• Mondo
  • Mercoledì 6 ottobre 2021

Quarant’anni fa fu ucciso Sadat

Il presidente dell'Egitto aveva da poco fatto una storica pace con Israele: fu ammazzato in diretta tv da integralisti islamici

Il presidente egiziano Anwar al Sadat alla parata militare del 6 ottobre 1981, in cui fu ucciso (AP Photo/Bill Foley, File)
Il presidente egiziano Anwar al Sadat alla parata militare del 6 ottobre 1981, in cui fu ucciso (AP Photo/Bill Foley, File)

Il 6 ottobre del 1981, quarant’anni fa, l’allora presidente egiziano Muhammad Anwar al Sadat fu ucciso mentre assisteva alla parata militare per ricordare l’inizio della guerra dello Yom Kippur contro Israele, combattuta nel 1973 e vinta dagli israeliani. La parata era trasmessa in diretta tv: al Cairo era un giorno di festa, con le strade piene di persone e bambini, e Sadat si era affacciato al suo palco per rendere omaggio alle truppe che sfilavano.

Qualche secondo dopo, tre dei suoi soldati si staccarono dal gruppo, corsero verso il presidente e cominciarono a sparargli con alcune mitragliatrici. Spararono per circa un minuto, nello sconcerto e nella confusione generali, prima dell’intervento delle guardie del corpo di Sadat, che uccisero due degli aggressori.

Sadat fu portato in elicottero in un ospedale del Cairo. Morì un paio d’ore dopo per un’emorragia: aveva 62 anni.

Alcuni soldati egiziani assistono i feriti sul palco dove si trovava Sadat quando fu attaccato (AP Photo, File)

Anwar al Sadat, noto come «l’eroe della guerra e della pace», fu presidente dell’Egitto dal 1970 al 1981, e una figura importantissima nella storia recente dell’Egitto e di tutto il Medio Oriente. 

Sadat nacque il 25 dicembre del 1918 in una città del basso Egitto. A vent’anni si diplomò alla Regia accademia militare e durante la Seconda guerra mondiale venne arrestato due volte dagli inglesi per aver cooperato con i tedeschi (Sadat attaccava gli inglesi sperando di porre fine alla loro dominazione coloniale in Egitto). Dopo la guerra entrò a far parte del gruppo militare nazionalista «Ufficiali liberi». Nel 1952, guidato dai carismatici rivoluzionari socialisti Mohammed Naguib e Gamal Abdel Nasser, il gruppo rovesciò la monarchia. Naguib divenne presidente, e due anni dopo di lui Nasser.

Durante la presidenza di Nasser, Sadat ricoprì ruoli importanti: fu segretario del partito unico panarabo Unione nazionale, presidente dell’Assemblea e vicepresidente del paese per due volte. Quando nel 1970 Nasser morì per un attacco cardiaco, Sadat prese il suo posto e avviò la cosiddetta «rivoluzione correttiva», rovesciando gran parte dell’operato del suo predecessore.

L’Egitto di Nasser aveva legami strettissimi con l’Unione Sovietica e Nasser aveva nazionalizzato la maggior parte delle imprese, dei commerci, delle banche e delle comunicazioni del paese. Sadat liberalizzò invece l’economia e si aprì ai paesi occidentali, come gli Stati Uniti, che allora erano nemici giurati dell’Unione Sovietica. L’idea di Sadat era di risollevare il paese, debole economicamente e molto indebolito anche “emotivamente” dopo aver perso le guerre combattute contro Israele, tra cui quella dei Sei giorni del 1967.

– Leggi anche: La guerra che ha cambiato il Medio Oriente

In Egitto Sadat fece molte altre cose: per esempio proseguì l’introduzione di una serie di riforme con l’obiettivo di migliorare la condizione femminile con le cosiddette “leggi Jehan” (dal nome di sua moglie), che garantivano alle donne diversi nuovi diritti, compresa la custodia dei figli in caso di divorzio.

