioni si dice però che per capire davvero se in Italia l’applicazione della 194 sia garantita tali dati non sono sufficienti. I dati chiusi e aggregati del ministero, infatti, non comprendono le percentuali di obiettori nelle singole strutture e non spiegano di conseguenza quanto avviene realmente. Secondo la relazione ministeriale, ad esempio, la percentuale più alta di obiezione di coscienza in una singola regione è pari all’85,8 per cento, in Sicilia. In Molise risulta l’82,8 per cento di obiettori su 24 ginecologi, più o meno 4 sono non obiettori. In tutto il Molise, però, c’è un solo ginecologo non obiettore a tempo pieno affiancato da una ginecologa a tempo parziale.

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La mappatura è stata realizzata attraverso una richiesta di accesso civico generalizzato alle singole ASL e ai presidi ospedalieri, che prevede la possibilità di accedere a dati, documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria.

Sono stati chiesti i numeri specifici per struttura e risulta che in Italia ci siano almeno 15 ospedali in cui il 100 per cento dei ginecologi è obiettore di coscienza: si trovano in Lombardia, Liguria, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Basilicata, Campania e Puglia.

Dalla mappa – in cui sono presenti anche le strutture con percentuali di obiezione di coscienza tra l’80 e il 100 per cento, con dati aggiornati per ora alle risposte ricevute entro il 30 settembre 2021 – risultano anche 5 ospedali in cui la totalità del personale ostetrico o degli anestesisti è obiettore. Ce ne sono poi 20 con una percentuale di medici obiettori che supera l’80 per cento. La mappa sarà aggiornata a breve.

Nell’indagine, che si intitola “Mai dati”, si sottolinea che sarebbe necessario avere dati aperti e divisi per singola struttura: solo così si darebbe la reale possibilità alle donne di scegliere in quale ospedale andare, sapendo prima qual è la percentuale di obiettori nella struttura scelta.

In questi ultimi mesi, una mappatura dell’obiezione di coscienza “dal basso” è stata portata avanti anche dal movimento femminista Non Una di Meno, in collaborazione con altri collettivi e associazioni: sono stati pubblicati diversi opuscoli, per ora a livello regionale, alcuni dei quali comprendono anche i dati dell’obiezione nei consultori.

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