La cosa per cui è più noto, però, e quella che lo portò sia a vincere il premio Nobel per la Pace sia ad essere ucciso, fu la Guerra dello Yom Kippur del 1973, di cui fu «l’architetto», come ha scritto Thomas Lippman, analista del centro studi statunitense Middle East Institute e corrispondente al Cairo per il Washington Post negli anni della presidenza di Sadat. La Guerra dello Yom Kippur – chiamata così perché iniziò nel giorno dello Yom Kippur ebraico, una delle festività più solenni del calendario ebraico – fu un conflitto importantissimo perché ebbe conseguenze enormi sugli equilibri del Medio Oriente.

Cominciò il 6 ottobre del 1973, quando l’esercito egiziano attraversò il canale di Suez e, insieme alla Siria di Hafez al Assad (padre dell’attuale presidente siriano Bashar al Assad) e a una coalizione di paesi arabi, attaccò Israele. L’obiettivo era la riconquista dei territori ottenuti da Israele nella Guerra dei sei giorni del 1967: l’Egitto, in particolare, voleva riappropriarsi della penisola del Sinai.

Dopo i primi giorni di grandi perdite e di successi militari dell’esercito egiziano, che contribuirono a risollevare il morale dei nazionalisti arabi, l’esercito israeliano reagì e respinse gli attacchi. La guerra terminò quando si arrivò a un cessate il fuoco, poi iniziarono i negoziati di pace.

Alla fine della guerra, Egitto e Israele iniziarono a parlarsi direttamente, senza gli americani come intermediari: una cosa importante, visto che l’Egitto, come tutti i paesi arabi, non riconosceva allora l’esistenza di Israele.

Nel 1977 Sadat andò in Israele, in quella che è considerata una visita storica: incontrò il primo ministro israeliano Menachem Begin e fu invitato a parlare alla Knesset, il parlamento israeliano, per discutere di come ottenere una pace duratura tra i due paesi. L’anno successivo, Sadat e Begin vinsero congiuntamente il premio Nobel per la Pace, e nel 1979 firmarono gli accordi di pace a Camp David, negli Stati Uniti, alla presenza dell’allora presidente statunitense Jimmy Carter. L’Egitto divenne il primo paese arabo a riconoscere l’esistenza di Israele.

L’incontro a Camp David tra Anwar Sadat, il primo ministro israeliano Menachem Begin e il presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter. (AP Photo, File)

Gli accordi di pace del 1979 normalizzarono i rapporti tra Israele ed Egitto ed ebbero allo stesso tempo conseguenze notevoli dentro il mondo arabo: gli altri paesi arabi accusarono Sadat di essere un traditore. Sadat aveva infatti presentato la guerra dello Yom Kippur come necessaria, oltre che alla riconquista della penisola del Sinai, anche a far «rispettare e a ristabilire i diritti del popolo palestinese». L’accordo andava contro questa promessa, anche perché in seguito i governi di Egitto e Israele collaborarono nel rafforzamento dell’embargo imposto sulla Striscia di Gaza. Dopo gli accordi, l’Egitto venne espulso dalla Lega Araba.

A pianificare l’uccisione di Sadat, che avvenne due anni dopo, fu un gruppo di integralisti islamici guidati dal tenente Khaled el Islambuly, allora 24enne poi condannato a morte. Non era la prima volta che provavano a uccidere Sadat, ma gli altri tentativi non erano andati a buon fine. Per l’attentato scelsero proprio il giorno dell’anniversario della Guerra dello Yom Kippur.

Ayman al al Zawahiri, durante il processo per l’assassinio di Anwar Sadat (Getty Images)

Uno degli attentatori, intervistato anni dopo dalla CNN, disse che l’assassinio di Sadat faceva parte di un piano più ampio per cambiare radicalmente l’Egitto. Tra le persone arrestate e processate per l’attentato c’era anche Ayman al Zawahiri, che dopo l’uccisione di Osama bin Laden divenne il capo di al Qaida.